Grazia Longo per "la Stampa"
Cybersicurezza
Una cosa è certa: nella lotta agli attacchi cyber, come in quella contro il terrorismo, il rischio zero non esiste. Perché le insidie si nascondono ovunque nel mondo magmatico e fluido che è la Rete. Il nostro Paese, tuttavia, ha messo in campo una serie di forze di monitoraggio e prevenzione che, con tutti i limiti come dimostrato dal recente attacco alla piattaforma digitale della Regione Lazio, punta a contenere i danni.
L'ultima arrivata è l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn), appena approvata dal governo, che avrà il compito di proteggere le funzioni essenziali dello Stato italiano da minacce informatiche e di sviluppare le capacità per prevenirle e combatterle. L'agenzia opererà sotto la responsabilità del presidente del Consiglio e dell'autorità delegata per la sicurezza della Repubblica e avrà le funzioni di autorità nazionale in materia di cybersicurezza.
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Dovrà inoltre contribuire all'innalzamento della sicurezza delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione delle pubbliche amministrazioni, degli operatori di servizi essenziali e dei fornitori di servizi digitali dello Stato, e sarà l'interlocutore unico nazionale per i soggetti pubblici e privati in tema di misure di sicurezza e attività ispettive in ambito di sicurezza nazionale informatica.
Ma ci sono altri soggetti che sorvegliano il web. A partire dall'intelligence, sia quella interna (Aisi), sia quella estera (Aise) che ha il compito di sorvegliare quello che succede online per cercare di prevenire attacchi. A questo fine i nostri servizi segreti hanno realizzato, e continuano a farlo, un «censimento delle reti ostili». Ossia quei siti web e quegli indirizzi Ip da cui tutto ha origine che rappresentano una minaccia per il Paese.
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Questa mappatura comprende decine di miglia di reti ostili, partendo dal presupposto che per sconfiggere il nemico è innanzitutto fondamentale conoscerlo. E il successo sta nell'operare, nell'infilarsi in queste reti ostili, senza essere scoperti. Fondamentale, come rivela una fonte, è la cooperazione internazionale con le agenzie di intelligence delle altre nazioni, per creare un fronte comune contro gli attacchi cyber.
Altrettanto importante, poi, è mettere in atto strategie tecnologiche per irrobustire il sistema. In altri termini cercare strumenti antivirus il più potenti possibile. «Per questa ragione il censimento assume grande importanza - prosegue la fonte - perché più i malware che possono infettare le piattaforme digitali sono noti, più è facile combatterli».
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In difesa della cybersicurezza nazionale lavorano, inoltre, anche carabinieri e polizia. Quest' ultima si affida soprattutto all'attività della polizia postale e delle comunicazioni, ma si avvale anche della squadra di analisti dell'Antiterrorismo diretto da Diego Parente. Anche se in realtà gli esperti dell'Antiterrorismo scandagliano la Rete prevalentemente per inchieste strumentali al terrorismo, mentre la lotta all'hackeraggio è di competenza della postale.
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Su quest' ultimo fronte sono impegnati anche i carabinieri del Ros, guidati dal generale Pasquale Angelosanto, che nel 2015 hanno istituito il Reparto di indagini telematiche per il contrasto al cybercrime. «Un settore - precisa Angelosanto - che si occupa in prevalenza di malware analysis ed analisi del traffico di rete. Le due aree d'intervento hanno in comune l'impiego, in termini tecnici e di risorse umane, di un importantissimo know how in materia di architetture e funzionamento delle reti di telecomunicazione telefoniche e telematiche».
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