I FURBETTI DEL SALOTTINO - GRAMELLINI: "MINIMO MORATTI, CUORE A SINISTRA, PORTAFOGLI A DESTRA E MOGLIE ECOLOGISTA AL CENTRO-TAVOLA" - BARESANI: "LETIZIA E MILLY, UN COGNOME MORATTI PER DUE."

1 - MINIMO MORATTI, CUORE A SINISTRA, PORTAFOGLI A DESTRA
Massimo Gramellini per La Stampa

Avere il cuore a sinistra e il portafogli ringhiosamente a destra è una di quelle anomalie della personalità che risultano assai diffuse in Italia, specie a Milano. Un esempio di scuola è il presidente dell'Inter, Massimo Moratti, ospite assiduo dei cenacoli progressisti frequentati da editori, architetti e giornalisti di moda e alla moda, tutti molto democratici. Che una famiglia dove il marito fa il petroliere e la moglie l'ecologista non rappresentasse il vertice della coerenza era palese un po' a tutti, tranne forse che ai loro amici col salame sugli occhi e la puzza sotto il naso.

Ma stavolta Moratti ha toccato davvero il colmo. Intervistato dal «Corriere della Sera» sulla spartizione dei diritti televisivi del calcio, l'amico di Gino Strada si è comprensibilmente schierato dalla parte dei propri affari. Che nella fattispecie, però, coincidono con quelli del vituperato Berlusconi. Moratti ha sciolto inni al babau Galliani. Ha persino ricordato come anche al cinema gli attori non vengano pagati tutti allo stesso modo, che è la tesi di chi considera il calcio uno spettacolo anziché uno sport. Un argomento da biechi reazionari, sosterrebbero i suoi amici, i furbetti del salottino.

Di Moratti dicevano che era un perdente di buon cuore, ma ora si è capito che il buon cuore non c'entrava niente. Fra i tanti motivi per cui sarebbe auspicabile la fine dell'era di Silvio Imperator, va compreso il prevedibile squagliamento di questo grottesco Cln antiberlusconiano, che in nome di una comune idiosincrasia tiene insieme in maniera posticcia personaggi dalle idee diverse. In molti casi diverse anche dai loro interessi.

2 - MORATTI, UN COGNOME PER DUE
Camilla Baresani per il Domenicale del Sole 24 Ore

Milano è una città davvero al passo coi tempi, verrebbe da dire: su cinque aspiranti alla carica di sindaco, ben due sono donne, e senza nemmeno bisogno di "quote rosa".
Le candidate, benché casualmente abbiano il medesimo cognome, rappresentano schieramenti opposti: una, Milly, è di sinistra; l'altra, Letizia, di centro destra. Oltreché dal cognome sono accomunate da una scelta bizzarra, trasversale rispetto agli schieramenti rappresentati: indossano entrambe il nome del marito, un nome noto a Milano (e anche fuori), che da solo garantisce un discreto bacino di voti. A chiamarsi Moratti, insomma, si ottiene una sorta di upgrade elettorale che un Carugati o un Anguissola non garantirebbero.



Si tratta di una scelta non solo legittima ma addirittura funzionale, perlomeno dal punto di vista del marketing. Solo un calcolo dei vantaggi elettorali potrebbe infatti spiegarci come sia possibile che ci siano ancora donne cui piace farsi identificare dal cognome del marito. La vita da adulte è lunga, e ormai si comincia ad avere un'identità propria - spesso anche professionale - già prima di sposarsi; e si continua a mantenerla in caso di separazione, vedovanza, nuovo matrimonio. Converrebbe dunque avere un nome che non fosse costruito su quello di qualcun altro, che non rendesse la moglie propaggine di un marito.

Altrimenti poi capita come a Daniela Santanché, costretta a tirarsi dietro un cognome non più suo perché nel mondo del lavoro avevano iniziato a conoscerla come moglie del dottor Santanché, e lei dopo la separazione non s'è sentita di ricominciare con una nuova identità. Sono cose che in realtà si sono sempre dette, tanto che nemmeno le austere professoresse dei licei classici di trent'anni fa si firmavano col solo cognome del marito. Come minimo anteponevano il proprio da nubile. E se avevano iniziato ad insegnare prima del matrimonio s'accontentavano della propria identità prematrimoniale.

A Milano, invece, le due cognate sono persino riuscite a mandare in confusione una storica firmataria di appelli. All'atto della presentazione della candidatura della Moratti di destra, si scoprì che tra i firmatari in suo sostegno c'era Fernanda Pivano: ohibò, s'indignò qualcuno, l'amica dei grandi e dei piccoli della letteratura maledettista, di Kerouac, e di Hemingway, e di Mc Inerney - tutti scrittori anticonformisti e attaccati al collo delle bottiglie e alle droghe - ha firmato per sostenere la candidatura di Nostra Signora di San Patrignano? "L'ho fatto perché è una donna" si difese la Pivano. Molti, più tardi, diedero una versione ben più realistica: "Nanda la pasionaria" aveva semplicemente firmato per la Moratti sbagliata.
Se una donna ci si tiene ad adottare un nome d'arte, tanto varrebbe prendere in mano il Dizionario ragionato dei cognomi italiani di Michele Frangipane, e sceglierne uno di proprio gusto.


Dagospia 16 Gennaio 2006