SCARTI DI "MAGAZINE" E SOTTILETTE DI SOTIS
ROMA E MILANO IN FESTA PER IL NUOVO SUPPLEMENTO DEL CORRIERE
GRANDE ASSENTE, PAOLO MIELI: LA VERA VITTIMA DEL RESTYLING DI FOLLI

Reportage di Umberto Pizzi




Novecentomila copie, 90 mila più dell'ultimo numero di "Sette" buonanima: tanto ha venduto il primo numero del nuovo "Magazine" del Corriere della Sera che inalberava l'immagine di Kofi Annan, più triste di un piatto di verdure lesse. E' tanto? E' poco? I paperoni Rcs sembravano soddisfatti giovedì sera, tanto da offrire la cifra in anteprima agli oltre duecento invitati chiamati a festeggiare la nascita del settimanale nella sontuosa cornice di villa Aurelia, nel cuore del Gianicolo.

Delle 90 mila copie in più, agli invitati, non fregava una mazza, of course. Più interessati a spettegolare sulle rubriche nuove e antiche. Ad esempio, la Fregonara e la Meli costrette a dividersi un centimetro quadrato. Il ritorno delle paGelline di Paolo Conti. Biagi che è andato ad occupare l'ultima pagina, fino a "Sette" spazio della Palomba, che è finita nel mucchione di inizio. A parte le stronzatine di gelosia autoreferenziale, il fatto davvero nuovo del "Magazine" è la "de-mielizzazione" voluta da Folli de' Follis.

A una domanda su "Sette", Quirinal Folli ha risposto testualmente: "Mi piaceva meno, pensavo che avesse fatto il suo tempo. Questo nuovo Magazine rappresenta il meglio il giornalismo del Corriere". Come dire: a differenza di "Sette", che rappresentava solo il giornalismo ammanicato di Paolino Mieli (che si è ben guardato di partecipare al suo "funerale"). Maria Luisa Agnese, poverina, stretta tra due fuochi fatui, ha abbozzato, limitandosi a sorridere sulla nuova formula: "C'è chi temeva che potesse essere una palla.". Una palla no, ma un ottimo sedativo prima di coricarsi sì.

Con canonico ritardo romano di un'ora (l'appuntamento era per le 20), il ballerino dell'Ulivo GiovanniFloris ha introdotto di tacco e di punta la chiacchierata con gli ospiti illustri, tra i quali Maurizio Romiti (Cesarone era in platea), Maria LuisaAgnese e StefanoFolli. Sullo schermone eretto dietro il tavolo passavano a ripetizione le immagini di Kerry e Zapatero, e per un attimo qualcuno s'è chiesto se la scelta fosse esclusivamente giornalistica o anche un po' politica. Per tutti gli altri, invece, era proprio il contesto visivo ideale per il Triciclo: "Mancano solo Fassino e Prodi.". In compenso, è arrivata - dopo "Otto e mezzo" - la Palombelli.

Il nuovo "maschile targhettato" (da target), così è stato definito, cerca un pubblico diverso. La parola d'ordine è: sobrietà, copertine in bianco e nero, pochi titoli, meno chiacchiere autoreferenziali sul mondo dei giornalisti, l'ambizione di spiegare i fatti internazionali secondo la tradizione carrierista, bla-bla-bla. Floris, in gran forma, ha fatto qualche battuta sul "maschile", inteso come genere editoriale ("Il maschile è questo, non è mica Playboy"), e poi tutti a cena, con splendida vista su Roma.

Tra gli svippati, Francesco Alberoni (con cappellino di pelle e capelli sempre più marroni) e signora (in biondo e rosso), Stefano Disegni (confuso con Vincino), molti giornalisti di altre testate (Luca Telese de "Il Giornale", Paolo Forcellini dell'"Espresso"), vari Corrieristi (Paolo Franchi, Francesco Verderami), Marco Demarco (direttore del "Corriere del Mezzogiorno").

Se a Roma Cesare Romiti aveva al fianco - come badante - la curvacela Anna Coliva con zip assassina, a Milano il Presidente Rcs sciabolava una ringiovanita Chiara Boni. Il tema era lo stesso: scodellare il nuovo supplemento che, una volta sfogliato, è stato subito ribattezzato "scarti di magazine" per gli evidenti debiti nei confronti di tanti altri allegati, "Venerdì" di Repubblica compreso (che è tutto dire). Il festone aveva luogo al Gilly Cube, una tensostruttura di proprietà di Salvatore Ligresti che sarà presto sbaraccata per far posto a un grattacielo.

Sotto il tendone di 1200 metri quadri, spettacolino circensi con balletti da tagliarsi le vene o accendere Italia Uno a vita. Poi la solita Milano in preda alle invidie. Sono tutti in crisi ma non di rivalità. Così, mentre Emporio Armani, in maglietta d'ordinanza da marinaretto, si faceva flagellare dai flash dei paparazzi, chi ti arriva? Dolcetto & Gabbanella, due stilisti che non hanno alcun piacere a intrattenersi con il "meraviglioso Giorgio". Né avevano voglia di passare inosservati, a causa dalla ressa intorno al principe dell'ago e della noia.

Quindi, solerti press-agent hanno stoppato il duo meraviglia della moda picchiatella, accompagnandoli in uno stanzino, affinché scemasse l'esultanza paparazza nei confronti di Armani. Il quale è andato subito a rendere omaggio a Krizia, che inalberava un paio di occhialoni antirughe da nonna dei Blues Brothers.

Il via vai era degli invitati era incessante perché, a far concorrenza al neonato del Corrierone, ci aveva pensato Lina Sotis, convocando al bar Giamaica di Brera le mejo truppe radical-chic di Milano-bene per la presentazione della sua ultima fatica letteraria ("A me piace quella lì", Rizzoli). Che brividi e che lividi trovarsi nel triangolo-bar di Brera mescolati con la gente comune, vu cumprà compresi. Comunque, il vero trionfatore della serata meneghina si chiama Umberto Pizzi. Partito in treno, come Totò e Peppino, a caccia di Cafonal padani è stato festeggiato come una star (vedi foto.)


Dagospia 14 Maggio 2004