Valeria Arnaldi per “Leggo”
antonio del greco
Una donna uccisa e poi fatta a pezzi. Antonio Del Greco, ex capo della Squadra Mobile a Roma, le sono capitati casi così?
«I casi con corpi fatti a pezzi sono rari. Il più eclatante è stato quello del Canaro della Magliana, a Roma. L’aspetto più difficile è risalire all’identità della vittima. E sono proprio identità e ultimo indirizzo del soggetto gli elementi che fanno decollare un’indagine. Il primo elemento del riconoscimento, di solito, è rappresentato dalle impronte digitali, che se il soggetto ha precedenti penali, consentono di risalire alla sua identità.
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È accaduto così per il Canaro. Altrimenti, si fa attività di ricerca tra le persone scomparse, per restringere il campo. Poi si usa ogni elemento distintivo. Ricordo che, una volta, riuscii a risalire all’identità di un cadavere cui era stato dato fuoco, grazie a una fibbia particolare».
In questo caso, a consentire il riconoscimento sono stati i tatuaggi.
«I giovani ne hanno molti, sono diventati elementi connotanti. Si può usare anche altro, come l’arcata dentaria, qualsiasi protesi in bocca, frammenti di abiti, cicatrici e altro ancora».
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La procedura di pubblicare l’elenco dei tatuaggi sui giornali è stata eccezionale?
«No, è una procedura su cui spesso si ragiona quando si deve identificare una vittima. Però serve il benestare del pubblico ministero».
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