Conchita Sannino per la Repubblica - Estratti
«Finché si tratta di teatro, di cinema, di libri, non mi risparmio. Sul resto, non ci conti troppo».
anna bonaiuto
Anna Bonaiuto, il riserbo è sempre quello della ex ragazza friulana.
«Sì, padre napoletano, lo dico perché la doppia cultura, la bastardaggine, è stata fondamentale. Io mi sentivo felice solo sul palcoscenico, questo è certo. Ma non vorrà farmi una di quelle interviste tutta sentimenti e corna che oggi piacciono tanto, vero?».
Lei ama poco anche quelle tradizionali.
«Lo ammetto. Vedo pure che il genere “vuota il sacco e scappa” viene declinato di più con le attrici, le cantanti, che con i maschi. Sbaglio?».
Lo sguardo ironico, la battuta fulminante. A casa sua, la terrazza ancora spoglia aspetta la primavera e ti mostra il Palatino, per cupole e tetti. Lei, casco biondo platino, attrice prediletta dai più grandi del cinema e del teatro non solo italiano, ha stipato il David di Donatello, i Nastri, la Grolla, il premio Ubu, la Coppa Volpi senza troppa solennità in una nicchia nel salotto: da tempo è la nostra Meryl Streep.
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Ma per lei arrivò il grande cinema, con Martone. Poi Sorrentino la trasformò nella splendida Livia Danese, moglie di Andreotti nel “Divo”.
«Sì, personaggio che ho amato. Ma la prima esplosione fu L’Amore molesto. Un successo su cui ci siamo interrogati a lungo. Credo abbia avuto un peso il fatto che né io, né Peppe (Lanzetta), né Licia (Maglietta) fossimo volti così popolari: è come quando io vado a vedermi un film giapponese, o finlandese. Non conosco gli attori, tutto mi sembra autentico».
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Premi ovunque. Intanto lei e Martone eravate una coppia, e l ’abito sottoveste rosso di Delia incantava anche Cannes.
«Io solo adesso la guardo un po’, quella lì, e dico: però non male. Pensare che ho fatto l’attrice di teatro perché pensavo d’essere bruttina».
Mario continua, con sua moglie, a venire a teatro ad applaudirla.
«Io non ho avuto tante storie, ma quelle lunghe e importanti sono due: e poiché c’era rispetto e sostegno vero, l’affetto resta. L’altro è stato Gianfranco Fiore».
L’autore e regista del suo monologo sulla Principessa di Belgioioso.
«Un uomo incantevole. Di un’intelligenza, di un acume fuori dal comune. Figlio di un aristocratico che aveva fatto il partigiano sulla Maiella, e di una contadina incontrata durante la Resistenza: per cui o aveva il registro del nobile, o ruspante. Cose ordinarie, zero».
Non facile.
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«Difatti, dopo, non è un caso che abbia scelto un uomo come Mario: autore determinato, puntuale, preciso. Come dire: non dovevo più fare io i biglietti. Gianfranco però è rimasto con me fino all’ultimo. Quando si è ammalato, gli ho aperto casa mia. Il tumore, le cure, i palliativi. L’ho portato in ospedale, eravamo in fase Covid, non me l’hanno più fatto vedere. Non perdono a nessuno di averlo fatto morire senza stringergli la mano».
Cinema o teatro, lei cita un solo ingrediente: l’attore deve avere l’aura.
«Perché cito Jouvet: la densità e l’aura. Però ormai di Jouvet parla solo il mio amico Toni».
Ecco. Il sodalizio con Toni Servillo, a teatro e al cinema.
«Per Sabato, domenica e lunedì, Toni mi volle nel ruolo di Rosa Priore anche se non ero la moglie napoletana total. So che funzionava, abbiamo girato mezzo mondo. File lunghissime ai camerini, recensioni lusinghiere, indimenticabile».
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Lei e Servillo farete insieme Filumena Marturano?
«C’era un’idea, in effetti. Ce lo siamo detti, tanto tempo fa, esisterebbe questo sogno.
Chissà».
Lei non ha timore dell’impegno civile. Era al G8 di Genova, quando morì Carlo Giuliani. Il paese ai tempi della destra-centro?
«Troppo assopito, per i miei gusti. Avvengono cose per cui dovremmo scendere in piazza a migliaia: anche dopo la vicenda dei manganelli. Invece: siamo in ipnosi. Per esempio, sono curiosa di sapere ora il governo come onorerà la figura di Matteotti: è il centenario della sua uccisione da parte dei fascisti. La Regione Lazio pare abbia “dimenticato” di finanziare le iniziative».
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Anna Bonaiuto, è recidiva? Fu addirittura sospettata di gravitare intorno alle Br che uccisero Moro.
«Quella è una storia quasi comica. Negli anni Settanta, in piazza Navona, io trovo un volantino delle Br, lo leggo, lo rileggo, mi dico “ma questi perché scrivono così male? Lo devo mostrare a Gianfranco”. Invece dimentico il mio borsello con i documenti insieme al volantino. Passano tantissimi anni, e scopro che qualcuno ha fantasticato sui miei rapporti con le Br».
Pochi anni fa, lungo interrogatorio.
«Ore di verbalizzazione, domande un po’ astruse, risposi com’era mio dovere: non sapevo nulla. Mi guardavo da fuori, sembrava una pièce teatrale».
Le è pesato non aver avuto figli?
«I figli evidentemente non li ho cercati. No, non è stato un rovello».
E l’amore?
«Quello dei fidanzati? No, ora non mi manca. Tutti gli altri li ho. E si sta una favola. Meno fatica».
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anna bonaiuto e andrea occhipinti