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    CARO OCCIDENTE, SEI SOLO CONTRO PUTIN ARABIA SAUDITA E SERBIA SE NE FOTTONO DI EMBARGO E SANZIONI E CONTINUANO A FARE AFFARI CON LA RUSSIA COME E PIÙ DI PRIMA - L’OPEC+ (GUIDATA DALLA STESSA RIYAD) NON HA NESSUNA INTENZIONE DI AUMENTARE LA PRODUZIONE DI GREGGIO PER CONTENERE I PREZZI DELLA BENZINA, SCHIZZATI AI MASSIMI DA DUE MESI – CHE FARÀ ORA L’UNIONE EUROPEA? AVRÀ LE PALLE DI BLOCCARE DAVVERO L’IMPORTAZIONE DI PETROLIO DALLA RUSSIA?


     
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    Da www.corriere.it

     

    Fronte caldo sul petrolio. Mentre gli operatori attendono di vedere se l’Unione Europea raggiungerà un accordo sul divieto all’importazione del greggio russo, Serbia e Arabia Saudita continuano a fare affari con la Russia.

     

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    L’Opec+ non aumenterà la produzione per contenere i prezzi della benzina, sigillando il patto tra l’Arabia e la Russia. Mentre la Serbia, malgrado la candidatura all’ingresso nell’Unione Europea, ignora le sanzioni e stringe un accordo con Mosca per il gas a basso costo. Intanto i prezzi del greggio sono ai massimi da due mesi.

     

    Le sanzioni

    In attesa di sapere l’esito delle riunioni Ue di oggi e domani per discutere un sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina, la settimana si apre infatti con i futures del Brent che avanzano dello 0,53%, a 120,06 dollari al barile, mentre i futures del WTI guadagnano lo 0,83% a 116,03 dollari al barile.

     

    E proprio mentre l’Ue continua a lavorare a un accordo per bloccare le importazioni di greggio dalla Russia, facendo i conti con la resistenza dell’Ungheria, l’Opec plus non aumenterà la produzione nella riunione di giovedì, dicono le agenzie.

     

    L’offerta

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    Il G7 sull’energia di Berlino si è chiuso con la richiesta all’Opec di aumentare l’offerta di petrolio per contrastare i rincari, ma gli operatori non si aspettano passi avanti nella riunione di giovedì 2 giugno dell’Opec Plus, che unisce i 13 produttori del Cartello ai suoi dieci alleati, guidati dalla Russia.

     

    Ciò che ci si attende è piuttosto una conferma dell’aumento della produzione anche a luglio, come negli ultimi mesi, di 432 mila barili al giorno, per proseguire nella normalizzazione graduale dopo il super taglio di 10 milioni di barili al giorno deciso di fronte alla pandemia nel 2020.

     

    La scelta di Riad

    Gli osservatori notano che l’Arabia Saudita, leader dell’Opec, ha già resistito prima della crisi ucraina alle pressioni (soprattutto dagli Usa) per aumentare la produzione e contenere il prezzo della benzina, freno per la ripresa, sostenendo che non c’è carenza di offerta.

    mohammed bin salman mohammed bin salman

     

    Nei giorni scorsi poi l’Arabia ha fatto sapere che sostiene il ruolo della Russia come membro del gruppo di produttori di petrolio Opec+ nonostante l’inasprimento delle sanzioni occidentali su Mosca.

     

    Il principe Abdulaziz bin Salman, ministro dell’Energia, ha dichiarato al Financial Times che Riyadh spera «di trovare un accordo con l’Opec+ che includa la Russia», insistendo sul fatto che «il mondo dovrebbe apprezzare il valore» dell’alleanza dei produttori. Tutto mentre il mercato è dubbioso sulla sopportabilità dell’uscita del mercato della produzione russa.

     

    L’intesa di Belgrado

    Quanto alla Serbia, rischia di diventare un ulteriore caso di eccentricità dei Paesi dell’Europa dell’Est rispetto alla linea di Bruxelles. Belgrado infatti ha firmato una proroga di tre anni all’accordo per le forniture russe «a prezzi amichevoli». I dettagli dell’accordo saranno comunicati nei prossimi giorni, dopo l’incontro con i dirigenti di Gazprom, ha dichiarato il presidente serbo Aleksandar Vucic. In ogni caso aumenta la dipendenza da Mosca della Serbia.

     

    vucic putin vucic putin

    Il presidente della Serbia, riporta l’agenzia AP, ha annunciato che ha assicurato un affare «estremamente favorevole» con la Russia sul gas naturale durante una conversazione avvenuta domenica con il presidente della Russia, Vladimir Putin. L’accordo, prosegue AP, dovrebbe essere siglato durante una visita di Sergey Lavrov, ministro degli esteri russo, a Belgrado ai primi di giugno.

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