Laura Anello per la Stampa
l'eruzione del vulcano stromboli 2
Arrivi a Ginostra e ti sembra di essere sbarcato sulla luna, ma una luna nera che odora di fuoco e di cenere. «Sicura che vuole andare lì?», chiede il barcaiolo Pippo che dal porto di Stromboli trasporta da sempre i turisti su questa frazione aggrappata al versante opposto del vulcano, raggiungibile esclusivamente via mare. E sì, perché il "pirtuso", il buco, il porto più piccolo del mondo, sembra la palude Stigia. Fino a pochi anni fa, prima che costruissero il molo per aliscafi e traghetti, ci si attraccava solo con le barchette a remo.
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Acqua piena di detriti, di pomice nera, di pezzi di lava che rischiano di essere risucchiati dai motori di chi si avventura a vedere l' effetto che fa una Pompei del terzo millennio: un borgo abitato da soli trenta abitanti, sette muli e una manciata di turisti e di galline che giovedì si è trovato sotto una pioggia fitta di lapilli e di pietre grandi come mele. «Ero in ambulatorio - racconta il medico Maria Rita Falzone, giovedì in turno di guardia - e con il mio collega abbiamo sentito che la porta era spinta da un' onda d' urto impressionante, siamo usciti, abbiamo alzato gli occhi al cielo e abbiamo visto l' apocalisse, la colonna di fumo, la montagna che bruciava, fuoco ovunque, anche nel giardino accanto a noi.
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S
iamo scappati sotto la pioggia di pietre, io con una valigia rigida sulla testa, è durata quasi mezzora. Ho creduto di morire, anzi ero certa che sarei morta, mi dicevo: è andata così, pazienza. E pensare che ero venuta per una sostituzione che inizialmente non volevo fare. Tornare qui? Sinceramente? Mai più», dice mentre si imbarca sull' aliscafo che la riporta nella sua Messina. Direzione opposta a quella di Massimo Imbesi, l' escursionista di 35 anni che era arrivato proprio qui l' altro ieri, e che è morto due ore dopo mentre scalava la vetta.
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A Ginostra non c' è più un filo di verde. Tutto nero e bruciato. Un luogo amato dai turisti in cerca di un Eden perduto che però venerdì sono scappati tutti, accalcandosi sugli aliscafi. Sono rimasti gli abitanti, nel borgo ricoperto da questo strato irreale di detriti alto otto centimetri che si è posato su strade, case, giardini, scale, viottoli. C' è Gianluca Giuffré, giornalista e gestore di un bazar, che ha portato via, a Milazzo, la moglie e i due gemellini di pochi mesi. «Preferisco stiano al sicuro, se tornasse l' allarme sarebbe difficile scappare con loro», dice mentre spala la cenere nera. «Siamo qui dall' alba - racconta - ma c' è bisogno di aiuto».
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C' è Mario Lo Schiavo, lo storico portavoce della comunità, che ripulisce i tetti delle case. «Siamo rimasti isolati, senza energia elettrica e con i telefoni muti. Dopo l' esplosione, abbiamo trascorso tutta la notte al buio». C' è Arianna Abbate che lancia un appello sui social, e riesce pure a essere ironica: «Fortunatamente il peggio è passato, ma siamo sommersi dalla cenere. Chiunque voglia venire a dare una mano è benvenuto. Non essendoci corrente, possiamo offrirvi la cena romantica a lume di candela e una doccia con tonificante acqua fredda». Nel pomeriggio arriva un gruppetto di dieci persone, guidate da Antonio Grasso della Protezione civile, armato di secchi, scope, sacchi.
Sull' altro versante, nel paese di Stromboli - che visto da Ginostra sembra una capitale - la parola d' ordine è salvare la stagione turistica. «Tutto tranquillo, ormai», ripetono albergatori e ristoratori, mentre la spiaggia della Petrazza è tornata a popolarsi di bagnanti. Ma la Protezione civile ha disposto ieri l' allarme giallo: il vulcano adesso è un sorvegliato speciale, mentre qui si trema a ogni suo borbottio. Le escursioni sono sospese, volano ancora i canadair per spegnere gli ultimi incendi e alla fonda restano due motonavi inviate dalla Regione siciliana nel caso fosse necessario evacuare l' isola, scenario al momento non all' ordine del giorno.
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«Le valutazioni tecniche escludono questa necessità, ma il vulcano è imprevedibile», dice il prefetto di Messina, Maria Carmela Librizzi.
Un centinaio di turisti sono andati via, alcuni in ciabatte e costume, ma una ventina sono rientrati ieri. Non si sono mossi invece i quattrocento residenti e gli stromboliani di adozione che trattano il vulcano - Iddu, cioè Lui - come un vecchio amico, seppure a volte iracondo.
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