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    ANSIA DI CRESCERE, PAURA DELLE RELAZIONI, DIFFICOLTA’ A CONFRONTARSI: ECCO COME NASCE IL “MALE DI VIVERE” DEI TEENAGER - LA PSICHIATRA: “OGGI NELLE FAMIGLIE NON SI COMUNICA, NON C’È SPAZIO PER L'ALTRO. TV E TECNOLOGIA HANNO PEGGIORATO LE COSE. VIVIAMO ALL’INTERNO DI "CELLULE CHIUSE", COME I NOSTRI CELLULARI”


     
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    Valeria Pini per “la Repubblica - Salute”

     

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    Adolescenti tristi e inadeguati. In bilico fra infanzia ed età adulta. Stretti in un dolore che può diventare malattia. Perché crescere è un "mestiere" che non vogliono affrontare. Almeno non subito. Nel libro di prossima uscita, Le passioni fragili, lo psichiatra Eugenio Borgna si ferma sul male di vivere dei teenager. A volte aggressivi, pieni di rabbia, altre insicuri. Difficile capire cosa sognano, quali sono le loro speranze o paure.

     

    «È un' età difficile, perché cambia l'esperienza del corpo. Nell'infanzia è un elemento spontaneo, non rappresentabile. In seguito, subentra l'ansia della relazione con gli altri, con i quali entriamo in competizione. Se in un momento come questo l'adulto non si immedesima nelle richieste del ragazzo, può nascere un dolore, a volte lancinante e senza speranza. Diventa disagio psichico».

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    Gli adulti non sanno rispondere alle esigenze dei figli?

    «Non sono capaci di riconoscere quello che fanno i ragazzi, perché non ricordano errori e fantasie della loro gioventù. Bisogna scendere lungo il cammino del mondo creativo dei giovani. Altrimenti può nascere dolore e solitudine. Senza comunicazione gli adolescenti più fragili si ammalano, nei casi più gravi si isolano, fino a scegliere il suicidio».

     

    Lei parla di società autistica, senza solidarietà.

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    «L'esigenza di essere in connessione con gli altri è importante. Oggi nelle famiglie non si comunica, non c' è spazio per l'altro. Tv e tecnologia hanno peggiorato le cose. Viviamo all' interno di "cellule chiuse", come i nostri cellulari».

     

    Anche la famiglia è cambiata.

    «Siamo tutti più soli. Spesso i ragazzi vivono con un solo genitore, stretto tra lavoro e precarietà della vita. Non rimane spazio per il rapporto con il figlio. Le famiglie non riescono più a riconoscere quello che fanno i figli. Si crea un distacco, mentre è fondamentale rimanere connessi con il loro mondo».

     

    Come gestire un momento delicato come la separazione dei genitori?

    «Anche se è giusto che i genitori che non vanno d'accordo si lascino, questo influisce sui ragazzi. In questi casi gli adulti devono evitare di coinvolgerli nei conflitti e, anzi, proteggerli. Le parole con cui si descrivono i conflitti sono importanti; possono ferire i figli».

     

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    A volte anche i genitori sono 'bambini-adulti' che non vogliono crescere.

    «C'è una generazione che non vuole invecchiare. Donne e uomini alla ricerca dell' eterna giovinezza, che dedicano più tempo a quest'illusione che ai figli».

     

    Sono aumentate le dipendenze: da droghe, tecnologia, quelle alimentari. Perché?

    «I modelli imposti dai media comunicano immagini asettiche, che mettono in primo piano solo il successo. Il condizionamento psicologico è forte. Alcuni giovani sanno individuare il percorso giusto, ma chi vive in situazioni a rischio ha difficoltà a sottrarsi ai modelli dominanti. E così nasce l' ossessione per il corpo come ancora di salvezza, come nell' anoressia, o l' attaccamento alla tecnologia. L' unica forma di dialogo è quella in rete. Genitori e insegnanti devono essere consapevoli di questi problemi».

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    Cosa possono fare gli insegnanti?

    «A volte i docenti non si accorgono delle doti degli allievi, perché sono oscurate dalla timidezza. Non si occupano di emozioni, che avrebbero un ruolo importante nella crescita e nel rendimento. L' assenza di emozioni è pericolosa, porta alla fuga dei ragazzi».

     

    Come fermare chi fugge?

    «Gli adulti devono recuperare tempo per ascoltare i figli. Non tutto del malessere e della vita psicologica dei ragazzi può essere capito. Abbiamo bisogno di fare loro domande profonde, dobbiamo ascoltarli, liberarli da silenzio e solitudine. Se un adolescente ci allontana e non parla, anche un sorriso o una lacrima possono creare empatia. Senza cura il nostro mondo diventa sempre più autistico e desertico».

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    Gli adolescenti sono spaventati, ansiosi.

    «La complessità delle conoscenze si è accentuata e questo li rende più ansiosi. L' ansia è un' esperienza umana e va conosciuta. Significa anche attenzione agli altri, ci fa capire cosa accade in noi e nell' altro. Può avere un ruolo positivo. Vederla come qualcosa che distrugge è un mito da mettere fuori gioco. Quando l' ansia si trasforma in angoscia invece va curata».

     

    Anche previsioni negative sul futuro e sul lavoro non aiutano i ragazzi.

    «I messaggi dei media sono pieni di pessimismo. Si insiste sull' assenza di prospettive, sulla precarietà, sulla violenza. Questo spaventa e toglie ogni speranza».

     

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    Come aiutare gli adolescenti in crisi?

    «Gli adulti non devono considerare la condanna come unica forma di risposta. Questo chiude la comunicazione. Serve comprensione verso la sofferenza che i ragazzi "fragili" esprimono con aggressività. Serve amore».

     

    Cosa si deve fare quando i giovani affrontano comportamenti a rischio?

    «In questi casi tutto cambia. Se il ragazzo si droga o assume comportamenti pericolosi, serve l' aiuto di un esperto, uno psicologo o uno psichiatra. Insegnanti e genitori devono farsi sostenere, senza entrare in competizione con lo specialista».

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    Si può rinascere dopo una depressione?

    «Il dolore e la malattia e possono diventare una navicella che trasforma le relazioni umane. Ci rendono sensibili alle attese degli altri. Questo ci connette con il mondo. Conoscere i propri limiti può diventare un punto di forza se sappiamo rispettarli».

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