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    L’ETICA DEVE FARE I CONTI CON LA COTICA – A LONDRA È PARTITO IL DIBATTITO SULL’OPPORTUNITÀ, DA PARTE DEI MUSEI, DI ACCETTARE FINANZIAMENTI DA SPONSOR CON UNA DUBBIA MORALITÀ – ANTONIO RIELLO: “SPESSO SONO GLI AFFARI DISDICEVOLI CHE CONSENTONO ALLA CULTURA DI PROSPERARE. C'È UNA ALTERNATIVA: FAR PAGARE DEI COSTOSI BIGLIETTI D'INGRESSO AI VISITATORI. O NON FARSI TROPPI PROBLEMI SUL PROFILO ‘POLITICALLY CORRECT’ DEI FINANZIATORI PRIVATI, O PRECLUDERE MOLTE ESPERIENZE CULTURALI AI MENO ABBIENTI O LASCIARE ANDARE IN BANCAROTTA I MUSEI…”


     
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    Antonio Riello per Dagospia

     

    antonio riello museum wars antonio riello museum wars

    Il direttore della National Portrait Gallery di Londra, Nicholas Cullinan, sostiene - in un'intervista al quotidiano The Times - che al giorno d'oggi i musei non possono più permettersi di sindacare sulla moralità dei propri sponsor. O almeno non oltre un certo grado (è chiaro che una associazione criminale non è esattamente la benvenuta). Altrimenti, vista la endemica scarsità di sussidi pubblici, l'attività e l'esistenza stessa dei musei rischiano grosso.

     

    Questa affermazione fa seguito ad una serie di diatribe sul supporto alla cultura britannica da parte di importanti aziende. I finanziamenti offerti dalla Purdue Pharma  posseduta dalla famiglia Sackler sono stati i primi ad essere rifiutati.

     

    Negli USA l'OxyContin, farmaco prodotto da questa azienda, è responsabile di una massiccia e devastante ondata di tossicodipendenza da oppiacei "legali". Tra varie altre cose i Sackler avevano finanziato la nuova ala della Serpentine Gallery che appunto, inizialmente, aveva preso il nome di Serpentine Sackler. (dal 2021 l'imbarazzante nome è stato eliminato). In effetti non un partner culturale ideale.

     

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    Poi è stata la volta della BP (British Petroleum). La Tate, il National Theatre e altri musei hanno cessato di accettarne i fondi. La National Gallery di Londra ha chiuso la collaborazione con la Shell nel 2018 (dopo 12 anni di generosi finanziamenti) e così ha fatto anche il Natural History Museum.

     

    Questa volta la faccenda suona più ideologica che altro. La gente dell'arte più radicale ritiene che il denaro legato a chi (seppure nel pieno della legalità) ha a che fare con i combustibili fossili sia denaro "sporco" e vada rigettato. BP e Shell sono marchi che nel mondo degli attivisti ambientali sono diventati dei paria: c'è chi dice sia meglio non essere associati con chi produce o vende derivati del petrolio.

     

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    Di questo passo, prima o poi, accadrà che se un tizio - che di lavoro fa il benzinaio - proverà ad entrare in una galleria per comperare un'opera (probabilmente una piccolina e non troppo costosa) verrà bruscamente allontanato da qualche comitato di artisti/curatori (gli "attivisti ben pensanti" di turno).

     

    Intendiamoci, non viene naturale quasi a nessuno avere simpatia per delle multinazionali che spesso hanno purtroppo dimostrato di essere senza scrupoli per accontentare i propri avidi azionisti. Però rimane un dato di fatto che attualmente - volenti o nolenti - il Mondo (come lo conosciamo) non potrebbe (di già) andare avanti senza un certo consumo di combustibili fossili.

    art not oil proteste contro i finanziamenti di bp ai musei art not oil proteste contro i finanziamenti di bp ai musei

     

    E non è criminalizzando chi li estrae/vende che si risolve correttamente ed efficacemente il problema. Anche se oggi sembra molto "cool" per i giovani radical contestare in questo modo (magari dopo essere appena arrivati da un lungo viaggio in aereo....).

     

    La National Portrait Gallery attualmente, come la maggior parte dei musei britannici (che in genere concedono l'entrata gratuitamente, fatta eccezione per alcune mostre temporanee) è supportata da fondi pubblici per circa il 30% del proprio bilancio. Il resto proviene da:

     

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    1.        la vendita di biglietti di alcune specifiche mostre

    2.        gestione (diretta o indiretta) di bookshop e ristoranti

    3.        affitto di locali per eventi e/o cerimonie (dove e quando possibile)

    4.        finanziatori privati

     

    In pratica l'ultima voce è la più rilevante. La NPG ha accettato fondi dalla Herbert Smith Freehills, un importante studio legale apparentemente ben lontano dal petrolio, ma che ha comunque indirettamente sostanziali rapporti con il mondo degli idrocarburi (questa è la ragione dell'intervista appena rilasciata del direttore).

     

    La recente ristrutturazione della NPG è stata possibile grazie al generoso aiuto della Blavatnik  Foundation, che è emanazione degli affari di Leonard Blavatnik (un miliardario di origine ucraina). Non è da escludersi che magari in futuro qualche legame con il business degli idrocarburi salti fuori anche qui.

     

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    Accettando, solo per un momento, come giusta la tesi degli ambientalisti più massimalisti il punto è proprio questo: come individuare dei finanziatori "puliti al 100%". Cosa che è in pratica impossibile dati i rapporti molto interconnessi ed estesi (e non necessariamente "trasparenti") del mondo industriale.

     

    Spesso sono gli affari disdicevoli o problematici che consentono - indirettamente - alla Cultura di prosperare, almeno nei termini delle istituzioni che la rappresentano. L'Etica, in qualche modo, deve fare i conti (anche e soprattutto conti della spesa) con il costo della sopravvivenza. Che piaccia o no (e non ci piace!) la nascita del British Museum fu principalmente il frutto del lascito di Hans Sloane che si era arricchito con le piantagioni di zucchero caraibiche dove lavoravano gli schiavi razziati sulle coste africane.

     

    art not oil proteste contro i finanziamenti di bp ai musei 1 art not oil proteste contro i finanziamenti di bp ai musei 1

    C'è una alternativa: far pagare dei costosi biglietti d'ingresso ai visitatori dei musei. Ma è una decisione poco sostenibile politicamente: ovviamente apre altri spinosi problemi. Ovunque le politiche culturali - in tempi di budget pubblici molto magri - devono affrontare una situazione  paradossale. O non farsi troppi problemi sul profilo "politically correct" dei finanziatori privati (andando in contro a critiche infinite) o precludere molte esperienze culturali ai meno abbienti (avviando una altra enorme quantità di - legittime -polemiche) o lasciare andare in bancarotta e chiudere i musei (scandalosa e probabilmente la peggiore delle opzioni possibili).

     

    arts council england fondi della lotteria arts council england fondi della lotteria

    Una soluzione naturalmente potrebbe esser aumentare le tasse e usare queste risorse per finanziare progetti museali, ma suona molto impopolare. Nel Regno Unito ha funzionato per anni abbastanza bene un'imposta sulle lotterie. Ma oggi, a fronte di costi considerevolmente aumentati, sembra non basti più nemmeno il sostegno del vizio (del gioco) alla virtù (della Cultura).

     

     

     

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