Sintesi dell’articolo di Jack Nicas, Raymond Zhong e Daisuke Wakabayashi per “The New York Times”, pubblicata da “La Verità”
Apple Cina
Apple fa della protezione della privacy il suo cavallo di battaglia. Inclusione e diversità fanno parte da decenni della politica di «apertura» dell'azienda di Cupertino, che realizza spot arcobaleno e multirazziali. Ma tutto questo, davanti alla Cina, scompare.
Apple realizza un quinto dei suoi profitti in Cina, 55 miliardi di dollari all'anno, e produce nel gigante asiatico quasi tutti i suoi iPhone, iPad e Mac. In cambio, però, il regime comunista chiede molto all'azienda californiana. Innanzitutto pretende la censura di tutte le app ritenute scomode: dal 2017 Apple ha cancellato dal suo App store cinese oltre 55.000 applicazioni.
Apple Cina 3
Dal giugno 2018 al giugno 2020, ha approvato il 91 per cento delle richieste del governo cinese e rimosso di conseguenza 1.217 app. Nello stesso periodo, nel resto del mondo, ne ha rimosse 253. Dal 2017, ha cancellato 600 app di notizie. Apple afferma di averne eliminate «soltanto» 70 perché, spiega il Nyt, Cupertino conteggia solo quelle che fa sparire su richiesta del governo e non «quelle che rimuove prima ancora che i censori di internet cinesi protestino».
APPLE STORE
Non solo, in barba alle leggi americane e alla retorica sulla privacy, Apple ha ceduto a un'azienda statale cinese tutto ciò che i clienti salvano sull'iCloud: dati personali, foto, chat, video, numeri di telefono, numeri dei conti bancari e posizione degli utenti. I dati sono criptati, ovviamente, ma il regime ha l'accesso fisico ai server e alle chiavi per decrittare le informazioni. «Se il governo vuole i dati, non ha che da prenderli».
APPLE PRIVACY