CIRCO MASSIMO, MASSIMO CASINO: TUTTI GLI SCUDETTI ARRIVANO AL PETTINE

All'inizio, Dagospia ha messo in luce la farsa del Circo Massimo. Ma come, la "Maggica" vince, dopo 18 anni, lo scudetto e la squadra, quasi al completo, diserta il festone? Assente il simpatico allenatore Fabio Capello; lontani i carioca Aldair, Zago, Assuncao, Cafu, Emerson; non pervenuti Tommasi e Di Francesco, chissà dove erano finiti Mangone e Rinaldi e Guigou. I soli presenti allo show autopromozionale di Antonello Venditti erano Totti e Montella, Zebina e Candela, più un quartetto di riserve.

Invece, mentre un milione di tifosi lo acclamavano tra le rovine di Roma, Batistuta - in compagnia del sodale Marco Del Vecchio - è andato a rovinarsi "due spaghetti alla buciona" al ristorante Il Fontanone sulla Cristoforo Colombo - lo stesso dove il compagno di squadra Zago, un mesetto fa, è stato preso a schiaffi da un gruppetto di teppisti laziali.
Una spaccatura all'interno della squadra alimentata da un'intervista sanamente coatta di Pupone Totti sul Messaggero che dice candidamente al giornalista Roberto Renga che Montella è più forte di Batistuta e soprattutto sparacchia a zero contro Capello e la combriccola dei di lui assistenti.

Ecco i brani salienti:
"Ancora Capello. Lite sfiorata alla vigilia dei campionati europei, quando il tecnico avrebbe voluto Totti a New York per un'amichevole, mentre il giocatore preferì curarsi in vista della Nazionale. Si sono rivisti all'inizio di questa stagione, dopo un'estate di silenzio.
Come andarono le cose? Capello la chiamò...
«E parlammo. Lui mi disse che quella storia non l'aveva gradita per niente. Io gli spiegai che gli Europei mi sembravano più importanti di una partita in America. Il viaggio mi avrebbe impedito di partecipare: quando avrei curato la caviglia?».

E lui?

«Sei impermeabile alle critiche, mi disse. Proprio così: mi dette dell'impermeabile».

Rispose?
«Risposi. Testualmente: d'ora in poi, lei allenatore e io giocatore, il nostro rapporto sarà questo».
Lo è stato?
«Lo è stato. Sino all'ultimo. Una volta soltanto gli ho fatto una domanda. Dopo la seconda sostituzione, quella che non mi aveva convinto».
Che cosa gli chiese?
Volevo sapere i motivi della sostituzione. Lui mi disse che c'erano esclusivamente motivi tecnici, ma non mi convinse del tutto, perché secondo me quella volta altri stavano andando peggio di me. Scaramanzia, forse. Comunque a Bari non mi ha sostituito e neppure con il Napoli...».

E lei ha fatto i gol decisivi, a Napoli e contro il Parma. Che cosa, secondo lei, la divide da Capello?
«Ho la sensazione che qualche suo collaboratore abbia sparlato di me».
Ma dai...
«Anzi, puntualizzo: so di chi si tratta».
Ha mai sentito?
«In faccia? No, questo mai».
E che cosa mai potrebbero dire di uno che viene unanimemente considerato il miglior calciatore d'Italia?
«Che sono uno scansafatiche, un nullafacente, indolente e che ho un sederone e, via diciamolo: che sono un romano. La stranezza, però, consiste nel fatto che ero il capitano. Dunque, in teoria, mi dovevano stimare. Lo sa, vero, che prima degli Europei io ero già fuori?».
Nei bar-sport della capitale si parla solo della "Tragica" Roma post-scudetto. E Ieri, un altro tassello viene aggiunto dal quotidiano di via del Tritone. Si legge nell'eccellente rubrica "Una voce poco fa": "A Roma circolano due domande: perché al Circo Massimo non c'era Carlo Zampa, voce ufficiale della Roma? Perchè i giocatori della Roma non si filano più Antonello Venditti?
Prima risposta: Zampa non è stato invitato.
Seconda: Venditti il 4 aprile al Pescatore di Ostia venne invitato a cantare nel corso della cena di compleanno di Emerson.
Venditti, a quanto si racconta, avrebbe accennato quattro note di "Ci vorrebbe un amico" e poi lasciato perdere: non è una cosa seria, avrebbe detto fissando Batistuta, io sono un professionista... E avrebbe abbandonato il pianoforte, accolto dal gelo e dall'indifferenza dei romanisti, che domenica avrebbero restituito il favore dandogli le spalle".

E tanto per completare l'opera di contro-scudetto, a pagina 2 del Messaggero di ieri, sbuca un box dal seguente titolo: "In Borsa la Roma recupera ma si scopre che Sensi ha venduto azioni per 18 miliardi". "Dalle comunicazioni della Consob, l'autorità di controllo del mercato", osserva il quotidiano di Francesco Gaetano Caltagirone (aspirante sostituto di Sensi), "si apprende che non solo i risparmiatori hanno approfittato dei massimi raggiunti dalla Roma sulle scommesse di vittoria dello scudetto. Solo qualche giorno prima della partita con il Parma il presidente Sensi ha venduto un milione 450 mila azioni per un controvalore di 18 miliardi. La suo quota di controllo è così scesa dal 66 al 63,6%".

A questo punto vale la pena rispolverare un nostro Pissi Pissi del 18 giugno: "Ieri a fine giornata, malgrado il terzo scudetto sul petto, il titolo della Roma è curiosamente colato a picco: è stato fermato per eccesso di ribasso a 5,46 euro (-12,36 per cento) - addirittura meno del prezzo di collocamento del maggio 2000. Mini-quiz (malizioso) per la Consob.

Chi si può permettere di avere e quindi di smobilitare due-milioni-due di azioni della società di Franco Sensi, ricomprandole ovviamente oggi a prezzi da bancarella, guadagnandoci una bella botta di miliardi? I tifosi incazzati per lo scudetto? I giocatori in preda a magheggi di Borsa? Ah, saperlo..".

(Copyright Dagospia.com 29-06-2001)