anna valle
Michela Tamburrino per “la Stampa” - Estratti
Se Anna Valle dovesse rispettare una sua filosofia di lavoro, di certo non accetterebbe le seconde serie. Perché di solito non fanno sostanziali passi avanti rispetto alla storia iniziale. Persino con Commesse, che le regalò notorietà e che considera come la sua fiction più amata, si fermò al primo enorme successo.
In quel caso, ci vide lungo come pure ad accettare il prosieguo di Lea i nostri figli, che la vede infermiera buona, felice di tornare in corsia: domenica sera su Rai1 il debutto della seconda stagione è stato visto da 3.040.000 telespettatori per uno share di 15,9%. In questa coproduzione di Rai Fiction e Banijay Studios Italy, accanto ad Anna Valle ci sono Giorgio Pasotti e Mehmet Günsür. Regia di Fabrizio Costa.
Anna, che cosa rende Lea così familiare?
«La sua empatia e la capacità di compenetrarsi con i dolori altrui».
giorgio pasotti anna valle
Una volta Argentero disse che i medical piacciono perché tutti vorremmo avere accanto quei dottori e quelle infermiere mentre normalmente ci si scontra con la malasanità.
«In parte è vero. Nella serie siamo un gruppo di infermiere molto presente. Vero è che si parla di un reparto pediatrico e di un piccolo centro, Ferrara, dove gli ospedali non sono presi d'assalto. A me è successo di essere accudita a Vicenza dove vivo con i miei figli. Roma è alienata, il lavoro convulso, ci si riesce solo se hai passione e pazienza. Da madre so che significa avere a che fare con le ansie dei genitori».
Come mai ha scelto di vivere a Vicenza?
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«Per questioni logistiche. Mio marito lavora lì e ho Leonardo e Ginevra che prima venivano con me sui set ma ora con la scuola hanno bisogno di stabilità e sono io a fare la pendolare».
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Anche le sue convinzioni appaiono nette. A Silvia Toffanin disse di essere contro la maternità surrogata e favorevole alla legalizzazione delle droghe leggere. Giusto?
«La maternità surrogata purtroppo viene regolata dal denaro e viene utilizzata in modo sbagliato e spesso sfruttata. Io sarei favorevole se regolarizzata, allora diventerebbe positiva per la donna. Anche per le droghe leggere, la legalizzazione potrebbe essere un deterrente. I ragazzi subiscono il fascino del proibito, se fossero permesse forse i figli ne parlerebbero con i genitori senza paura di confessare un peccato».
Lei a sua volta è stata vittima del web.
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«Sì, avevano scritto che ero malata mentre stavo benissimo. Mi ero presa un anno sabbatico, ero andata a Parigi per conoscere quel mercato. L'assenza ha fatto pensare che ci fosse qualcosa sotto. Anche i produttori non mi chiamavano più. Io non sapevo che fare, ho sofferto molto per la mia famiglia. Quando mio figlio tornò da scuola in lacrime perché qualcuno gli aveva detto che ero molto malata, allora mi sono molto infastidita e ho posto rimedio».
I suoi figli le parlano?
«Sì, spero di tutto. Siamo molto attenti a Internet che viene utilizzato dagli odiatori. Lì dentro c'è il far west. Ginevra ha 15 anni e con i social ha già un approccio. Per questo noi genitori cerchiamo di strutturare un dialogo per far capire loro che quella non è la realtà di un rapporto».
Fate qualcosa insieme?
«Immersione e pugilato. La pugilistica è un allenamento bellissimo, una disciplina che richiede testa e concentrazione».
Tanta strada dopo l'elezione di Miss Italia. Ci ripensa mai?
«Certo, tante volte. Fui contattata per la prima volta che ero ragazzina, dissi di no per due volte poi a 16 anni dissi di sì. Mi ricordo la telefonata ai miei genitori la sera prima delle elezioni. Avevo la fascia di Miss Eleganza. Dissi ai miei di non venire, che sarei tornata io il giorno dopo a Lentini in Sicilia dove vivevo con mia mamma e i miei fratelli. Invece non sono più tornata. Mi dispiacque molto per mia sorella, vivevamo in simbiosi».
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Miss Italia era un programma molto seguito che poteva essere in trampolino di lancio. Oggi lo hanno tolto dai palinsesti. Perché?
«L'avvento dei social lo ha fatto diventare vecchio. Se cerchi una vetrina niente ti dà visibilità più del web. Per me è stata una fantastica gavetta. Lungo 15 mesi sei proprietà degli organizzatori e degli sponsor, la disciplina è ferrea. Ho viaggiato in tutto il mondo. Io ero inesperta, la mia famiglia peggio di me e di questo qualcuno si approfittava sfruttandoci a ritmo continuato. C'era ancora il vecchio patron Mirigliani, mi diceva sempre che così si impara, pure a farsi rispettare».
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