Estratto dell’articolo di Giuseppe Pipitone per "il Fatto Quotidiano" - 26 GENNAIO 2019
ezio cartotto
L’uomo che ha collaborato alla creazione di Forza Italia si vergogna di averlo fatto. E ora che dal famoso discorso della discesa in campo sono passati esattamente 25 anni, il “pentimento” di Ezio Cartotto non è legato solo alle questioni giudiziarie.
(…) “Ma io volevo fare un partito popolare non populista”, protesta l’anziano democristiano milanese, il politologo che Marcello Dell’Utri ingaggiò in gran segreto nel 1992 per lavorare alla cosiddetta operazione Botticelli: era lo studio di un nuovo partito politico che avrebbe poi portato alla nascita di Forza Italia.
“Si chiamava operazione Botticelli dal nome del palazzo di Milano 2 dove avrebbero dovuto mettere tutta l’attività politica”, ricorda il professore, il cui ruolo ha parzialmente ispirato Leonardo Notte, il personaggio interpretato da Stefano Accorsi nella serie 1992.
SILVIO BERLUSCONI VIDEO DISCESA IN CAMPO
“Qualcosa del mio contributo c’è”, dice Cartotto, che si è allontanato dagli ambienti forzisti già nel 1996, dopo la mancata candidatura al Senato (“Da allora non credo più alla parola di Silvio”), ma è rimasto in contatto negli anni successivi sia con Dell’Utri che con Berlusconi. “Silvio si è arrabbiato molto quando è uscito il mio libro. E si arrabbia anche quando rilascio interviste”,
“L’Italia è il Paese che amo”. Era il 26 gennaio del 1994, un quarto di secolo fa. Professor Cartotto, cosa ricorda di quel giorno?
Ero a Roma in via dell’Umiltà e tenevo una conferenza di politica che doveva preparare alcune persone della cosiddetta Roma bene a schierarsi con Berlusconi. Considerate che poi Berlusconi fu candidato nel collegio di Roma 1 per il veto di Umberto Bossi che non lo volle a Milano. Ho finito di parlare appena prima della messa in onda del discorso di Silvio.
BERLUSCONI KARAOKE DISCESA IN CAMPO
Di chi fu l’idea di quel discorso? La calza sulla telecamera, la scrivania, le foto…
Sua, di Silvio. Tutto ciò che riguarda la comunicazione era strettamente controllato da lui. Lui era leader e insieme anche ministro della propaganda, della comunicazione.
Chi lo scrisse il testo?
Lo ha scritto lui. Era un discorso troppo importante: quindi lo ha scritto lui. Almeno la prima bozza. Poi è passata ad alcuni fedelissimi: credo Paolo Del Debbio, Gianni Letta, Giuliano Ferrara. Ma la prima bozza è sua. Lui è così. Come scrisse Montanelli, Silvio voleva essere tutti gli undici giocatori di una squadra di calcio, ma anche l’allenatore. E ovviamente voleva essere pure l’arbitro.
Quel discorso non le parve un po’ banale? Può essere considerato il primo discorso populista dell’Italia repubblicana?
È assolutamente un discorso banale. E anche populista. Ma tenga presente che io speravo che Forza Italia diventasse un partito popolare come la Dc. E invece nacque un partito populista.
Immaginavate già di rimanere al potere 20 anni?
IL DISCORSO DI SILVIO BERLUSCONI PER LA DISCESA IN CAMPO IN POLITICA NEL 1994
Macchè. Si figuri che una volta, in piena campagna elettorale, Angelo Codignoni, che allora era presidente dei club di Forza Italia, tornando dal Sud disse: “Dottore lei è come la Madonna, c’erano mille persone. Non aspettano altro che lei”. Berlusconi, però, rispose con aria preoccupata. Era preoccupato davvero: non stava recitando, come spesso fa. Disse: “Ragazzi, ma se vinciamo dove cazzo l’abbiamo noi la gente per governare questo Paese?”. D’altra parte Silvio non è mai riuscito a capire il Mattarellum. La legge elettorale non gli entrava in testa: non capiva cosa fosse lo scorporo. E non sapeva neanche cosa fosse il federalismo: chiese a me cosa fosse.
pier silvio berlusconi
Oggi quale è il partito più simile a Forza Italia?
Nessuno. Forza Italia è un partito che non c’è. Non c’è mai stato. Forza Italia è un partito disorganizzato con un solo leader carismatico: lui. Senza Berlusconi gente come Tajani prende 4 voti.
Le chiese subito di collaborare al progetto del nuovo partito?
Non subito. Ma rimanemmo in contatto. A settembre mi portò con lui a Montecarlo, quando Berlusconi fece il famoso discorso ai suoi dipendenti. Non parlava mai di politica ma quella volta lo fece.
marina berlusconi silvio berlusconi veronica lario pier silvio berlusconi
Disse di essere preoccupato perché in politica diminuivano gli amici e aumentavano i nemici e quindi bisognava essere pronti a qualsiasi evenienza. Con lui mi fermai a parlare più volte durante la serata. Io ero seduto al tavolo Marcello, Silvio, c’era suo figlio Piersilvio. Suo padre lo definiva un playboy triste perché nonostante avesse l’opportunità di avere le donne più belle, poi non era mai contento.
E a Dell’Utri non contestò quella storia del club numero uno a casa di Rapisarda?
Certo. Mi rispose in modo blando. Disse: “Ma noi avevamo bisogno, non potevamo rinunciare, lo sai anche tu che i voti delle suore si contano come quelli dei carcerati”. Dell’Utri e Rapisarda li ho visti anche dopo, quando Berlusconi era già presidente del consiglio.
SILVIO BERLUSCONI MARCELLO DELL'UTRI
(…)
Quindi lei non si stupì quando scoppiò il caso Ruby?
Assolutamente no. Un paio d’anni prima dello scoppio del bunga bunga io gli avevo detto: “Silvio, a te manca solo di andare al Quirinale ma devi smetterla di frequentare certe ragazzine, certe donne”. Non mi ascoltò. Purtroppo l’uomo è incorreggibile.
È vero che Berlusconi disse: “Se vado in politica mi mandano in galera, andranno a frugare tutte le carte, diranno che sono mafioso e mi faranno fallire”?
Certo che lo disse. Era un modo per rispondere a Confalonieri che era contrario alla sua discesa in campo. Silvio se l’è anche presa perché l’ho raccontata.
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EZIO CARTOTTO