Marianna Aprile per OGGI
dago arbore
Se alla tv e allo spettacolo italiano togliete quel che ci ha messo Renzo Arbore diventano più grigi e poveri. E noi con loro. Alla vigilia di un compleanno importante (il 24 giugno saranno 85) e di un annuncio sofferto, abbiamo chiesto al più colorato degli showmen di contare i talenti scovati e lanciati in oltre 50 anni tra tv, cinema, radio e musica. «Circa 100, da Giorgio Bracardi e Mario Marenco di Alto Gradimento, con Gianni Boncompagni, a Ilaria D’Amico, a Rai International. Da un po’ mi sono fermato. Navigo molto cercandone di nuovi in Rete, ma umoristi cui devi solo alzare la palla perché la schiaccino, come Nino Frassica, non ne vedo. Mi spiace solo di non essere stato io a scovare Valerio Lundini».
Arbore e uomo di prime volte: «Pensavo sempre “se non lo ha fatto nessuno, lo faccio io”. Tra le primogeniture di cui vado piu fiero c’e l’aver inventato “le donne parlanti” in una tv di vallette mute. All’epoca con Mariangela (Melato, ndr) frequentavo le femministe. Le vedevo protestare contro tutto e non capivo perché non andassero sotto la Rai a pretendere che le donne in tv avessero anche una voce.
de crescenzo arbore benigni rossellini
All’Altra domenica volli quindi le inviate: Milly Carlucci, Silvia Annichiarico, Fiorella Gentile, Stella Pende, Irene Bignardi e Isabella Rossellini, da New York. Ero colpito dalla sua grazia e dal suo talento di giornalista. E poi c’erano le Sorelle Bandiera, primo gruppo en travesti quando era ancora impensabile un uomo vestito da donna».
Quindi la sua fu un’azione politica?
«Per carita. Ho fatto quel che ho fatto solo perche sono nato a Foggia. Volevo sprovincializzarmi e, facendolo, ho sprovincializzato il pubblico. Volevo scoprire com’era il mondo e l’ho mostrato agli altri. Raccontavo lo Studio 54 e il CBGB, il locale di New York dove nacque il punk, mostravo i seni nudi del burlesque a Parigi, le gare tra brutti in Romagna. A chi lavorava con me ripetevo che l’obiettivo era razzolare nell’inconsueto. Avendo come molla la noia della provincia e come stile la “chiacchiera disutile” che a Foggia facevamo nei bar».
Che cos’e la chiacchiera disutile?
arbore quelli della notte
«Quella che indugia ore chiedendosi se sia meglio il mare o la montagna, che da musicisti si fa per decidere se sia piu bella Tutti Frutti o Lucia. E la leggerezza, il superfluo, lo sfotto che nei bar arriva dopo la grappa. Nella mia tv, raggiunse l’apice in Quelli della notte, programma nato da una paura».
1985, giovane e di successo. Che cosa temeva?
«Di essere percepito come vecchio. Dopo il successo dell’Altra Domenica mi chiesero un programma sui 60 anni della radio. Feci le 5 puntate di Cari amici vicini e lontani, con picchi di 18 milioni di spettatori. Ospitai i piu grandi giornalisti e cantanti, feci rifare l’annuncio dell’armistizio da chi lo aveva fatto all’epoca. Pensai: “Ce l’ho fatta”, ma subito dopo iniziai a temere che mi si percepisse come uno con lo sguardo al passato, io che in radio facevo Per voi giovani. Andai da Giovanni Minoli e dissi: “Voglio fare un programma con facce mai viste”. E cosi fu Quelli della notte: 40 sconosciuti tra cui Stefano Palatresi, Antonio e Marcello, Nino Frassica, il Maestro Mazza, Gege Telesforo, Maurizio Ferrini, Riccardo Pazzaglia, Roberto D’Agostino, Dario Salvatori, Simona Marchini, Marisa Laurito. Un botto che mi mise addosso un timore piu grande: quello del flop».
Ancora paura. Stavolta come l’ha esorcizzata?
«Facendo qualcosa di ancora diverso, Indietro tutta!, che lancio Francesco Paolantoni, le ragazze coccode col loro cacao Meravigliao, e lo sfotto sull’Auditel. Io con l’Auditel ce l’ho a morte».
Che cos’e che non le piace?
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«Non sono mai stato comunista, ho sempre creduto nel mercato, da liberale. Ma i prodotti culturali non sono come gli altri, per la creativita dovrebbero valere altre leggi, non quella dei numeri. L’Auditel valuta la quantita non il valore di un’opera. Penalizza contenuti e creativita. E quello che in fondo ho teorizzato in Speciale per me, meno siamo meglio stiamo, che poi invece fece ascolti altissimi».
Rivendica le donne parlanti, ma in tv ha portato anche donne “decorative”. Una contraddizione?
«La conferma che non c’era niente di politico e che il solo obiettivo erano l’inconsueto e il disutile. Le cose utili le facevano gia gli altri. Prenda Lory Del Santo. Io e De Crescenzo la notammo in un ristorante romano frequentato da craxiani e gente dello spettacolo. Ci sembro perfetta per fare la segretaria che distraeva i discorsi di noi due, prototipi di maschi italici, in Tagli, ritagli e Frattaglie, nel 1981. Con lo stesso spirito, pero, nel 1969 avevo messo in piedi il primo talk show, Speciale per voi, con uno studio pieno di ragazzi liberi di chiedere qualsiasi cosa a chiunque, da Luciano Salce a Paolo Poli, che parlava di omosessualita in una Rai per la quale neanche esisteva. Li lanciai Lucio Battisti, Cochi e Renato e Gabriella Ferri, che era stata la mia prima fidanzata romana».
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Che coppia siete stati?
«Libera, beat, per 2 anni. Nel 1964 partii da Napoli verso Roma con la mia 500 targata Foggia. Arrivato in Piazza del Popolo, vidi Gassman, Manfredi... Scoprii che gli artisti si incontravano al Caffe Rosati, al pomeriggio. Scesi dalla macchina la Ferri urlo: “E tu chi sei? Annamo a balla”. La seguii in via Margutta, ci fidanzammo quella sera. Una donna straordinaria».
Non possiamo elencarne 100, ma un passaggio su Roberto Benigni e doveroso. Come lo scopri?
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«A un festival a Fiuggi. Gli chiesi “che fai la domenica?” e lo convocai a casa mia chiedendogli di improvvisarsi critico cinematografico di film che non aveva visto. Fu perfetto, tutto improvvisato. Ecco, la mia fortuna piu grande e stato aver iniziato come musicista jazz, dall’improvvisazione. In tv ho provato a fare il jazz della parola».
E poi c’e la relazione piu lunga della sua vita, quella con L’Orchestra Italiana. «L’orchestra stabile piu longeva della storia della musica: 30 anni, circa 1.800 concerti, 16 persone che dal 1991 hanno portato la musica napoletana, ai tempi percepita come obsoleta, ovunque. Il primo concerto occidentale nella Piazza Rossa ai tempi dell’Urss, la Cina, il Giappone, l’Australia, il Sud America grazie a quel fantastico pazzo di Adriano Aragozzini.
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L’emozione piu grande nel 1993 al Radio City Music Hall, il giorno dopo Ray Charles. Ero incredulo e felice. Era da quando ero ragazzino che andavo “appresso alla musica”, come diceva mio padre. Ora pero considero conclusa la mia missione con l’Orchestra, c’e l’eta, ci sono stati i due anni fermi per la pandemia. Loro andranno avanti, si chiameranno Noi, la Nuova Orchestra Italiana».
Quindi sta per inventarsi qualcos’altro?
«Ho lanciato l’app Renzo Arbore Channel su cui pubblico video. A fine anno inauguro a Foggia Casa Arbore con tutte le mie collezioni di radio, oggetti in plastica, souvenir presi in giro per il mondo. E a ottobre, su Rai 5, con Gege Telesforo andro in onda con 20 puntate di un programma nuovo. Che ovviamente si intitola Appresso alla musica. Mica smetto».
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