VENEZIA IN GONDOLA - CROFF CHE VUOLE LASCIARE A MÜLLER SOLO LA SCELTA DEI FILM. CROFF CHE VUOLE PRIVATIZZARE LA MOSTRA, CONTRO URBANI - E' TUTTO SBAGLIATO DICE GIOVANNI VOLPI: "PER RILANCIARE LA MOSTRA SERVE LA FORMULA OSCAR".
Al fondatore della Mostra di Venezia - Giuseppe Volpi, conte di Misurata - s'intitolano le coppe per gli attori. Erede di questa grande tradizione, il figlio Giovanni osserva i dissidi che ancora turbano la Mostra: il presidente della Biennale, Davide Croff, vuole lasciare al direttore della Mostra, Marco Müller, solo la scelta dei film; e privatizzare la Mostra, contro il ministro Giuliano Urbani.
Nomi nuovi, dispute vecchie. Nel giardino della villa alla Giudecca, il conte Giovanni Volpi mi dice: "Prego perché le divergenze sulla Mostra non siano gravi come sembrano."
Questo suo amor di Mostra è comune a Venezia?
"No. Mi pare di essere ormai il solo a tenerci davvero."
Amareggiato?
Sì. Qualunque città avesse una manifestazione come la Mostra - la prima internazionale nella storia del cinema - la difenderebbe con le unghie e coi denti."
Invece?
"Invece per mezzo secolo la prolissa apatia veneziana si è sommata ai diktat romani."
Venezia non reagisce?
"I veneziani si sono abituati alla Mostra come a un mobile vecchio: pazienza se è tarlato."
Venezia non reagisce nemmeno se si parla di trasferirla o abolirla?
"Si lamenta flebilmente. Pensi se qualcuno s'azzardasse a dire qualcosa del genere del Festival di Cannes! Gli albergatori locali si farebbero minacciosamente sentire a Parigi."
Gli albergatori veneziani non fanno lo stesso a Roma?
"No, perché comunque riempiono gli alberghi. Venezia è viziata dalla sua inaffondabilità. In tutti i sensi, Mostra compresa. Che comunque si ripete, come il miracolo di San Gennaro, per citare Kezich."
Ai veneziani basta?
"Sì. E non mi credono quando dico che a Hollywood taluni ormai ignorano che la Mostra esista ancora."
Ma l'anno scorso la Coppa Volpi è andata - per la seconda volta a Sean Penn!
"Ma lui non voleva nemmeno scendere dal letto per salire sul palco! Per pigrizia. Secondo Penn, un premio a Venezia ha un'eco solo italiana. Quando era stato premiato a Cannes, invece, si era precipitato."
Che altro non va a Venezia?
"Dovrei parlarle per una giornata.."
Mi dica la prima cosa che le viene in mente.
"Per rimanere in tema, l'ex casinò solo in parte serve una Mostra priva di spazio, mentre potrebbe ospitare il mercato del fim."
Chi controlla l'ex casinò?
"Il Comune."
Chi controlla il palazzo della Mostra?
"Il Comune."
Perché Comune e Mostra non s'intendono?
"Il Comune si dice a disposizione della Mostra, ma.."
Ma?
"Ogni volta che la Mostra chiede qualcosa, alla Mostra il Comune risponde: "Volete l'impossibile!""
Insomma, un altro paradosso.
"Non si stupisca: Venezia è un unico, gigantesco Comma 22."
Una patologia?
"Una metastasi."
Originata da.
".Dalla mentalità dell'ultimo mezzo secolo."
Impostasi.
".Grazie alla politica e alla stampa locali."
Nomi.
"Gli ultimi sindaci - Cacciari e Costa - hanno avuto la sfortuna di ereditare uno sfascio di mentalità."
Vale anche per gli ultimi presidenti della Biennale?
"Sì. Davide Croff ha ereditato una cinquantina di dipendenti, allevati fra lottizzazione politica e impiego garantito, che si sentono intoccabili."
Non è solo il caso della Biennale.
"Ma la Biennale ha una specificità. Solo nominalmente è un'istituzione culturale: alberga, non fa cultura."
Albergare in una città alberghiera è duro?
"Non dovrebbe esserlo, ma da tempo anche questo si fa alla carlona.'
E i direttori della Mostra.
"Müller ha ereditato una Mostra ancora tenuta a improvvisare."
Da che cosa?
"Dal contesto."
Perciò i direttori sono effimeri?
"Appena nominati, diventano oggetti di un tiro al bersaglio e vengono sostituiti. E il gioco ricomincia. Invece Gilles Jacob è alla testa del Festival di Cannes da un quarto di secolo. Jacob fa bene il suo mestiere, comunque è meglio una cattiva direzione che la discontinuità."
Potendo, lei che cosa farebbe per la Mostra?
"Imporrei una disciplina da capo-stazione svizzero."
Capostazione Volpi, meno film e più puntualità nel programmarli?
"Certamente. Ma prima occorre mirare i premi, dopo limitare i film. In qualche anno si recupererebbe la credibilità perduta e i buoni film costosi accetterebbero il concorso, anziché prendere la Mostra solo come una vetrina pubblicitaria."
Requisiti del direttore ideale?
"Il fiuto di Orson Welles."
Ma alla Mostra di suo padre veniva il suo nemico, Hearst!
"Quelle Mostre d'anteguerra (e alcune degli anni Cinquanta), i cui film sono diventati classici, erano dirette da Ottavio Croze, gioielliere, capace di organizzare Mostre."
Avendo Giuseppe Volpi alle spalle, però! Ma mi dica delle giurie.
"Dovrebbero essere politicamente miste, mentre oggi non lo sono quasi mai."
Basterebbe questo?
"I giurati italiani non dovrebbero vessare gli altri per imporre film italiani."
Ogni anno giurati e giornali italiani ci provano. Ogni anno falliscono. Ogni anno segue il piagnisteo.
"Non è per invidia che gli altri ci negano i premi, come facciamo credere. Che senso avrebbe poi darceli da noi?"
Altri suggerimenti?
"Mi lasci precisare sui premi. Basta motivazioni come: "Il film traduce in suggestive immagini l'angoscia esistenziale di una generazione." Questo è solo un modo di confondere il pubblico."
Lei motiverebbe?
"Io non motiverei."
Dunque?
"Miglior film, miglior sceneggiatura, miglior attore, miglior attrice, miglior fotografia. E basta."
Gli Oscar del Lido, dunque?
"Sì."
E pochi film in concorso, così che l'ammissione sia prestigiosa come la "nomina" per l'Oscar?
"Alla giuria va data una missione precisa, in modo che le regole del gioco siano chiare per tutti. Anche i film di valore, costosi o no, accetterebbero allora di partecipare. Anche se perdessero, sarebbe contro film di pari livello, come era una volta."
Berlino e Cannes non seguirebbero.
"Perché vogliono tenere i piedi in più staffe. Ma per accontentare tutti, non soddisfano nessuno."
DINASTIA VOLPI - GIUSEPPE, IL PADRE-FONDATORE CHE DISSE NO A MUSSOLINI
Giuseppe Volpi (1877-1947) fonda la Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Nel 1932 Volpi ha già fondato la Società adriatica di elettricità (Sade), ideato Porto Marghera e nel 1938 diverrà presidente delle Assicurazioni Generali. All'intensa attività economica di Volpi s'è affiancata quella politica: Negoziatore per il Regno d'Italia del trattato di pace con l'Impero ottomano, concluso a Ouchy, che sancisce la conquista della Libia, Volpi partecipa nel 1919 alla conferenza di pace con la Germania a Versailles; nel 1922 a quella con il Regno di Jugoslavia a Rapallo che regola la questione di Fiume. Dal 1921 al 1925, governatore in Libia, riconquista la città divenuta centro della resistenza araba e il Re Vittorio Emanuele III gli conferisce il titolo di conte di Misurata. Quindi ministro delle Finanze e presidente della Confindustria, Volpi è un "principe-mercante," come lo definirà Sergio Romano in Giuseppe Volpi, industria e finanza tra Giolitti e Mussolini (Bompiani, 1979). Per Fabrizio Sarazani, che l'ha conosciuto bene, Volpi è L'ultimo doge (Edizioni del Borghese, 1972). Principe romano, ma anche critico e sceneggiatore, Sarazani è il più dettagliato nel descrivere il ruolo di Volpi alla Mostra e l'indipendenza politica di cui essa godeva. Significativo l'episodio della Grande iIllusione di Jean Renoir, ammesso in concorso nel 1937, ma contestato ala fine della proiezione perché espressione del Fronte popolare al potere in Francia e pacifista. Informato da Sarazani dell'accaduto, Volpi telefona a Mussolini, che pone fine alle discussioni: La grande illusione avrà il premio della giuria.
Dagospia 15 Novembre 2004