Giulia Zonca Per “la Stampa”
Ora che Antonella Palmisano gioca a beach volley su una spiaggia della Sardegna, l'oro di Tokyo sembra ancora più vero. Più importante. Dopo averlo vinto la marciatrice è stata a Mottola, il posto dove è nata, ed è dovuta subito scappare in un luogo del cuore perché è stata travolta. «Sommersa dalle feste di benvenuto». Un'accoglienza che le ha dato la dimensione del traguardo. E non solo di quello della 20 km olimpica.
antonella palmisano
Il primo km che porta a questo oro a che punto della carriera lo mette?
«Risale al passo immediatamente dopo Rio. Fino a lì, fino al 2016, tanti bei risultati senza una vera fiducia, dopo quel quarto posto, arrivato praticamente da infortunata, il mio allenatore mi ha guardata e ha detto: "Adesso lavoriamo per vincere la medaglia che vuoi».
Dove l'ha vinta?
«A Roccaraso, in Abruzzo, dove non c'è altitudine, sopra un percorso muscolare che mi dà tanta forza; a Castelporziano, a casa delle Fiamme Gialle che è diventata casa mia; alla Pineta con la gente che cammina per stare in salute. E dal 2018, a Tokyo. La mossa segreta».
Avete provato un percorso che poi non sarebbe stato quello olimpico.
«Già, non sapevamo che avremmo marciato a Sapporo, ma le condizioni si sono rivelate simili. Abbiamo capito che non avrebbe mai vinto l'interprete della gara perfetta, anche se io ho realizzato davvero che approccio usare solo quando ho visto Massimo Stano. Guardando lui ho speso un sacco di energia che mi sarei dovuta tenere».
antonella palmisano
Tifo per il compagno di allenamento?
«Vita in comune che ti scorre nelle vene. Tra me e lui c'è sempre stata competizione, io cerco di stare al passo dei maschi fino ad andare persino fuori ritmo. Il mio tecnico si arrabbia però è colpa sua, non si sa quante volte mi ha detto "ragiona da uomo"».
Si è mai offesa?
«No, perché una donna italiana i Giochi non li aveva mai vinti ed era un modo per dirmi di andare oltre. Un fatto su cui Massimo ha sempre giocato, "tu sfigata non mi supererai mai". E io di rimando "adesso questa donna ti straccia". Anni così. E quando lo vedo nel gruppo di testa alle olimpiadi impazzisco: negli ultimi 5 km ero sudata persa, urlavo, saltavo».
ANTONELLA PALMISANO A TOKYO 2020
Sfumata l'idea di conservare energie.
«Alla sera non riuscivo ad alzare le gambe, ero prosciugata e per un attimo ho pensato "Ecco, me la sono giocata". Poi è arrivato Massimo mi ha abbracciato e mi ha detto "se l'ho fatto io puoi farlo anche tu" ed è stato come se mi avesse restituito la forza. Ho sognato la sua gara che si mescolava alla mia, ho sognato di vincere proprio nel modo in cui poi l'ho fatto».
Premonizione o determinazione?
«È uscito il lavoro di questi 5 anni. Alla partenza ho detto, "qui il capo sono io, non mi inchino al campione olimpico". C'era un solo modo per riuscirci».
Questi due ori si somigliano?
«Hanno le stesse radici. Entrambi cresciuti al sole del Sud, io e Massimo veniamo da piccoli paesi della Puglia, entrambi li abbiamo lasciati e ce li siamo portati dietro».
antonella palmisano
Palo del Colle, provincia di Bari per Stano e Mottola, Taranto, per lei. Come è stato crescere lì?
«Per usare una parola oggi abusata, in una bolla. Non c'è nulla fuori o almeno non sai che c'è e allora puoi solo fantasticare. Io immaginavo di giocare a pallavolo in grandi tornei, ma ero bassa, minuta, mi hanno detto: "Corri". Sono partita. Un giorno non potevo iscrivermi a una gara e ho virato su quella di marcia, avevo 14 anni. Dopo pochissimo la mia terra che tanto amo non era più abbastanza. Mi sono dovuta separare da tutto quello che conoscevo. Dalla fattoria alla capitale».
Quando è riuscita a gestire la nuova vita?
«Ci ho messo parecchio. Con fatica, grazie al gruppo sportivo che mi ha tracciato la strada e sono arrivata fino alle Fiamme Gialle che mi hanno consegnata a Patrizio Percesepe, la mia fortuna. All'inizio è stata dura, mi mancavano i nonni che per sette anni mi hanno portato a ogni singolo allenamento. Mi mancava mamma che allora faceva la sarta e oggi crea gioielli, è cresciuta anche lei. Con me. Mio padre invece è muratore tuttofare, una certezza. Sentivo fitte di nostalgia per i miei cari».
ANTONELLA PALMISANO A TOKYO 2020 2
Ma le ha domate.
«Devo molto ai due anni con Elisa Rigaudo, bronzo a Pechino 2008. Sono stati fondamentali. E sono rimasti. La sento sempre prima delle gare, non mi dice assolutamente nulla eppure la sua voce tranquilla mi carica, lei è quella che mi ha mostrato la strada. Ascoltandola ho pensato "voglio fare parte di quella storia, non importa quanti sacrifici servono"».
È arrivata oltre, è la prima italiana oro olimpico nella marcia.
«Infatti, Elisa mi ha detto: "Adesso come funziona? "».
Come funziona?
marcell jacobs gianmarco tamberi
«Il giorno dopo l'oro mi sono detta, "ho fatto tutto, che cosa posso desiderare?". E 48 ore dopo ho realizzato quanto stupido fosse quel pensiero. Ora in una sola stagione mi ritrovo Mondiali ed Europei, pensi come sarebbe vincerli entrambi un grande slam unico. Non vedo l'ora di rimettere le scarpe».
È passata da salvatrice della patria, in Mondiali in cui il suo bronzo era l'unica medaglia della spedizione, a un oro tra i tanti.
«Un altro livello. Vincere insieme è più bello, nella telefonata con Gianmarco Tamberi, che da capitano ha subito chiamato per congratularsi, non la finivamo più di dirci "ciao campione", "ciao campionessa". Si moltiplica il valore».
marcell jacobs vince i 100m a tokyo2020
Perché l'Italia dello sport non si pone più limiti?
«L'estate ha cambiato qualcosa. Gli Europei di calcio, Jacobs e Tamberi che in pochi minuti stravolgono l'atletica, io e Massimo campioni a 24 ore di distanza, ogni giorno podi azzurri. Abbiamo cancellato punti di riferimento che stavano lì a imbrigliarci. Come è successo con il record sul miglio: non lo batteva mai nessuno, i 4 minuti erano il confine delle possibilità umane e una volta che Bannister li ha abbattuti gli sono andati dietro tutti. Per noi è caduto un limite e adesso non ci sono più scuse».
Una lezione da passare al Paese?
ANTONELLA PALMISANO A TOKYO 2020.
«Credo sia successo, siamo un esempio. Io sono arrivata a Tokyo dopo 40 giorni in cui correvo, ma non marciavo per un fastidio costante e una settimana prima mi sono data la sveglia: "Ora ne esci in qualche modo". Lo sport ti obbliga a riconsiderare i problemi. Jacobs avrebbe potuto essere felice con la finale, nessuno ci era mai arrivato e invece ha voluto arrivare primo, pure se è diventato grande convinto che un italiano non lo potesse fare. A pensarci ora, perché poi? ».
La testa conta così tanto?
«Il 90 per cento è testa, il 9 lavoro, l'uno per cento è sedere».
marcell jacobs oro olimpico
Lei allena la sua testa?
«Ogni giorno. Quando serve mi rivolgo ai professionisti del settore, però focalizzo gli obiettivi anche per conto mio, testo la concentrazione. Non mi lascio tregua».
Polemica dell'ultimo minuto. Secondo una statistica siti, social, tv e giornali usano i cognomi per i campioni olimpici maschi e i nomi o i nomignoli per le donne. Nel suo caso Antonella o Nelly.
«Ci vedono bisognose di coccole. Scatta Nelly perché sembra affettuoso, forse. Mi piace vederla in questo modo almeno».
Ha bisogno di affetto?
antonella palmisano
«No, "Palmisano ha vinto la 20 km", mi andrebbe meglio».
Dalla prossima stagione ci sarà la 35 km al posto della 50, pensa di provarci?
«La 50 non faceva per me e non l'ho mai considerata, la 35 km potrebbe pure allungare la carriera».
Il suo tecnico ha detto: "basta divisioni". Come mai un mondo piccolo come la marcia è così frammentato?
eleonora giorgi 19
«Campanili. Siamo stati gelosi dei nostri segreti, dei nostri percorsi, ma sfidarci tra noi ci aiuterebbe a crescere. Spero di poter scambiare esperienze con Eleonora Giorgi, spero che questi ori allarghino il movimento e il confronto. Si possono condividere progetti diversi senza snaturarsi».
Da quando non ci sono più i russi, squalificati per doping di stato, la sua disciplina è molto cambiata.
«Sì, ma, ancora una volta, soprattutto nella testa di ciascuno. Partivamo battuti, consapevoli che i più forti non erano puliti, eravamo depotenziati prima del via. Adesso sai che te la puoi giocare con tutti».
alex schwazer
Adesso la marcia è pulita?
«Credo di sì, comunque non vedo più squilibri e credo nel sistema. Magari c'è ancora il singolo che ci prova ma non un gruppo che ha messo su un meccanismo per truffare i controlli».
La marcia di casa nostra ha superato il caso Schwazer?
«Con questi ori sì. Finalmente si parla d'altro. Si parla di me e di Massimo adesso».
Avete condiviso la stessa bandiera a Tokyo. Di chi erano tutte quelle firme?
STANO YAMANISHI
«L'abbiamo ricevuta in dono dai ragazzini di Tokurosawa, la scuola dove ci siamo allenati, dove siamo venuti più volte per testare il clima giapponese. Ci sono i loro nomi e c'è scritto "Gold medal". La scelta del messaggio doveva avere senso, non c'erano incitazioni o auguri solo "Gold medal". L'abbiamo appesa nel nostro corridoio, a Sapporo, e il giorno della gara di Massimo l'ho staccata dal muro. Gliel'ho consegnata al traguardo e gli ho fatto promettere di riportarmela. La sento ancora tra le mani, appena l'ho toccata ho pianto. Credo sia il ricordo più intenso che mi resterà».
MASSIMO STANO E FATIMA ZAHRA LOTFI