L'OCCHIO DI OLGHINA - METTI UN GIORNO IN UN CIRCO DI PARIGI RICHARD AVEDON, LA MODELLA DOVIMA CHE SVIENE DAVANTI AI LEONI, L'ARRIVO DEGLI ELEFANTI E IL SADO-UMORISMO SULLA LOLLO.

Olghina di Robilant per Dagospia


Vedo sul Messaggero una grande foto dell'indossatrice Dovima con degli elefanti. Foto fatta da Richard Avedon (morto a 81 anni mentre lavorava per un servizio a Sant'Antonio in Texas) moltissimi anni fa. Un flash, un ricordo, un breve attimo di vita passata che mi torna alla memoria con vivacità. C'ero quando fu fatta quella foto.

Eravamo in un circo a Parigi. Era il '51 o '52. Nel circo si stava girando un colossal USA con Gina Lollobrigida. Il press agent del film, Michael Mindlin, era amico mio e mi fece assistere a quelle riprese. Era anche amico di Avedon che lavorava in uno studio a Parigi ed un giorno mi portò da Avedon dove trascorsi un pomeriggio osservando il grande fotografo all'opera.

Aveva i capelli bianchi anche se giovane, non so se fosse albino o si tingesse di bianco la chioma. Aveva la mania del bianco. Lo studio sembrava una nicchia del Polo Nord. Bianchi i teli stesi per terra e sulle pareti, bianchi i mobili, bianca la camicia ed i pantaloni di Richard Avedon, bianchissima Dovima che sembrava un fantasma con un peplo bianco. "E' la modella più perfetta del mondo." disse Avedon di lei. "Non ha un volto preciso. Posso dipingerla a piacimento, farla diventare un Picasso, un Magritte, un Degas o quello che voglio. Senza trucco ha solo due buchi neri che sono gli occhi, una tela bianca sulla quale dipingere a piacimento."

Infatti la truccò insieme al truccatore e ne sortì una donna diversa con ombretto scurissimo intorno agli occhi, folte sopraciglia, labbra rosse scurissime quasi nere e chiome lunghe che l'avvolgevano come una figura liberty. Addossata alla finestra sembrava una vetrata art déco. "Ma non è questo che voglio. Cosa potrei fare di diverso qui a Parigi senza usare i soliti fondali turistici?" borbottò Avedon. Fu Michael a suggerire: " Io sto lavorando in un circo con un filmone, si potrebbe usare il Circo, gli animali del Circo, che te ne pare?"

"Fantastico!" esultò Avedon. "Organizzalo e verrò con Dovima per fare delle prove. Ci sono leoni docili suppongo?" Michael fece spallucce " presumo di si, c'è un domatore. Te lo saprò dire." L'indomani mi recai con Michael nel bestiario del Circo per parlare col domatore. Si trattava di un servizio di alta moda importante, non contava il prezzo, si potevano fare delle foto coi leoni?. Il domatore fu subito ottimista e ci portò a visitare i leoni.

C'erano, in una gabbia, tre leoncini di qualche mese. Il domatore li definì gattoni ma erano grossi quanto un pony. Giocavano. "Questi sono pericolosi?" domandai "Noo, nossignora. Questi sarebbero perfetti per un buon servizio fotografico. Entri pure, non abbia paura, ci sono anch'io." Entrai dunque nella gabbia e i tre leoncini presero a giocare col domatore e dopo un po' anche con me. Non facevano le fusa ma si accostavano per farsi coccolare, si appoggiavano e spingevano col muso, davano zampate morbide, mi buttarono per terra e si rotolarono con me. Ridevo. Feci amicizia. Infine tornammo da Avedon per dirgli che c'erano tre leoncini docilissimi.

"Perfetto!" esclamò il fotografo e si concordò il giorno e l'ora per le foto con Dovima, la quale però era meno entusiasta. "Io non sono portata per gli animali. Mi fanno tutti paura" si lamentava. Nessuno le diede retta. Il giorno stabilito accompagnai il gruppo al Circo per seguire il servizio fotografico. Dovima indossava un abito nero e lungo di Dior con una fascia bianca davanti. Il domatore la fece entrare nella gabbia con i leoncini e fu subito tragedia.



Dovima non aveva 'feeling' per le bestie. Si mise immediatamente sulla difensiva coprendosi con le braccia e lanciando urletti. Uno dei leoncini immaginò si trattasse di un nuovo gioco e ruggì saltandole addosso. Dovima cadde. Il leoncino le mise uno zampone sul braccio, senza estrarre le unghie per fortuna, e Dovima svenne.

Il domatore ebbe il suo daffare per sottrarre i leoncini da quello strano pupazzo. Avedon strillava, Michael cercava un medico, io non facevo niente, guardavo e ahimé mi scappava da ridere. Portata in salvo Dovima si riebbe e non smise per alcune ore di lamentarsi. Ci volle tutta l'autorità ed il caratteraccio di Avedon per calmarla e per riportarla al lavoro. Non con i leoni però, non se ne parlava nemmeno, Dovima su questo era irremovibile.

Si passò quindi agli elefanti ed infine iniziò il servizio, Avedon cliccava, si inginocchiava, correva, sistemava il fondale, aveva modi un po' felliniani di dirigere quel lavoro. Gli elefanti, con un diverso domatore, eseguivano tranquilli allineandosi e sollevando le proboscidi. Dovima tremava come una foglia e Avedon gridava che era come fotografare un volo di farfalle e che doveva fermare l'azione con scatti troppo veloci e quindi troppa luce. Finirono a tarda sera con i fari accesi dell'attrezzatura di Avedon più quelli del Circo più il flash.

Quella notte finimmo a cena in un bistrò Michael, Avedon ed io. Dovima no, era fuggita subito per riprendersi a casa sua con le sue bottigliette di tranquillanti e tutto un armamentario farmaceutico di aspetto sinistro. I discorsi di Avedon durante la cena non furono pietosi nei confronti del sesso femminile. Sapeva immortalare le donne come icone e madonne, come dei Modigliani (vedi la famosa foto di Marella Caracciolo col collo lunghissimo) e delle sante ma non le amava.

Non volli discutere con lui perché francamente mi metteva soggezione e la sua fama di fotografo era già enorme, mi impressionò il suo carattere, la sua autorità un po' isterica, il suo odio/amore per quella che era anche una parte della sua personalità e della sua natura; il suo lato femminile. E mi rimase impressa la sua mania 'sbiancante' quasi desiderasse ripulire e rendere candido un mondo intriso di oscurità.

E che dire del suo umorismo cinico e quasi sadico? In tre parole buttava giù qualsiasi mito o gigante. Fece una sintesi impietosa e divertentissima del film in lavorazione, che aveva appena sbirciato, della Lollo, dei divi e di tutto il mondo cinematografico. Ridemmo.
Disse infine "good night countess" senza ironia. Avevo appena 18 anni. Era anche uno snob. Ma era un genio con la macchina fotografica.

Com'è strano ritrovare proprio quella foto, a più di mezzo secolo di distanza, sul quotidiano romano ed il 'coccodrillo' che riguarda il suo decesso. Coincidenze. Fili sottili che si mangiano il tempo. Manderò la foto a Michael Mindlin che è oggi produttore e vive a Los Angeles. Altri ricordi riaffioreranno.


Dagospia 04 Ottobre 2004