LO SPIRITO SARTO ABBANDONA MILANO, PIANETA DELLE SCIMMIE AGGHINDATE
LA MECCA DEL TAILLEURINO PERSA TRA STILISTI DEMENS E CELEBRO-LESI TREMENS
DITE A BOSSI CHE LE SCIURE SONO ORMAI PERVESTITE COME LE BUZZICONE ROMANE
LA MECCA DEL TAILLEURINO PERSA TRA STILISTI DEMENS E CELEBRO-LESI TREMENS
DITE A BOSSI CHE LE SCIURE SONO ORMAI PERVESTITE COME LE BUZZICONE ROMANE
Reportage di Umberto Pizzi da Milano - serata Tod's al Pac e serata africana al Castello Sforzesco
Ad ogni stagione la Milano modaiola promette eleganza, erotismo, sicurezza, potere, bellezza. Insomma, di realizzare sogni a cui pochi sanno resistere. Contemporaneamente però, con pura scemenza e bieca malvagità, le passerelle meneghine scodellano i fenomeni più incredibili, le immagini più pagliacce, numeri nazionali dello smandrappo. Da una parte, ogni vestaglia ha il suo rovescio. Dall'altra: continua su ogni giornale e telegiornale la leggenda del tormento creativo del grande stilista, della sua folgorazione improvvisa, della mutanda che si fa arte.
Per presentare, poi, l'ennesima discarica di aderenze da "viados del tramonto", ripidi scolli che piombano sull'osso sacro, violenta drammatizzazione del bottone, cuciture da maniaco sado-maso che creano ormai turbolenze solo nelle caserme e nelle celle? Aggiungere i soliti stivaletti da fuoristrada, gli immancabili calzoncini da fuoriporta, le antiche capigliature da fuori di testa.
In mezzo ci siamo noi che ci domandiamo attoniti: Da dove nasce la loro meravigliosa moda pronta, donna tonta? Da un viaggio a Disneyland? Da una visita al dentista? Dall'album di foto di Cicciolina? Da un viaggio a Torpignattara? Da quando piccini spiavano le puttane? Da una visione sotto acido di Star Trek?
E chissà dove è finita la mecca del tailleurino meneghino. Ricordate? L'oasi del formalismo blindato, l'isola del perbenismo chic, la fiera della vanità rigorosa e internazionale, il guardaroba dell'"Understatement" asettico e antipatico che si contrapponeva alla Roma scoreggiona delle militanti del "Brillocchi e profumi", delle seguaci esasperate del "Capriccio del Tappezziere", avanguardiste incuranti dell'"orlo del burino", inflazionata di "generone" con sedere ondaflex e tette tattiche, che perdevano bon ton da tutte le asole.
Quante ne abbiamo sentite, quante invettive abbiamo dovuto pazientemente sopportare! Rocco Barocco? Mamma mia, che impressione! che volgarità! che cattivo gusto! Oggi, visto quello che gettano sulle loro passerelle a cassonetto, gli altezzosi sarti milanesi dovrebbero pagare le royalties alle smanie barocche del sottovalutato Rocco.
Se i misteri della moda romana sono insondabili, i segnali lanciati dalle moda milanese sono allarmanti. La quantità delle loro stravaganze pornocizzate è ormai così vistosa da costringere a lunghe, punitive riflessioni attorno alla mutazione dell'etica lombarda e il contagio con la cotica capitolina. Certo, la moda si ispira alla realtà. Ma il problema è che la realtà milanese si ispira a una infettiva Estetica del Neo-Peggio, un terribile "Vestivamo alla smutandata", con il suo linguaggio, le imbastiture, le asole, i volants, gli oblò. Scambiando allegramente il Mercato della Moda per il Mercato della Carne, ecco una visione da "Caviale del tramonto", triste come un piatto di verdure lesse.
Aveva ragione la sartina Coco Chanel: "Bisogna parlare della moda con entusiasmo, ma senza demenza; e soprattutto senza poesia, senza letteratura. Un vestito non è né una tragedia né un quadro; è una deliziosa ed effimera creazione, non un'opera d'arte eterna. La moda deve morire e morire in fretta, affinché il commercio possa vivere". Meglio ancora lo scrittore André Suarès quando osservava:"La moda è la più eccellente delle farse, quella in cui nessuno ride perché tutti vi recitano".
Dagospia 30 Settembre 2005
Ad ogni stagione la Milano modaiola promette eleganza, erotismo, sicurezza, potere, bellezza. Insomma, di realizzare sogni a cui pochi sanno resistere. Contemporaneamente però, con pura scemenza e bieca malvagità, le passerelle meneghine scodellano i fenomeni più incredibili, le immagini più pagliacce, numeri nazionali dello smandrappo. Da una parte, ogni vestaglia ha il suo rovescio. Dall'altra: continua su ogni giornale e telegiornale la leggenda del tormento creativo del grande stilista, della sua folgorazione improvvisa, della mutanda che si fa arte.
Per presentare, poi, l'ennesima discarica di aderenze da "viados del tramonto", ripidi scolli che piombano sull'osso sacro, violenta drammatizzazione del bottone, cuciture da maniaco sado-maso che creano ormai turbolenze solo nelle caserme e nelle celle? Aggiungere i soliti stivaletti da fuoristrada, gli immancabili calzoncini da fuoriporta, le antiche capigliature da fuori di testa.
In mezzo ci siamo noi che ci domandiamo attoniti: Da dove nasce la loro meravigliosa moda pronta, donna tonta? Da un viaggio a Disneyland? Da una visita al dentista? Dall'album di foto di Cicciolina? Da un viaggio a Torpignattara? Da quando piccini spiavano le puttane? Da una visione sotto acido di Star Trek?
E chissà dove è finita la mecca del tailleurino meneghino. Ricordate? L'oasi del formalismo blindato, l'isola del perbenismo chic, la fiera della vanità rigorosa e internazionale, il guardaroba dell'"Understatement" asettico e antipatico che si contrapponeva alla Roma scoreggiona delle militanti del "Brillocchi e profumi", delle seguaci esasperate del "Capriccio del Tappezziere", avanguardiste incuranti dell'"orlo del burino", inflazionata di "generone" con sedere ondaflex e tette tattiche, che perdevano bon ton da tutte le asole.
Quante ne abbiamo sentite, quante invettive abbiamo dovuto pazientemente sopportare! Rocco Barocco? Mamma mia, che impressione! che volgarità! che cattivo gusto! Oggi, visto quello che gettano sulle loro passerelle a cassonetto, gli altezzosi sarti milanesi dovrebbero pagare le royalties alle smanie barocche del sottovalutato Rocco.
Se i misteri della moda romana sono insondabili, i segnali lanciati dalle moda milanese sono allarmanti. La quantità delle loro stravaganze pornocizzate è ormai così vistosa da costringere a lunghe, punitive riflessioni attorno alla mutazione dell'etica lombarda e il contagio con la cotica capitolina. Certo, la moda si ispira alla realtà. Ma il problema è che la realtà milanese si ispira a una infettiva Estetica del Neo-Peggio, un terribile "Vestivamo alla smutandata", con il suo linguaggio, le imbastiture, le asole, i volants, gli oblò. Scambiando allegramente il Mercato della Moda per il Mercato della Carne, ecco una visione da "Caviale del tramonto", triste come un piatto di verdure lesse.
Aveva ragione la sartina Coco Chanel: "Bisogna parlare della moda con entusiasmo, ma senza demenza; e soprattutto senza poesia, senza letteratura. Un vestito non è né una tragedia né un quadro; è una deliziosa ed effimera creazione, non un'opera d'arte eterna. La moda deve morire e morire in fretta, affinché il commercio possa vivere". Meglio ancora lo scrittore André Suarès quando osservava:"La moda è la più eccellente delle farse, quella in cui nessuno ride perché tutti vi recitano".
Dagospia 30 Settembre 2005