DON FINOCCHIO - QUANDO LA CHIESA SI METTE NEI GAY - LA STORIA DEL CATTOLICESIMO OMOFILO, DA LEONE X ("MORÌ EL MESCHINO PER FOTTER TROPPO IN CUL UN SUO RAGAZZO") A DON BOSCO ("I GIOVANETTI SONO LA DELIZIA DI GESÙ E MARIA. SOLTANTO LORO").
Mattia Feltri per La Stampa
«Credo che due persone dello stesso sesso possono scambiarsi affettuosità e usare una terminologia prettamente erotica», disse cinque anni fa don Gianni Baget Bozzo in un'intervista al Foglio. E nella circostanza sostenne che l'omosessualità non è incompatibile nemmeno con la santità. Oggi don Gianni preferisce non aggiungere altro, «anche perché il documento non è ancora uscito, nessuno di noi l'ha letto e può commentarlo». Del documento cui fa cenno si parla da qualche mese. L'ultimo ad annunciarlo è stato, sul New York Times, un esponente anonimo del Vaticano che ha confermato l'intenzione del Papa di vietare il sacerdozio agli omosessuali.
Il problema si pone perché proprio Joseph Ratzinger, nel 1986, scrisse: «Le persone omosessuali sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità». E questo è il cuore del ragionamento di Baget Bozzo: l'omoerotismo, se casto, non può essere peccaminoso, e del resto i sacerdoti fanno voto di castità. Poi ci sono le tendenze. E infatti si propone spesso il brano di una lettera scritta da Sant'Anselmo al novizio Lanzone nel primo secolo del secondo millennio: «Benché infatti io ti ami molto e desideri che tu sia unito a me, vivendo con me, pure il mio desiderio più grande è che tu sia indissolubilmente unito a dei buoni costumi».
Se un santo manifestò così serenamente i suoi sentimenti omosessuali, o almeno omofili, perché ora la Santa Sede intende condannarli, anche se non evoluti a rapporto carnale? Il peccato, semmai, è che i rappresentanti del clero non intendano parlarne. Don Domenico Pezzini, per esempio, preferisce tacere per scarsa fiducia nella stampa. Lui, però, ha fondato a Milano un gruppo di gay cattolici, ed è autore di «Alle porte di Sion. Voci di omosessuali credenti», un libro con la testimonianza di ventinove omosessuali fra cui due preti. Don Pezzini ha il sostegno del cardinale Carlo Maria Martini e di monsignor Gianfranco Ravasi, che hanno spesso definito gli omosessuali «figli dell'amore di Dio».
Il pallino rimane così nella mani di alcuni teologi. Dello spagnolo Benjamìn Forcano, per esempio, sostenitore dell'assenza nella Bibbia di biasimo alla condizione omosessuale. O di Ausilia Riggi Pignata (lei si definisce «studiosa di teologia mistica»). Ausilia Riggi, siciliana, creò scandalo sposando un ex prete, Giacomo Pignata. Oggi, sulla nuova posizione papale, dice: «Non capisco perché la Chiesa dovrebbe escludere gli omosessuali dal momento che essa attualmente esige il celibato e cioè il non-matrimonio di persone di sesso maschile. So che ci sono omosessuali e lesbiche. I primi sono uomini con alcune caratteristiche. Se questi accettano di astenersi dall'uso della sessualità come sono tenuti a fare tutti i preti, non vedo perché dovrebbe essere impedito loro di esplicare il ministero».
Il punto, secondo Giovanni Felice Mapelli, voce di Radio Radicale e coordinatore del Centro ecumenico del Centro studi teologici di Milano, è «la visione così celibatoria e casticocentrica della Chiesa». Cioè, lascia intendere, l'ossessione per la verginità. «Fino a qualche tempo fa si chiedeva agli omosessuali di negarsi. Di non dire niente: non dichiarare e non ti sarà chiesto. Certo, ora c'è il problema drammatico dei preti pedofili, ma così si arriva alla pretesa di negare che gli omosessuali con la vocazione sono stati chiamati da Dio. E' pericoloso, perché allora bisognerebbe avere il coraggio di togliere i santi dal calendario». Mapelli non si riferisce soltanto a Sant'Anselmo, ma anche a San Sebastiano (di cui è devoto Antonio Fazio), «sospettato di essersi innamorato di un soldato romano», e a Bernardo di Chiaravalle, «che ai novizi scriveva lettere piene di omofilia».
Altro rischio pare quello di tirare in ballo lo Spirito Santo, visto il numero di papi supposti omosessuali, e nemmeno tanto astinenti. Lo storico gay Giovanni Dall'Orto ne indica quattro: Giulio II e III, Leone X e Sisto IV. Di Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico, parla Francesco Guicciardini: «Credettesi per molti, nel primo tempo del pontificato, che e' fusse castissimo; ma si scoperse poi dedito eccessivamente, e ogni dì più senza vergogna, in quegli piaceri che con onestà non si possono nominare». E in una «pasquinata» del 1521 (anno della sua morte) si disse con gran disinvoltura: «Morì el meschino, e non te dir bugia / per fotter troppo in cul un suo ragazzo».
Probabilmente non era tanto questione di tempi bui (nel 1532 Giulio III nominò cardinale un diciassettenne). Quando, nel 1976, Paolo VI dichiarò «disordinata» la condizione omosessuale, lo scandaloso scrittore Roger Peyrefitte, membro dell'Accademia di Francia, scrisse che il pontefice non aveva diritto di sostenerlo, viste le sue particolarissime amicizie. «Cose orribili e calunniose vengono dette sul mio conto», si lamentò il papa, anche perché il suo presunto amante fu individuato in Paolo Carlini, attore di seconda fila già compagno di Raffaella Carrà.
E Guido Ceronetti, una delle grandi firme della Stampa, scrisse di un altro e recente santo: «C'è un documento iconografico notevole di questa "affettività di languore": la confessione davanti al fotografo, in bella posa, del chierichetto Paolo Albera, tra altri preti e ragazzi. Don Bosco aveva voluto che gli poggiasse la fronte sull'orecchio. Questo intenerimento non andava che ai "giovanetti"; aveva un vero orrore del contatto femminile... Nessun santo ha lasciato, come ultime parole scritte di suo pugno, un pensiero così strano come don Bosco: "I giovanetti sono la delizia di Gesù e Maria". Soltanto loro».
Dagospia 26 Settembre 2005
«Credo che due persone dello stesso sesso possono scambiarsi affettuosità e usare una terminologia prettamente erotica», disse cinque anni fa don Gianni Baget Bozzo in un'intervista al Foglio. E nella circostanza sostenne che l'omosessualità non è incompatibile nemmeno con la santità. Oggi don Gianni preferisce non aggiungere altro, «anche perché il documento non è ancora uscito, nessuno di noi l'ha letto e può commentarlo». Del documento cui fa cenno si parla da qualche mese. L'ultimo ad annunciarlo è stato, sul New York Times, un esponente anonimo del Vaticano che ha confermato l'intenzione del Papa di vietare il sacerdozio agli omosessuali.
Il problema si pone perché proprio Joseph Ratzinger, nel 1986, scrisse: «Le persone omosessuali sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità». E questo è il cuore del ragionamento di Baget Bozzo: l'omoerotismo, se casto, non può essere peccaminoso, e del resto i sacerdoti fanno voto di castità. Poi ci sono le tendenze. E infatti si propone spesso il brano di una lettera scritta da Sant'Anselmo al novizio Lanzone nel primo secolo del secondo millennio: «Benché infatti io ti ami molto e desideri che tu sia unito a me, vivendo con me, pure il mio desiderio più grande è che tu sia indissolubilmente unito a dei buoni costumi».
Se un santo manifestò così serenamente i suoi sentimenti omosessuali, o almeno omofili, perché ora la Santa Sede intende condannarli, anche se non evoluti a rapporto carnale? Il peccato, semmai, è che i rappresentanti del clero non intendano parlarne. Don Domenico Pezzini, per esempio, preferisce tacere per scarsa fiducia nella stampa. Lui, però, ha fondato a Milano un gruppo di gay cattolici, ed è autore di «Alle porte di Sion. Voci di omosessuali credenti», un libro con la testimonianza di ventinove omosessuali fra cui due preti. Don Pezzini ha il sostegno del cardinale Carlo Maria Martini e di monsignor Gianfranco Ravasi, che hanno spesso definito gli omosessuali «figli dell'amore di Dio».
Il pallino rimane così nella mani di alcuni teologi. Dello spagnolo Benjamìn Forcano, per esempio, sostenitore dell'assenza nella Bibbia di biasimo alla condizione omosessuale. O di Ausilia Riggi Pignata (lei si definisce «studiosa di teologia mistica»). Ausilia Riggi, siciliana, creò scandalo sposando un ex prete, Giacomo Pignata. Oggi, sulla nuova posizione papale, dice: «Non capisco perché la Chiesa dovrebbe escludere gli omosessuali dal momento che essa attualmente esige il celibato e cioè il non-matrimonio di persone di sesso maschile. So che ci sono omosessuali e lesbiche. I primi sono uomini con alcune caratteristiche. Se questi accettano di astenersi dall'uso della sessualità come sono tenuti a fare tutti i preti, non vedo perché dovrebbe essere impedito loro di esplicare il ministero».
Il punto, secondo Giovanni Felice Mapelli, voce di Radio Radicale e coordinatore del Centro ecumenico del Centro studi teologici di Milano, è «la visione così celibatoria e casticocentrica della Chiesa». Cioè, lascia intendere, l'ossessione per la verginità. «Fino a qualche tempo fa si chiedeva agli omosessuali di negarsi. Di non dire niente: non dichiarare e non ti sarà chiesto. Certo, ora c'è il problema drammatico dei preti pedofili, ma così si arriva alla pretesa di negare che gli omosessuali con la vocazione sono stati chiamati da Dio. E' pericoloso, perché allora bisognerebbe avere il coraggio di togliere i santi dal calendario». Mapelli non si riferisce soltanto a Sant'Anselmo, ma anche a San Sebastiano (di cui è devoto Antonio Fazio), «sospettato di essersi innamorato di un soldato romano», e a Bernardo di Chiaravalle, «che ai novizi scriveva lettere piene di omofilia».
Altro rischio pare quello di tirare in ballo lo Spirito Santo, visto il numero di papi supposti omosessuali, e nemmeno tanto astinenti. Lo storico gay Giovanni Dall'Orto ne indica quattro: Giulio II e III, Leone X e Sisto IV. Di Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico, parla Francesco Guicciardini: «Credettesi per molti, nel primo tempo del pontificato, che e' fusse castissimo; ma si scoperse poi dedito eccessivamente, e ogni dì più senza vergogna, in quegli piaceri che con onestà non si possono nominare». E in una «pasquinata» del 1521 (anno della sua morte) si disse con gran disinvoltura: «Morì el meschino, e non te dir bugia / per fotter troppo in cul un suo ragazzo».
Probabilmente non era tanto questione di tempi bui (nel 1532 Giulio III nominò cardinale un diciassettenne). Quando, nel 1976, Paolo VI dichiarò «disordinata» la condizione omosessuale, lo scandaloso scrittore Roger Peyrefitte, membro dell'Accademia di Francia, scrisse che il pontefice non aveva diritto di sostenerlo, viste le sue particolarissime amicizie. «Cose orribili e calunniose vengono dette sul mio conto», si lamentò il papa, anche perché il suo presunto amante fu individuato in Paolo Carlini, attore di seconda fila già compagno di Raffaella Carrà.
E Guido Ceronetti, una delle grandi firme della Stampa, scrisse di un altro e recente santo: «C'è un documento iconografico notevole di questa "affettività di languore": la confessione davanti al fotografo, in bella posa, del chierichetto Paolo Albera, tra altri preti e ragazzi. Don Bosco aveva voluto che gli poggiasse la fronte sull'orecchio. Questo intenerimento non andava che ai "giovanetti"; aveva un vero orrore del contatto femminile... Nessun santo ha lasciato, come ultime parole scritte di suo pugno, un pensiero così strano come don Bosco: "I giovanetti sono la delizia di Gesù e Maria". Soltanto loro».
Dagospia 26 Settembre 2005