SE CI SEI, BATTISTI UN COLPO - "SONO I DETONATORI. E QUESTA NOTTE I CARABINIERI SI SVEGLIERANNO CON QUESTE SUPPOSTE NEL CULO. E' GIUNTA L'ORA, COMPAGNO!."

Filippo Facci per Il Giornale


Per uno studio del caso Cesare Battisti. Seguono estratti dal suo romanzo autobiografico "L'ultimo sparo, un delinquente comune nella guerriglia urbana" (edizioni DeriveApprodi, 1998) nel quale il protagonista ripercorre le gesta dell'autore.

- Pagina 24: "Il mio difensore occhialuto si era dedicato anima e corpo a spiegarmi che io non ero un delinquente in galera, bensì un proletario in rivolta sequestrato dal regime. Per quanto mi riguardava non avevo nessuna difficoltà a crederlo, anzi mi chiedevo come mai non ci avessi pensato prima".

- Pagina 61: "Il direttore stava tirando su l'antenna della macchina. Era il momento. In due balzi gli fui addosso. Gli piantai la pistola in faccia. Incoraggiato dalle grida della moglie, iniziò a porre una maggiore resistenza, la donna assisteva all'esecuzione del marito, al terzo colpo, il direttore fece un giro completo su se stesso e non si mosse più". Dall'introduzione di Valerio Evangelisti: "Battisti non è affatto pentito: della storia non ci si pente".

- Pagina 38: "Sono i detonatori. E questa notte i carabinieri si sveglieranno con queste supposte nel culo. È giunta l'ora, compagno! La rivoluzione ricomincerà da Frattaglie sul Ticino".

- Pagina 24: "Appena fuori dal carcere ero andato direttamente nello scantinato dove sapevo che si riunivano quelli di Lotta Continua. A differenza della Gioventù comunista, lì si parlava d'insurrezione, del Che, di musica e di un sacco di altre cose. Senza contare che si potevano fumare gli spinelli in compagnia di ragazze che non facevano tante storie. Poi i fascisti avevano cominciato a massacrare chiunque di noi si avventurasse in centro. Dopodichè avevo ricontattato la mia vecchia banda e, dopo un paio di raid a mano armata, in piazza non era rimasta più traccia di Ray-Ban".

- Dall'introduzione di Valerio Evangelisti: "Quando chi nel 1977 era democristiano, o addirittura fascista, rivendica un percorso analogo a quello del Movimento, mi viene da sorridere, perchè il suo vissuto ludico non può essere stato simile al nostro".

- Pagina 45: "Quei deficienti del Movimento studentesco, degli stalinisti di merda. Invece di prendersela con Trotzkij dovrebbero sfondare il cranio ai baroni della Statale".

- Pagina 42: "Lei dice di odiare i maschi, è naturale, però fa dei pompini da infarto".

- Pagina 69: "Lo sbirro era passato al tu autoritario. Un buon clandestino a quel punto avrebbe dovuto sparargli in faccia e basta".

- Pagina 106: "Max era furioso. Voleva attaccare la Questura, far saltare il Parlamento, inculare il Papa e via di seguito".

- Pagina 32: "Quando mi chiese 3000 lire in più di quanto indicava il tassametro, mi sfiorò l'idea di spianargli la pistola sotto il naso e di farmi consegnare l'incasso. Ma Milano m'intimoriva ancora".



- Pagina 57: «Che ne dici di Alessandra? Mi è parso che ti faceva l'occhio dolce». «Ma è la donna di Stefano». «E allora? Che c'entra? la proprietà è un furto, soprattutto quella degli altri, compagno».

- Pagina 38: "Col pretesto di una pisciata andai in fondo al giardino, dove vomitai mezzo salame e un litro di vino".

- Pagina 104: "L'azione prevedeva solo una punizione, misurata, senza spargimento di sangue, contro il «cittadino che si fa Stato», così chiamavamo i grassi commercianti. Ma lo «sceriffo» reagì sparando all'impazzata, ferendo gravemente un passante. I compagni furono costretti ad abbatterlo".

- Pagina 13, inizio del romanzo: "Diocane, ce li abbiamo già sul culo! Avremmo dovuto fregare delle biciclette, inculati, ecco diocane, fottuti come deficienti per quattro lire che non bastano neanche per l'avvocato".

- Pagina 31: "Il Centro Sociale Monteverdi non poteva che trovarsi nella via omonima. La puttana a cui chiesi l'informazione aveva la faccia biliosa e le cosce come due pagnotte di pane infilate in un collant. "Qui non c'è plastica, né un cazzo attaccato con lo scotch in mezzo alle chiappe, se è quello che cerchi!".

- Dall'introduzione di Valerio Evangelisti: "La società non riusciva ad afferrare l'umanità di fondo di cui masse di fondo erano portatrici. Reagì con impaccio e con rabbia. Ebbe la risposta che in fondo si era andata a cercare".

- Pagina 43: "Un vero delinquente sfugge il dubbio come la peste, e si lancia nell'inferno, con la paura che gli serra la gola ogni volta che si cala il passamontagna. Ma qui, con gente che aveva le palle di sfidare lo Stato, I miei valori potevo anche mettermeli nel culo".

- Pagina 125: "Al carcere di Ceriola la domenica si mangiava fettuccine all'uovo con i rigagli e abbacchio al forno".

- Pagina 102: "La vedevo dondolarsi sui tacchi, sembrava un'innocua signora borghese impugnai la Browning, feci fuoco. Continuai a premere il grilletto ma non la vedevo più. Non stavo sparando a una donna ma a una sagoma, una figura inanimata dai contorni confusi che finì per abbattersi al suolo. Un getto di saliva mi innaffiò la bocca. Allora mi resi conto che impugnavo la pistola a due mani e che stavo facendo un giro completo su me stesso".

- Dall'introduzione di Valerio Evangelisti: "Anni di cui, in Italia, è ancora difficile parlare, a meno di non rendere omaggio alle fumisterie di complotti inesistenti o di spargere lacrime di contrizioni. Battisti è un tipo poco incline al piagnisteo, e poco disposto a chiedere perdono per sé o per altri. La luce che gli brilla negli occhi, dopo oltre un quindicennio di sofferenze e di fughe, è ancora quella del sarcasmo".

- Pagina 90: "Gli altri avevano già arraffato il malloppo. Gli eroi, però, hanno diritto a una cena premio. Non nella solita trattoria torcibudella, ma in un ristorante vero. Facendo però attenzione a non ordinare piatti troppo cari, giacchè i soldi di un esproprio appartengono al proletariato e i proletari aborriscono il lusso. Era stato messo a segno un colpo contro il Capitale, c'era di che essere euforici. Malgrado tutta la buona volontà, verso la fine della cena il senso civico cominciò a sfumare, l'avvio alle ostilità fu un aristocratico dessert. E la goccia che fece traboccare il vaso fu la grappa servita in un ditale, ordinata per un brindisi ai compagni che avevano lasciato poche ore prima nella cella della Questura. Insomma, ce n'era abbastanza per demolire il covo borghese".


Dagospia 16 Marzo 2004