CHI È IL MOGGI DELLA MODA? IN DIFESA DELL'"INNOMINATA" FRANCA SOZZANI EVERSUS GISELLA BORIOLI - LE MODELLE INCROCIANO LE GAMBE - DOLCE&GABBANA FLOP-PARTY CON LAP DANCE BY VENTURA E MARINI - UN FRANCESE A VENEZIA INVITA SOLO FRANCESI - IL CASO FINPART.

Fashion Victims per "Prima Comunicazione" (www.primaonline.it)


1 - In difesa dell''innominata' - Antefatto. Le modelle hanno scioperato. Per la prima volta nella storia, le modelle hanno incrociato le gambe. E qui ci sarebbe da fare la prima domanda: perché le modelle scioperano quando non ci sono sfilate nemmeno nella settimana della moda di Goteborg? Ma lasciamo perdere: non c'è risposta. In realtà, sebbene i titoli dei giornali abbiano puntato sulle modelle, per l'effetto 'uomo morde cane', a `scioperare' per tre ore sono stati gli addetti delle agenzie che le gestiscono. Ma la domanda rimane. E anche l'assenza della risposta. Comunque, a lanciare l'allarme sui "problemi che stanno riducendo a brandelli la creatività dei professionisti italiani" è l'Assem, l'associazione servizi moda, che per bocca del suo presidente Guido Dolci indice anche una conferenza stampa per 'denunciare' i malanni. Che principalmente sono dovuti, sempre secondo l'Assem, al fatto che i femminili italiani non realizzano i servizi fotografici di moda in Italia, ma per lo più a New York. Comunque, all'estero. Quindi, modelle, fotografi, parrucchieri e stylist, anche se residenti in Italia, devono prendere l'aereo e volare negli Usa, dove però quelle professionalità abbondano e, quindi, lavorano solo gli americani. In ogni caso, quelli che sono a New York.

2 - Il fatto. Tutto bene, se non che si apre la polemica su un "sistema Moggi" anche nella moda. Che vuol dire che c'è un personaggio che condiziona l'intero sistema. Ma quando si deve dire chi è il Moggi della moda, la domanda resta senza risposta. Eppure qualcuno, come Carlo D'Amario, l'amministratore delegato della Vivienne Westwood, circostanzia la procedura: "Ti organizzo io. Potremmo chiarire così i pacchetti che vengono proposti alle fashion houses dai vertici di alcuni magazine. Comprendono sfilata, fotografo per la campagna, modella, stylist". Ecco, il meccanismo è svelato (alla buonora...).

Ma i nomi? Nella conferenza, Dolci dell'Assem allude, allude, allude. Gli chiedono di fare nomi, non li fa. Lascia intendere. Ma poi, Piero Piazzi dell'agenzia Woman, quella della top Maria Carla, si alza, esce dalla sala e dichiara che "ci sono molte riviste italiane che lavorano all'estero. Se Dolci voleva far intendere Vogue Italia di Franca Sozzani, io mi dissocio. Sozzani ha scoperto, ad esempio, Maria Carla".

Ecco, fatta la frittata! Allora il "Moggi della moda", la grande 'innominata' è Franca Sozzani? E allora alziamolo questo spessissimo velo dell'ipocrisia. E diciamolo una volta per tutte: se è nato tutto questo casino è perché molti (quasi tutti: proprietari di agenzie, agenti di fotografi, giornalisti, direttore e ex direttore di altri giornali) invidiano alla Sozzani la sua capacità di aver creato un sistema senza il quale sui giornali italiani si vedrebbe ancora l'immagine della moda dei cataloghi delle aziende carpigiane dei primi anni Ottanta. Non tollerano, in tanti, la sua capacità di essere internazionale in una città, Milano, che è ridotta a vivere come una piccola città di provincia dell'Italietta degli anni Sessanta. Questi antagonisti fanno finta di non sapere che quando i femminili italiani producevano anche (non solo, anche) alcuni servizi di moda in Italia, Milano era frequentata da fotografi, artisti, intellettuali e altri personaggi che oggi. fanno fatica ad andarci perfino per vedere le sfilate. Di che cosa si vuole incolpare la Sozzani? Di essere la consigliera di tanti stilisti? E che, è un delitto? Quante e quanti vorrebbero esserlo e non lo sono perché nessuno glielo chiede? O la vogliamo incolpare perché fa l'unico giornale di moda italiano per cui all'estero sanno che in Italia esistono i giornali di moda? E ammettiamo che abbia lanciato la moda di fare i servizi all'estero. Bene, se tutti gli altri l'hanno seguita vuol dire che lei ha ragione. Le si dà la colpa di lavorare solo con fotografi stranieri? Ma se a lei piacciono quelli, la colpa di chi è? Dicono che non permette ai giovani di crescere. Ma i fotografi di Vogue Italia non sono mica sessantenni... Insomma, lasciatevelo dire da una che ne ha viste tante: questa storia è un pretesto per mascherare un'invidia, non è certo un'opera moralizzatrice.

Forse, come ha scritto su Mf Fashion Gisella Borioli (mentre era candidata al Comune di Milano nella lista di Letizia Moratti), è vero che "alla moda italiana serve un'etica per tornare a crescere". Ed è anche vero che quando Borioli lavorava in Condé Nast vigeva la "separazione delle carriere" con le "redattrici della redazione e quelle della pubblicità" (che poi, a me, sembra una contraddizione in termini). Ma Gisella dimentica che quando si era tutte a Donna, il mensile che ha fondato con suo marito Flavio Lucchini e diretto per tanti anni, la maggior parte dei servizi si scattavano al Superstudio; di cui lei era anche socia. Ora, vogliamo dire che è solo la Sozzani la responsabile di "scelte che stanno inaridendo il nostro sistema servizi"? Se lo vogliamo dire, diciamolo pure. Ma diciamo una bugia.

È una colpa se un mensile di settore ha tentato di costruire intorno a sé un'immagine che gli somiglia? È una colpa se grazie a questo mensile alcuni protagonisti della moda italiana hanno potuto acquisire visibilità all'estero non solo per i vestiti ma anche per un'immagine? Perché, allora e per esempio, nessuno incolpa Armani di non aver permesso nella sua azienda la nascita di nessuno stilista giovane? Perché non si incolpano gli altri stilisti di non aver 'fatto scuola' e che si doveva aspettare Miuccia Prada per far arrivare la Facchinetti da Gucci e Pilati da Saint Laurent? Perché non si dice che il neonato A di Maria Latella, edito dall'italianissima Rizzoli, ha una direttora moda basata addirittura a New York e lì si fa tutto il lavoro?

In realtà, il problema è Milano. Una città dove la noia si taglia a fette e al cui confronto Roma sembra New York. Provate voi a far venire fotografi, modelle, redattrici a lavorare a Milano: poi la sera che fanno, il festival del room service negli hotel? Certo, ora che Borioli, oltre a essere amministratore delegato del Superstudio Group, fa parte della consulta rosa della Moratti, si può impegnare. E sicuramente lo farà con 'la separazione delle carriere' e senza 'conflitti di interesse'. E forse anche facendo i nomi veri di chi ha le colpe di una situazione che non va. Per esempio, quelli di alcuni amici della Moratti che da dodici anni governano Milano.

3 - Cannes al vento. Come tutti gli anni, anche quest'anno gli stilisti di tutto il mondo si sono fatti la guerra per vestire le attrici e le attricette sulla Croisette. I giornali italiani hanno scritto che la moda italiana l'ha fatta da padrona. Bene, siamo tutti contenti per la bella figura. L'hanno fatta meno bella, la figura, alcuni stilisti italiani sbarcati a Cannes. Si narra, infatti, del fallimento della festa di Dolce&Gabbana, che avendo cambiato location per prenderne una più grande, pur avendo invitato troppe persone, il locale è sembrato sempre pieno a metà. Mentre il clou della festa è stata la lap dance ballata da Stefano Gabbana con Simona Ventura e Valeria Marini.



Anche a Valentino non è andata meglio: organizzata una festa in un piccolo hotel, ai suoi ospiti ha saputo dare solo uno spettacolino di spogliarello maschile (maschile?) da avanspettacolo paesano. Tanto che persino Matteo Marzotto, che di Valentino Fashion Group è il direttore generale, è scappato alla festa di Chopard. Dove è andata anche Alberta Ferretti, ma non essendo stata riconosciuta da nessuno e avendo un braccialetto-invito di seconda classe, è stata dirottata nella sala dove potevano entrare tutti. Da dove è stata recuperata dalla pietre di Chopard (alla quale è stata segnalata da un ex dipendente dell'azienda della Ferretti) e ammessa nella sala Vip. Ma alla fine della festa.

4 - Creatività mobile. Nuova avventura nel design dei telefonini per Dolce&Gabbana, questa volta anche auto­testimonial del nuovo Motorazr V3 in oro e argento che hanno disegnato in collaborazione con i creativi di Motorola. Ci manca solo che, così nazional-popolari come stanno diventando, ai due ragazzi non venga in mente di sostituire la Marini e Andreotti nella pubblicità della 3. Un `videochiamami' in versione D&G sarebbe veramente insopportabile. Per chi guarda la pubblicità, ovviamente.

5 - Un francese a Venezia. Stupenda, meravigliosa, insuperabile è stata la festa di inaugurazione del nuovo Palazzo Grassi a Venezia, comprato da François Pinault del gruppo Ppr (Gucci, Saint Laurent, Fnac, Printemps La Redoute). Belli anche i quadri e le sculture. E quanti ospiti: Stefano Pilati che lavora dà Saint Laurent (marchio del gruppo), Stella McCartney (di proprietà del gruppo) e tante attrici, da Kristin Scott Thomas a Salma Hayek. Ma neanche uno stilista italiano invitato e neanche un industriale della moda italiano chiamato a dividere la gioia del collega Pinault. Perbacco, Venezia è ancora in Italia, anche se vende i suoi palazzi ai francesi... Ma come si vede, a volte anche i francesi sanno essere provinciali.

6 - Altro giro, altra corsa. Si cambia. Anna Dello Russo non è più il direttore di Uomo Vogue. Al suo posto c'è andata Paola Bottelli, arrivata in Condé Nast da Ventiquattro, il mensile 'maschile' del Sole 24 Ore, ufficialmente per fare un nuovo progetto. Che, dicono, farà anche ora che dirige Uomo Vogue. Bene. Un normale avvicendamento dopo tanti anni. Anche se qui si tratta della cronaca di una sostituzione annunciata: era nell'aria da tempo, almeno dalle sfilate uomo di gennaio. Un avvicendamento che farebbe bene anche ad altri giornali (non solo quelli della Condé Nast), da troppi anni ingessati in direzioni che diventano dinosauriche. E allora perché in questo caso tanti rumors, tante dietrologie, tanti 'si dice che'? Come il fatto che sia andata via perché la Sozzani si è incazzata per i tanti servizi apparsi su Dello Russo (vedi Prima di maggio)?

Anche il passaggio di Monica Paparcone da Cavalli al Gruppo Aeffe (in questo caso, quasi un ritorno, perché Paparcone era responsabile Pr dalla Ferretti prima di andare da Cavalli) come direttore della comunicazione di tutto il gruppo di Cattolica (Alberta Ferretti, Philosophy, Moschino, Narciso Rodriguez e Pollini) ha provocato molte chiacchiere. Io me lo spiego con il fatto che il mondo della moda, che pure si dice così pronto ai cambiamenti, in realtà è molto conservatore e non capisce che si cambia anche per fare qualcos'altro e non sempre perché non si va d'accordo o si è mandati via. Ora, per esempio, si dice che Dello Russo andrà a fare la comunicazione di Dolce&Gabbana: ipotesi plausibile. Sono suoi amici e cercano una pierre da almeno un anno. Ma io non ci credo. Della Paparcone, invece, si dice che a lei proprio i Cavalli non piacessero e che siccome alla Ferretti mancava una spalla, lei è tornata per sorreggerle tutte e due. Dicono che la Paparcone stava male soltanto a guardarlo, uno come Cavalli. Ipotesi plausibile. Ma credo che sia andata via perché. le hanno offerto un incarico di maggior prestigio e pagato molto meglio. Come avrebbe fatto chiunque.

7 - Prendi i soldi e scappa (se ce la fai). Mentre scrivo, Gianluigi Facchini, l'inventore della Fin.part che doveva essere 'la' holding della moda italiana, è ancora detenuto in attesa di precisa imputazione. E anche se non è giusto sparare sulla Croce Rossa, non posso fare a meno di dirmi stupita di come tutta questa storia abbia dovuto aspettare dieci anni per arrivare a una tale conclusione. Che la storia di questa holding del lusso spalmato tra le lenzuola della Frette, i piumini della Pepper e gli abiti di Cerruti e di Maska, passando per l'azienda tessile Olcese e i libici della Lafico, non potesse durare; l'avevamo previsto fin dall'inizio e ne aveva parlato, in tempi non ancora così sospetti, proprio 'quella pettegola' di Fashion victims in questa rubrica (Prima del maggio 2004). Noi che non capiamo molto di bond e finanziarie e intrecci con le banche e le azioni, avevamo subito capito che bene non poteva finire. Perché il problema è sempre quello: quando nella moda arriva uno che non ne sa niente e vuole imporre i suoi metodi a ogni costo, qualcosa che non va c'è sempre.

Qual è il fine ultimo di chi compra qualcosa per distruggerla? Per esempio, Facchini arrivava dagli alberghi e appena ha messo piede in Cerruti, proprio nell'epoca in cui quell'uomo gentile e d'altri tempi che è Nino Cerruti tentava di risollevare le sorti del suo stile appassito - e ci stava riuscendo - immettendo nell'azienda stilisti giovani e bravi, ha scompigliato subito tutto: via lo stilista e poi via anche Nino. E cosa ha fatto? Ha preso come stilista Roberto Menichetti. Il quale, la prima cosa che ha fatto appena ha messo piede nell'ufficio di Parigi della Madeleine dove nasceva lo stile Cerruti, ha impedito a Facchini perfino di entrare. Tanto è vero che pochi mesi dopo, anzi subito dopo la sfilata, Menichetti se n'era già andato. E questo è solo un esempio. Perché subito dopo già si sapeva che Facchini non pagava regolarmente neanche la fattura al pierre, che la moglie era stipendiata come consulente dell'azienda e che la gestione di tutta la baracca era quantomeno singolare. Come, per esempio, singolare è stata la vendita di Maska che, pochi mesi dopo, i nuovi proprietari hanno dovuto chiudere. Ora saranno i giudici a districarsi in queste matasse. A noi non resta che un'amarezza: quella di constatare, ancora una volta, che in alcuni settori la moda è ritenuta una cosa da cretini, dove arrivare, arricchirsi e scappare. Questa volta, almeno, manca l'ultimo verbo.

8 - Gemelli-mania. Dicono che c'è qualcosa che non funziona più tra i gemelli Dean e Dan Caten di Dsquared e Renzo Rosso, il proprietario di Diesel che, attraverso altre sue società, è anche proprietario di Margiela e dello stesso Dsquared. Dicono che i tre non tanto si parlano e che si fanno i dispettucci l'uno con gli altri. Per esempio, i due dicono: vorremmo disegnare un'altra linea per un altro marchio (un paio di anni fa dicevano che erano stati contattati da Celine); e lui risponde; no, avete l'esclusiva con me. Lui dice: vorrei dei vestiti con più ricerca; e loro dicono: no, a noi piacciono strappati così come li facciamo. Adesso si dice che, forse per avere un altro duo con cui parlare, Rosso si stia comprando Victor&Rolf, il marchio degli olandesi Victor Horsting e Rolf Snoeren. Che gemelli non sono, ma lo sembrano: stessi occhiali, stessi vestiti, stessi atteggiamenti da Oscar Wilde dei tulipani. E quindi, secondo la stampa mondiale e forse anche secondo Rosso, più eleganti e di ricerca dei gemelli veri Caten, idoli della moda disco club.


Dagospia 26 Giugno 2006