Roberto Orlando per “la Repubblica”
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Per rendermi più lieve la responsabilità di essere una tra le prime “cavie dell’arte” del Belpaese mi hanno messo un elmetto da speleologo e un’imbragatura da climbing. Poi mi hanno fatto inerpicare fino a 63 metri di altezza per vedere da vicino una delle meraviglie del mondo: la cupola ellittica più grande che sia mai stata realizzata, quella del santuario di Vicoforte, nel Cuneese. Ora però si può sostenere scientificamente che l’arte fa davvero bene alla salute: alla mente, ma anche al fisico.
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Il test, senza precedenti, è stato curato dal professor Enzo Grossi, docente di Qualità della vita e promozione della salute all’università di Bologna. Hanno partecipato allo studio 99 persone tra i 19 e gli 81 anni (51% maschi). Il gruppo di studio era caratterizzato da un livello di istruzione medio- alto (42% laureati); da una attività lavorativa di concetto (71%) e da un indice di partecipazione culturale discreto.
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Io non avevo dubbi sulla buona riuscita dell’esperimento: lassù, mentre sfioravo un affresco settecentesco di seimila metri quadrati che raffigura la glorificazione di Maria — opera di Giuseppe Bibiena, Mattia Bortoloni e Felicino Biella — mi sono sentito molto vicino all’idea di paradiso che appartiene all’immaginario collettivo. E così la mia saliva ha decretato che sì: la bellezza, l’arte, la cultura mettono in moto il meccanismo del benessere.
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Far da cavia non è stato complicato, forse un po’ avventuroso. Prima di salire sulla cupola, due infermiere dell’Asl 1 di Cuneo mi hanno prelevato un po’ di saliva per rilevare la percentuale di cortisolo che il mio organismo rilascia normalmente. Il cortisolo è l’ormone dello stress e io ne produco in quantità industriali. Poi mi è stato sottoposto un questionario per sapere se mi piace l’arte, quanti libri leggo, quali sono le mie condizioni di salute e se professo qualche religione.
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Dopodiché, la cupola: in fila indiana saliamo 240 gradini di scale a chiocciola. Gran finale di 17 pioli in verticale che devo scalare, imbragato, per raggiungere il cupolino. La vista da quassù ripaga il piccolo sforzo: la cupola affrescata è uno splendore, illuminata dalla luce del sole che filtra dalle grandi finestre nel basamento. Ma due ore passano in un attimo e bisogna tornare con i piedi per terra.
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Altro tamponcino per la saliva: quanto cortisolo avrò rilasciato durante la visita? Se alla partenza la mia produzione era di 0,86 microgrammi per decilitro, oltre la soglia standard che è 0,75, al mio rientro il valore è sceso a 0,35. Il cortisolo quando è in eccesso può provocare depressione o euforia, colite e gastrite, sintomi di stanchezza e perdita di tono muscolare. Ma anche di peggio. Insomma, se la concentrazione dell’ormone cala è un’altra vita.
«Il suo è un caso emblematico — mi spiega, grafici alla mano, il professor Grossi — . Ma i risultati del test sono tutti sorprendenti: in media il cortisolo durante la visita è sceso del 60% e oltre il 90% dei partecipanti ha dimostrato di sentirsi molto meglio al termine dell’esperienza». E questo apre nuovi scenari nella cura di diverse patologie degenerative, come l’Alzheimer o il cancro.
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«L’arte come terapia — spiega Grossi — non è una novità. Ma il punto è che mai fino ad ora abbiamo avuto la misura dei benefici della cultura sulla salute». E questo oggi è possibile grazie all’iniziativa di Nicola Facciotto, presidente di Kalatà, cooperativa di impresa sociale, che consente al pubblico di salire sulla cupola. L’anno scorso i fortunati sono stati 23mila.
Facciotto ha una sua idea della fruibilità del patrimonio culturale e rischia in proprio, con l’aiuto della Compagnia di San Paolo e del Gruppo Michelis di Mondovì. «Il comparto della cultura — dice Facciotto — dovrebbe scrollarsi di dosso le vecchie ritualità e immaginare forme nuove di fruizione più adeguate agli stili di vita di oggi». Le visite ripartono domani e e proseguiranno per tutta l’estate. Consiglio da “cavia”: prenotate.