1 - “HO SENTITO URLARE INNI A MUSSOLINI UNA STRETTA AL COLLO MI HA TOLTO IL RESPIRO”
Estratto dell’articolo di Maurizio Crosetti per “la Repubblica”
andrea joly aggredito da militanti di estrema destra a torino 1
Una passeggiata in una sera d’estate, luci in fondo a una strada, cori e fuochi d’artificio, curiosità. A un vero cronista serve molto meno per andare a vedere che succede. Un vero cronista, però, non dovrebbe essere aggredito e menato dai fascisti.
Questo è accaduto invece ad Andrea Joly, 28 anni, collega (bravo) della Stampa.
Andrea, ci racconta cos’è successo? Era lì per servizio?
«No, veramente in questi giorni sono in ferie. Camminavo per i fatti miei a San Salvario, in via Cellini, quando ho notato dei rumori e dei bagliori in fondo al vicolo, ma le parole di quei cori non le ho subito distinte, non ho capito che alcuni inni erano per il duce. A quel punto è scattata la modalità giornalista. Così mi sono avvicinato».
Sapeva che in quella via c’è il circolo di destra “Asso di Bastoni”? Stavano organizzando la Festa della Torino nera.
«Non lo sapevo, ma quando sono arrivato davanti all’ingresso e ho visto le bandiere di CasaPound, ho capito. Allora mi sono messo a camminare in mezzo alla gente, direi un centinaio di persone che cantavano e facevano festa. Di che festa si trattasse è stato evidente quando ho raggiunto un capannello lì davanti».
l aggressione al giornalista della stampa andrea joly 4
Si è messo subito a filmare e scattare fotografie?
«No. Per almeno una decina di minuti mi sono aggirato per rendermi conto, guardare e ascoltare. Ho scattato una sola immagine. A un certo punto, un gruppo si è radunato per una specie di foto ricordo, e allora ho deciso di fotografare anch’io e di filmare. Sono un cronista, e naturalmente già pensavo a un eventuale servizio per il sito del giornale».
Che ora era?
«Sono arrivato alle 23.35 e sono stato aggredito alle 23.43».
Cos’è accaduto esattamente?
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«Al rompete le righe, due ragazzi si sono avvicinati e mi hanno chiesto se fossi dei loro e perché scattassi foto. Per la verità non li ho neppure visti arrivare, ero concentrato sul mio smartphone e sul video che stavo filmando».
Erano molto giovani?
«Direi sulla trentina, un po’ più grandi di me. Però i dettagli li ho messi a fuoco solo in un secondo tempo, guardando i video postati da altri: così ho realizzato meglio lo svolgersi dei fatti».
Le hanno strappato il cellulare?
«No, l’ho sempre tenuto stretto, però mi sono venuti addosso e sono caduto quasi subito. Lo smartphone mi sfugge, ma poi lo riprendo con uno scatto. Cado ancora, non faccio nemmeno due passi. Provo ancora a rialzarmi ma non riesco».
Quando l’hanno presa a calci?
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«Da terra ho sentito arrivare i colpi, senza però rendermi bene conto. Provavo dolore, naturalmente, e avevo l’istinto di ripararmi».
Dopo, cosa succede?
«Mi rimetto in piedi, e qui avviene il peggio: perché mi sento cingere il collo da dietro da qualcuno che mi stringe con l’avambraccio e mi toglie il respiro: non perdo conoscenza, ma ho una chiara sensazione di soffocamento. Per mia fortuna riesco a liberarmi e scappare, stavolta senza cadere».
I picchiatori la inseguono?
«No, direi di no. Corro per un paio di isolati per raggiungere l’auto che avevo parcheggiato non troppo vicino da lì. Intanto, dai balconi sento qualcuno che grida “lasciatelo stare”, ma è tutto confuso: ho ritrovato il filo guardando i video degli altri».
Ora come si sente?
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«Tutto intero, senza nulla di rotto, soltanto qualche ammaccatura. Ho ferite a un gomito e alle ginocchia, conseguenza, credo, delle cadute, ma insomma è andata bene. Prima di raggiungere il pronto soccorso ho preferito passare da casa, ero molto scosso, volevo farmi una doccia per togliermi il sangue di dosso. Poi ho chiamato i miei capi al giornale, e loro mi hanno detto di andare subito all’ospedale. Alle Molinette sono stati molto gentili, mi hanno visitato rispettando le urgenze, e verso le sei di mattina sono tornato a casa».
Come si sente un giornalista quando diventa una notizia?
«Non benissimo, e poi io sono un cronista locale, lavoro alle pagine torinesi della Stampa, mi occupo di cronaca bianca e politica, mica faccio l’inviato di guerra. Mi ha mosso la curiosità e un po’ di mestiere, niente di straordinario. Non sono il maestro di nessuno.
Insomma, non esageriamo».
È un motto assai torinese, scommettiamo che lei lo è.
«Sì, e penso che sia importante la dedizione al lavoro. Me l’ha insegnata il mio papà Mario, che nella vita è stato direttore commerciale».
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Andrea, com’è diventato giornalista?
«Avevo una passione particolare per la Stampa, e ho lavorato per un paio d’anni nell’agenzia che organizza le visite delle scolaresche: ero una delle guide al museo del giornale. Qualcuno dev’essersi accorto di me, e il direttore ha voluto conoscermi. Gli ho detto che il mio sogno era scrivere e me lo hanno fatto fare, poco a poco».
Tutta questa attenzione come la sta vivendo?
«Non conta per me, ma per il caso che rappresenta, per quello che mi è successo. Oggi, purtroppo, l’Italia è anche questo».
Non pensa che Casa Pound andrebbe finalmente sciolta?
«Basterebbe ascoltare la Costituzione, lì dentro c’è tutto».
2 - IO, PICCHIATO DAGLI SQUADRISTI
Estratto dell’articolo di Andrea Joly per “la Stampa”
andrea joly
La stretta intorno al collo è durata dodici secondi. Nei primi dieci ho vissuto tra parentesi, sollevato. Leggero. Gli ultimi due, non respiravo più. Tutto inizia alle 23,40. Sono in via Cellini, un angolo di Torino in cui sono finito per caso, durante un giorno libero felice. Non lavoro, per quel che vale quando sei un giornalista. A metà strada tra me e le case più lontane si alza un coro. Può essere di tutto. Via Cellini si riempie di luci. Ne ho viste di simili al mare, il giorno di Ferragosto. La notte di San Giovanni, il santo patrono della mia città.
[…] Sono le 23,43, sono a pochi metri da quelle luci. Riconosco il posto da cui provengono, il circolo Asso di Bastoni. Riconosco la bandiera che sventola sopra la porta d'ingresso: la testuggine di CasaPound. Sono ai bordi della festa: metto il telefono in tasca, osservo, ascolto.
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«Propongo il pezzo al mio capo domani», penso. L'ho fatto mille volte, mai di fronte a CasaPound. Ma resto. Intorno a me spuntano maglie su cui stagliano slogan nostalgici, discorsi ricolmi di toni duri, qualche sguardo pieno di interrogativi nei miei confronti.
Ondeggio tra la folla, senza tuffarmi mai. Sono più di cento. Nessuno si avvicina.
I cori si sono spenti. […]
Il clima è teso. Si scioglie di fronte a un grido: «Tutti fuori per la foto di gruppo». Esco dal circolo insieme agli altri. I […] Lentamente, gli oltre cento presenti si schierano sotto la bandiera di CasaPound. Cinque persone attraversano la strada, si fermano sul marciapiede opposto di via Cellini con uno smartphone in mano. Come ultras, indicano alla folla come disporsi. Li seguo, estraggo il mio smartphone, scatto una, due, tre, quattro foto. Sono tutte identiche, ma voglio immortalare la folla.
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Mi defilo, giro la fotocamera in verticale, scivolo col pollice dentro verso "video". Inizio a riprende la folla ancora in posa per la foto, ma alle spalle dei cento presenti iniziano spuntano fiamme verdi, bianche e rosse. Due ragazzi in prima fila mi fissano: lo noterò soltanto dopo. Sono gli stessi che, interrotto il primo video e iniziato un secondo, si avvicinano a me facendo finta di niente. […] Ho gli occhi fissi dentro lo schermo quando vedo l'immagine oscurarsi. È una mano. Sono le 23,57.
«Oh 'sti video?». «Sei con noi?». «Cancella le foto». Sento i loro corpi avvicinarsi, toccarmi, la mano che ha afferrato lo schermo non sembra voler mollare la presa. Tutto si fa veloce, anche io. Sposto lo smartphone, arretro, uno dei due urla «Marco! Marco!».
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[…] Mi giro, faccio due passi. Sento arrivare un calcio da dietro. Sono a terra. Non sento nessun dolore, non sento niente: anestesia totale. Intorno a me urla irriconoscibili, presenze che si moltiplicano. Mi alzo, ma sono di nuovo a terra. Lo smartphone è volato via, vedo lo schermo illuminato. Mi allungo, lo stringo, intorno a me continuo a percepire colpi che non sento arrivare. Ma arrivano.
L'ultima volta che mi ritrovo in piedi non sono solo. La mia maglietta, strappata, è uno straccio. Avvolto sul braccio che stringe intorno al mio collo. Uno, due, tre. Cinque, sei, sette. Nove. Dieci.
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Degli ultimi due secondi ricordo la paura prima della libertà. Quel braccio mi libera, corro via. Mi sento veloce, non lo sono. Ma prima di svoltare in via Pietro Foà, dove ho lasciato la macchina, sento l'eco delle urla arrivare dai balconi: «Lasciatelo andare!». Mi hanno salvato loro. Mi giro soltanto a cinque metri dalla mia auto: non sono seguito. Metto in moto, mi allontano. Passano le ore. Dopo cinque passate al Pronto soccorso all'ospedale Molinette torno a casa.
Il resto della giornata corre via. È piena di domande che di solito faccio io, e di mie risposte che di solito nessuno vuole. L'unica a cui penso, prima di addormentarmi, è questa: «Facevo il mio lavoro». Raccontare ciò che vedo, perché tutti possano vedere.
3. PRESSING DELLE OPPOSIZIONI SUL GOVERNO “MELONI ORA SCIOLGA I GRUPPI NEOFASCISTI”
Estratto dell’articolo di S.STR. per “la Repubblica”
andrea joly
La richiesta è corale e abbraccia l’intera area di sinistra e di centro, sindacati, associazioni come l’Anpi, la Federazione nazionale della stampa: le organizzazioni neofasciste, è il pressing sul governo, devono finire fuori legge. Le reazioni all’aggressione al giornalista de La Stampa, documentata in quel video che inquieta e indigna, sono infinite. Fra i primi a parlare la segretaria nazionale del Pd Elly Schlein: «Esprimo grande preoccupazione per il clima di impunità che continuiamo a registrare di fronte a episodi così gravi — dice — Chiediamo alla presidente del consiglio Giorgia Meloni e al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di intervenire immediatamente».
GIORGIA MELONI IN VERSIONE DUCETTA - MEME
La premier stigmatizza ma per ora nulla dice sull’intenzione di un intervento radicale su CasaPound e associazioni affini: «Esprimo la mia solidarietà al giornalista Andrea Joly. Un atto di violenza che condanno con fermezza e per il quale mi auguro che i responsabili siano individuati il più rapidamente possibile. L’attenzione del governo è massima e ho chiesto al ministro dell’Interno di essere aggiornata sugli sviluppi». Si associa il presidente del Senato Ignazio La Russa: «Ribadiamo con forza il nostro no ad ogni forma di violenza e desidero sottolineare con profonda soddisfazione come tutte le forze politiche stiano prontamente condannando, com’è giusto che sia, questo gravissimo atto».
GIORGIA MELONI E LA MEMORIA - VIGNETTA BY MANNELLI
[…] Avs il 1° luglio ha presentato un’interrogazione in cui chiede al Governo Meloni quali interventi di contrasto intenda assumere e ricorda alcuni degli ultimi episodi che hanno avuto come protagonisti Casa-Pound e altre organizzazioni neofasciste: «Il 18 giugno due studenti della Rete sono stati aggrediti nel rione Monti mentre rientravano dalla manifestazione indetta dalle opposizioni. Il 13 maggio lo scrittore Stefano Massini è stato insultato e strattonato al Salone del libro di Torino».
L’elenco è lungo. Per Italia Viva la deputata Maria Elena Boschi annuncia un’interrogazione a Piantedosi: «Quando si mettono a repentaglio gli stessi principi costituzionali le istituzioni hanno il dovere di reagire ». A insistere per lo scioglimento di CasaPound anche la segretaria e il presidente della Fnsi, Alessandra Costante e Vittorio Di Trapani. […]
GIORGIA MELONI E MATTEOTTI - MEME BY IL GIORNALONE - LA STAMPA gioventu meloniana - vignetta di vukic