Estratto dell’articolo di Giuliano Foschini per “la Repubblica”
antonio angelucci - presentazione del libro di matteo salvini
«Partita chiusa. Dopo le Europee si procede». «Sarei più cauto, di chiuso non c’è nulla: Eni non è un editore, come ha detto l’amministratore delegato, ma se spuntasse un nuovo compratore… ». A che punto è la vendita dell’Agi alla famiglia Angelucci? La pubblicazione ieri della classifica di Reporter senza frontiere che vede l’Italia perdere cinque posizioni in classifica anche per la possibile cessione dell’agenzia di stampa al gruppo editoriale del deputato della Lega Nord, ha riaperto la discussione nel Governo […]
Rispetto a qualche giorno fa […] è da registrarsi «una frenata, […]». «Eni» è il ragionamento che si fa, «non è contenta di tutto quello che sta accadendo: come ha detto il nostro amministratore delegato Descalzi non è stato firmato alcun preliminare o accordo di vendita. Si sta […] cercando di capire se c’è qualche altro interesse, qualche altro gruppo editoriale interessato all’acquisto. Certo è che Eni non è un editore ma una società energetica. La vendita di un’agenzia di stampa è in agenda […]».
giancarlo giorgetti giorgia meloni
[…] Angelucci e i suoi amici nel Governo, a partire dalla Lega del ministro Giancarlo Giorgetti che di Eni è controllore, ritengono la partita sostanzialmente chiusa. L’Agi sarà di Angelucci entro la fine dell’anno […] Ma c’è anche chi ripete alle orecchie di Palazzo Chigi che, se ci fosse un’alternativa, ecco quell’alternativa andrebbe in qualche maniera esplorata. Perché intravedono un rischio in un ulteriore accentramento di potere mediatico nelle mani dell’editore di Libero, Giornale e Il Tempo. E perché invitano a non sottovalutare il ricasco mediatico, a livello interno e soprattutto internazionale, che una vicenda di questo genere sta provocando e può provocare.
antonio angelucci foto mezzelani gmt31
In tanti in questi giorni hanno infatti fatto notare i numeri dei bilanci del gruppo Angelucci raccontati da Repubblica la scorsa domenica. Primo elemento: il 94 per cento dei ricavi del Gruppo arrivano dal Servizio sanitario nazionale, dunque dallo Stato. «L’onorevole Angelucci più che un imprenditore, è un incaricato di pubblico servizio… » facevano notare in Transatlantico colleghi di maggioranza. E ancora, restando al bilancio: nel 2022 sono iscritti come crediti verso altre imprese nei conti della società principale, quella che gestisce le strutture sanitarie, 239 milioni.
Sono tutti crediti verso la Tosinvest, il ramo del gruppo che controlla gli interessi in campo editoriale. Entrambe sono controllare dalla lussemburghese Three sa, che è la cassaforte del gruppo. Bene: anche se già in passato all’interno del Gruppo sono state realizzate operazioni di cessioni credito (il cash pooling) in questo caso si tratta di qualcosa di più, un drenaggio continuo di liquidità. San Raffaele ha concesso infatti quasi l’intera tranche annuale della vendita dell’università alla consociata.
giorgia meloni giancarlo giorgetti raffaele fitto
Una situazione talmente delicata – l’esposizione verso l’editoria - da mettere a rischio la solidità finanziaria dell’intero gruppo. Perché allora continuare a investire? Una risposta potrebbe arrivare proprio dalla necessità del gruppo di influenzare il dibattito pubblico soprattutto nei territori. Non è un mistero che il sogno del San Raffaele di Angelucci (oggi forte nel Lazio e in Puglia) è di sbarcare in Lombardia, dove i competitor diretti sono leader. Dove hanno casa anche Libero e il Giornale. E dove, raccontano, sarebbe pronta la sede per la nuova Agi. Combinazione.
CLAUDIO DESCALZI ALLA CONFERENZA PROGRAMMATICA DI FRATELLI DITALIA A PESCARA antonio angelucci foto mezzelani gmt10