VOCI BIANCHE PER DRAGHI (MA LE ORECCHIE FISCHIANO) - OLÀLÀ, CATRICALÀ
ARPE E PASSERA SALTANO IN SELLA- I BENEFIT DI FAZIO ("ACCESSO ALLE CARTE")
LA TELEFONATA DI COPPI - IBM SENZA CAMISA - I 120 BIGNÈ DI GATTONE-BILLÈ

1. VOCI BIANCHE PER DRAGHI (MA LE ORECCHIE FISCHIANO)
Il coro delle voci bianche di Natale canta a squarciagola il nome di Draghi per la poltrona di Governatore. Il baldo vice presidente di Goldman Sachs è il superfavorito nella gara per la successione di Fazio e ha tutte le carte in regola per riportare a via Nazionale quella credibilità che i mercati esteri e le banche italiane si aspettano dopo un anno di scandali e di incertezze. L'allievo del grande economista Federico Caffè ha un curriculum perfetto e perfetta è la cura della sua immagine che non accetta sussurri e grida. Ma ieri l'ottimo Draghi deve aver sobbalzato quando ha sentito la dichiarazione di Gianfranco Fini che pur non facendo nome e cognome dava per scontata la sua nomina, e la memoria deve avergli riportato a galla l'atteggiamento che ebbe Silvio Berlusconi quando proclamò a gran voce il nome di Monti e poi chiamò al Tesoro quel Mimmo Siniscalco di cui si sono perse le tracce in riva al Po. E non è un caso se oggi alcuni giornali vicini al Cavaliere (vedi "LOpinione" di Arturo Diagonale) trapiantato tirano fuori le vecchie storie del Britannia e sottolineano il feeling che ha sempre legato Prodi al grand commis della finanza.

Chi conosce il Professore di Bologna sa leggerlo negli occhi. Quando il largo faccione di Prodi si allunga e dalla fessurina che ha sotto il naso escono parole compunte, si sa che è il momento delle bugie. Ieri sera in televisione il faccione era molto lungo ed esprimeva un ambiguo rammarico per non essere stato consultato dal governo. In realtà al Professore il nome di Draghi va benissimo; hanno vissuto la stagione delle privatizzazioni negli anni Novanta e dal ministero del Tesoro l'uomo di Goldman Sachs (uno dei pochi salotti che Prodi frequenta) ha collaborato lealmente con il governo dell'Ulivo. Questo il Professore di Bologna se lo ricorda e lo sa anche Berlusconi.
A Mario Draghi il coro delle voci banche fa fischiare le orecchie.

2. ARPE E PASSERA SALTANO IN SELLA
Vengono fuori retroscena importanti sulla burrascosa riunione che si è tenuta l'altro ieri all'Abi durante la quale Maurizio Sella, il banchiere-presidente ha avuto il coraggio di mettere al bando la Popolare di Lodi e i misfatti di Gianpiero Fiorani.
Chi conosce il 63enne piemontese dal nome risorgimentale è rimasto infatti spiazzato perchè non è stato mai "cuor di leone". Ma tanto coraggio non gli è arrivato per un improvviso scatto d'orgoglio. La sua politica è sempre stata quella di buttare cloroformio sul tavolo di Palazzo Altieri e di non prendere mai posizione per arrivare alla fine del mandato (ormai prossima) senza che la pressione e i battiti cardiaci gli turbassero l'equilibrio. La cronaca dice invece che l'incontro dei banchieri di lunedì scorso ha avuto momenti drammatici perchè Matteo Arpe e Corrado Passera hanno usato toni durissimi nei confronti della Popolare di Lodi e hanno minacciato di uscire dall'Abi spaccando il fronte dei banchieri. A quel punto il filiforme Maurizio Sella e il direttore Giuseppe Zadra, hanno temuto il peggio e hanno messo mano a una nota di condanna della Lodi che invocava la credibilità del sistema.

3. IL PANETTONE VOLANTE DI GIORGIO FOSSA
Non sembra vero a Giorgio Fossa, ex-presidente della Sea, la società degli aeroporti milanesi, di tornare alla ribalta. Dopo aver guidato la Confindustria dal 1996 al 2000, il 51enne piccolo imprenditore di Gallarate torna ad esibirsi con toni polemici sull'asta che il sindaco di Milano, Gabriele Albertini, ha disastrosamente gestito per la vendita del 33% della Sea. Dopo aver abbandonato la mazza da golf che si porta sempre dietro, Fossa spara a zero sulla brutta figura che il Comune di Milano ha fatto in questa gara dove l'unica offerta pervenuta (poi scartata per insufficienza di documentazione) è stata quella di Goldman Sachs.
Giorgio Fossa conosce bene la Sea e insieme al finanziere argentino Kerkorian ha avuto parecchi dispiaceri giudiziari per aver tentato di conquistare gli aeroporti sudamericani. Ma questo non gli impedisce oggi di dichiarare a "Finanza & Mercati" che la strada percorsa da Albertini è sbagliata e che sarebbe meglio collocare la società deli aeroporti milanesi in Piazza Affari.

4. IBM SENZA CAMISA
La mamma Ibm ha perso un figlio, uno dei migliori che fino a ieri era il numero due della multinazionale americana in Italia. Si chiama Gianni Camisa, 45 anni, fiorentino trapiantato a Milano, avvocato d'origine e superinformatico di fatto. Oggi Camisa che ama le lunghe passeggiate in montagna con le tre figlie, viene nominato al vertice di Finsiel, Cos e Atesia, tre società del Gruppo controllato da Alberto Tripi.
Per quest'ultimo l'ingresso di Camisa è un colpaccio di prim'ordine, mentre per il manager che ha lasciato Ibm è una scelta imprenditoriale concordata in piena armonia con Andrea Pontremoli, il 49enne capo di Ibm in Italia.

5. OLÀLÀ, CATRICALÀ
Ci voleva un uomo di Catanzaro, laureato con 110 e lode a soli 22 anni, per rovinare il Natale di Silvio Berlusconi. E' Antonio Catricalà, il presidente dell'Antitrust, che ieri ha aperto un'istruttoria nei confronti del Cavaliere per gli stanziamenti previsti dalla Finanziaria a favore dei decoder tv per il digitale terrestre. A Palazzo Chigi ci sono rimasti davvero male per questo missile terra-aria che è stato sparato senza tanti complimenti dall'uomo che proprio il Cavaliere ha nominato il 24 luglio 2001 segretario generale di Palazzo Chigi.
Una volta entrato nella stanza dei bottoni Catricalà si è calato nei panni del Savonarola e forte di una cultura giuridica che lo assimila ai tecnocrati francesi dell'Ecole Nationale, ha cominciato a menare colpi bipartisan in nome di un efficientismo irrefrenabile. Il portavoce del premier, Bonaiuti, che stava scrivendo bigliettini di auguri, ha replicato con un laconico commento: "siamo sicuri che sarà dimostrata tutta l'innocenza dell'addebito", ma sul taccuino in pelle che sta sulla sua scrivania il nome di Catricalà è sottolineato con la matita nera.



6. I GIOIELLI DI NONNA EDOARDA
Nonna Edoarda farà regali stupendi alle figlie, ai nipoti e agli amici. La vedova Crociani è convinta infatti che nelle prossime ore si chiuderà con soddisfazione l'annosa vicenda che riguarda la cessione di Vitrociset all'Enav di Guido Puglisi. Quest'ultimo ha precettato tutti i collaboratori che passeranno la notte di Natale e di Capodanno nei loro uffici sulla via Salaria in attesa che nonna Edoarda accetti la proposta finale di 106-108 milioni per la cessione dell'azienda. E lunedì sera la signora era alle stelle perchè all'hotel St Regis di Roma la figlia Camilla che ha sposato il principe di Borbone delle Due Sicilie, ha partecipato a una cena di gala offerta dal Rotary esibendo gioielli meravigliosi.

7. I 120 BIGNÈ DI GATTONE-BILLÈ
Dormivano, oppure come le tre scimmiette avevano le mani sugli occhi, sulla bocca e sulle orecchie. dov'erano infatti i consiglieri e i sindaci di Confcommercio negli ultimi cinque anni? Come è possibile che nessuno di loro abbia mai saputo del tesoretto che gattone-Billè accumulava sottraendo due milioni di euro l'anno dalle casse dell'Associazione dei commercianti? E' questa la domanda che gira adesso alla Procura di Roma dove è stato sequestrato un file intestato "consulenze" che il pasticciere di Messina conservava nel suo computer. La rivelazione è di "Repubblica" che parla di 120 nomi di persone e società sulle quali la Guardia di Finanza sta indagando.
E' un altro squarcio di verità sull'allegra gestione dell'uomo che fino a poco tempo fa andava nel salotto di Vespa e di Annuzza La Rosa per spiegare che il rincaro dell'euro non era colpa dei commercianti mentre - scrive il "Riformista" - "lui viveva come un faraone a carico della Confcommercio, e dava soldi a Ricucci per palazzi e scalate". Adesso sono in molti a tremare, compresi gli amministratori e i sindaci di Confcommercio che hanno approvato i bilanci dal 1995 ad oggi senza trovare un pelo nell'uovo.

8. QUANTO PARLAVA A MILANO IL GIUDICE CASTELLANO...
Quanto parlava al telefono Giovanni Consorte! Cercava telefoni fissi e anonimi, ma poi la frenesia della scalata alla Bnl, lo costringeva a usare i cellulari e a dire frasi colorite. Ieri il "Corriere della Sera" ha pubblicato un passaggio delle intercettazioni in cui il boss di via Stalingrado parla senza mezzi termini di una "pugnetta" che Antonio Fazio si sarebbe fatto dopo aver appreso della presenza dei banchieri di Nomura come partner di Unipol per la conquista di via Veneto.
Oggi sullo stesso giornale appaiono stralci di telefonate che mettono nei guai il giudice milanese Francesco Castellano con il quale Consorte aveva grande confidenza. Il magistrato che sarà interrogato il 30 dicembre a Perugia per violazione del segreto d'ufficio metteva in guardia Consorte e lo avvisava delle indagini in corso. Si incontravano alla stazione e con zelo poco deontologico il giudice lo avvisava di essere nel registro degli indagati. In un'altra telefonata l'uomo dell'Unipol dice che "l'amico di Milano gli avrebbe parlato anche di uno sviluppo delle inchieste ancora segreto: "sta per scoppiare un grosso casino per il cinghialone e il suo amico, i due sono messi veramente male e l'obiettivo vero dovrebbe essere il cinghialone".
Per i giornalisti inglesi del "Financial Times" e dell'"Economist" che ieri sono impazziti cercando di tradurre la parola "pugnetta" Dagospia offre la traduzione simultanea: il "cinghialone" potrebbe essere Antonio Fazio, mentre "l'amico" dovrebbe essere quel banchiere di Lodi che in una cassetta di sicurezza della sua banca nascondeva un Canaletto da 10 milioni di euro.

9. I BENEFIT DI FAZIO ("ACCESSO ALLE CARTE") E LA TELEFONATA DI COPPI
Come è uscito don Antonio Fazio da Palazzo Koch? Senza il titolo di governatore onorario, come da prassi, ma in compenso ha ottenuto che la sua segretaria, Antonietta Martini, rimanesse al suo posto, quindi un autista sempre a disposizione, poi una stanza al piano nobile di palazzo Koch e soprattutto - qui è la stranezza - "accesso alle carte" di Bankitalia. Come Ciampi, lo Stregone di Alvito avrà lo stipendio a vita.

Altro retroscena. Di alzare i tacchi Fazio non ne aveva nessuna intenzione, tant'è che per mercoledì scorso aveva appuntamento a Francoforte con Trichet e Tietmeyer per il codice di condotta - vedi i regalini di Fiorani. Invece lunedì è arrivata la telefonata dell'avvocato Franco Coppi che lo avvisava che la magistratura milanese stava pensando alla sospensione dall'incarico. E per Tonino era giunta l'ultima ora.


Dagospia 23 Dicembre 2005