LA SATIRA E' SATURA - SENZA BERLUSCONI AL POTERE, I COMICI VANNO IN BAMBOLA: COME RIDERE DEI PROPRI AMICI, VISTO CHE LA MAGGIOR PARTE DEI TALENTI SATIRICI STA A SINISTRA? - EPPURE LE OCCASIONI PER SORRIDERE, NELL'ITALIA DEL PRODINO NON MANCANO.
Enrico Arosio per "L'espresso"
Massimo e Condoleezza, amor platonico a tinte dark. Lidia Menapace feldmarescialla mancata. Il leonkavallino Farina in commissione Giustizia. Il senatore Pallaro riverito come il Pibe de Oro. I dipietristi incontrollabili. L'urbanista bizzarro di Reggio Calabria ai Trasporti. Lucia Annunziata testa d'uovo dell'Aspen Institute. I ministri che straparlano mezz'ora dopo che Prodi li ha esortati a tacere. E Mastella che giganteggia per equilibrio e senso della misura.
Non mancano proprio le occasioni per sorridere, nell'Italia di Prodi 2, il Ritorno. Ma con il centrosinistra al potere, e Berlusconi all'opposizione (il benefattore: centinaia di famiglie di attor comici e autori satirici gli devono la pagnotta, ultimo il duo siculo Ficarra e Picone, in origine molto 'anti', ora ben pasciuto da 'Striscia la notizia') le cose si son fatte difficili. E non perché i Savoia, così pulp, ci distraggono. Ma perché per chi fa satira, rispetto al glamour del Cavalier Banana e alla sua compagnia di maschere italiane, il Professore che predica il risparmio, gira con scorta minima e mangia l'erbazzone, suona poco sexy e pone due problemi. Come far ridere se prevale una medietà di costumi (Vladimir Luxuria escluso) e una fumosa verbosità politica? E come ridere dei propri amici, visto che la maggior parte dei talenti satirici sta a sinistra?
Gino & Michele, i cofondatori del fenomeno Zelig, sono in imbarazzo. "La satira", dice Michele, "parte dalla pancia prima che dalla testa. È mossa da un trasporto istintivo contro il proprio obiettivo, e se non ce l'hai tutto è più difficile. Non a caso Paolo Rossi recitava la preghiera del comico, "o Signore fai in modo che ci siano sempre arroganti e corrotti, che abbiamo bisogno di lavorare". Chi irridereste, a sinistra? Michele ci pensa, si torce, dice che "è presto", rumina qualcosa sulla "miriade di sottosegretari", Bertinotti e i senatori argentini. Gino, il socio storico, non viene in aiuto (bisogna capirli, 'L'espresso' li ha interpellati dopo due set di tennis all'Elba, e prima dell'aperitivo): "Prevedo tempi ardui, si riderà meno. A sinistra sono più noiosi, meno pittoreschi".
Durante il primo governo Prodi le principali battute, a sinistra, erano sulla femminilità di Rosy Bindi. "Appunto. A 'Zelig' le abbiamo vietate: banali, come la gobba di Andreotti, o Fassino magrolino, o Berlusconi nano. La verità è che ci siamo stufati; da tempo, più che la satira, ci interessa l'editoria, la fiction, l'umorismo". L'ultimo libro pubblicato dalla loro casa editrice Kowalski è di Katia e Valeria, l'esilarante coppia lanciata da 'Zelig': 'Come diventare miss senza cadere dai tacchi'.
Assai diversa la reazione di Daniele Luttazzi, il desaparecido della tv. Appena tornato da New York, pregusta la fine della sua lunga tournée con 'Come uccidere causando inutili sofferenze' il 24 novembre a Roma e prepara 'Barracuda 2007': "Tornerei volentieri in Rai, come no. A starne fuori a lungo ne ho ricevuto un danno. La tv non è un hobby, è un lavoro, e mi è stato impedito di farlo. Ma non mi pare che in azienda ci sia questo slancio enorme". Luttazzi non dimentica: "All'epoca di 'Satyricon', nel 2001, mi convocò il direttore generale Claudio Cappon per farmi firmare un foglio in cui accettavo di condurre il programma in modo più blando. Io risposi: 'Dove siamo, in Bulgaria?', e me ne andai. Profetico, visto l'editto bulgaro di Berlusconi un anno dopo. E Cappon oggi è candidato alla direzione della Rai dell'Unione...".
Luttazzi nega ogni imbarazzo a far satira sulla sinistra: "La satira è un punto di vista; l'importante è averlo. Basta vedere Michele Serra, o Stefano Benni. Durante il primo governo Prodi il mio professor Fontecedro attaccava la riforma Berlinguer della scuola. In 'Bollito misto con mostarda' ho dedicato un sacco di tempo alle baruffe sul futuro Partito democratico. Al Palamazda di Milano ho ricordato le frasi goffe di Fassino a Consorte davanti a 5 mila persone. Il criterio è semplice, e non cambia con Prodi al potere: un politico fa una brutta legge, si contraddice, dice una bugia? La cosa mi irrita e ne parlo".
La satira vera è quasi scomparsa dalla tv italiana. Il ciclo di 'Zelig' si va esaurendo. Sulle reti Mediaset c'è una fronda garrula ma inoffensiva: 'Striscia la notizia', qualcosa col mago Forrest e il trio Gialappa's, le incisive incursioni delle 'Iene' nel malcostume civile. Alla Rai, meno di quello. Dopo l'età dell'oro, primi anni Novanta, della direzione di Angelo Guglielmi (da 'Su la testa' alla 'Tv delle ragazze') il lavoro satirico della terza rete si è annacquato. Successi a metà come 'L'ottavo nano' di Serena Dandini e Corrado Guzzanti, grande parodista di Rutelli, successi di nicchia di Guzzanti stesso ('Fascisti su Marte', 'Il caso Scafroglia'), insuccessi come 'Non c'è problema' di Antonio Albanese, e nel 2003 il 'Raiot' di Sabina Guzzanti cancellato dopo la prima puntata.
Da cui la furiosa reazione dell'autrice con il documentario 'Viva Zapatero' che ha denunciato la censura politica della Rai berlusconiana e dopo Venezia ha girato nei festival di mezza Europa, al Sundance in California e nelle sale di Spagna, Francia e Inghilterra. Ora la Guzzanti sta scrivendo un nuovo lavoro. La Dandini, invece, ha deviato dalla comicità al talk-show narcisone, con 'Parla con me', e gli artisti della risata li ospita all'Ambra Jovinelli.
Sulla stampa, osservato il declino qualunquista di Forattini, rimangono l'inimitabile Altan, i caustici Ellekappa ('la Repubblica') e Vincino ('Il Foglio'), l'affettuoso Giannelli del 'Corriere della Sera', poco altro. Vincino è satiricamente intrigato da D'Alema "in estasi davanti a Condi Rice", dice: "È un politico che sbaglia moltissimo, incassa bene le sconfitte e rinasce ogni volta come grande stratega". Ma si diverte, confessa, a "far più male ai piccoli". Per esempio? "Due figure romane. Gianni Borgna, che per non esser stato eletto al Senato e non esser stato fatto sottosegretario, si lamenta di dover fare l'assessore alla Cultura a Roma. Lo fa da 13 anni, nella più bella città italiana! E Goffredo Bettini, il più potente politico romano, autonominatosi direttore dell'Auditorium, del Festival del cinema di Veltroni, eletto senatore, presente in vari Cda, un collezionista di incarichi su cui nessuno scherza". Lo farà lui.
La satira oggi sta perlopiù a teatro: con Luttazzi, con artisti di 'Zelig' come Ficarra e Picone, Antonio Cornacchione e altri. A proposito, che fine farà il 'Povero Silvio' di Cornacchione, passato dal governo al Milan? "Non è mica sparito Silvio", risponde il comico, a riposo dopo ottanta serate in scena e il programma di Fabio Fazio, 'Che tempo che fa': "Silvio è a capo del primo partito italiano, è vivo e presente e difende l'idea. Io attendo istruzioni, la strategia politica per attaccare Prodi la decido con lui. Bisogna avere fiducia negli italiani". In che senso? "Berlusconi ha fatto mangiare molti di noi, ma solo grazie agli italiani che lo hanno votato. Dopo Andreotti eravamo in ansia: come faremo? Gli italiani ci regalarono Craxi. E dopo Craxi? Ci hanno dato Berlusconi. Ho fiducia, ho fiducia, un altro lo troveranno. Intanto quest'estate andiamo in Sardegna, io e Silvio". A far che? "A ricontare le schede. In fretta. Prima che arrivi Putin in elicottero".
Per uno scherzoso integrale c'è un Paolo Rossi che ha ritrovato nel teatro le sue radici di cantastorie tra la scuola brechtiana e quella di Fo. L'ex eroe di 'Su la testa' e del Molière segato dal palinsesto di RaiDue nel 2005 per "problemi di linguaggio", sta preparando 'I giocatori' di Dostoevskij per il Mittelfest di Cividale. "Un gesto più politico di tanta satira", dice: "Ho riunito due compagnie di giovani, Baby Gang e Pupkin, e ho dato loro un'opportunità". Rossi prende tutto con ironia: "Quando ho presentato il mio Molière al festival di Cracovia, riferendosi al ciarlatano divenuto capo del governo un recensore polacco scrisse 'Sono chiari per noi i riferimenti a Lech Walesa'. Direi che non mi sono allontanato dalla satira. La pratico in altre forme". Oggi Rossi in tv va solo da Fabio Fazio (dove si è sbottonato la camicia su una T-shirt col ministro Calderoli in turbante). "Certo, Berlusconi mancherà a chi fa caricature e parodie. Per me è diverso. Del resto lui non è andato via. C'è ancora parecchio Berlusconi dentro di noi". E aggiunge: "E forse, per la sinistra, più che i comici ci vogliono gli attori drammatici".
Dagospia 27 Giugno 2006
Massimo e Condoleezza, amor platonico a tinte dark. Lidia Menapace feldmarescialla mancata. Il leonkavallino Farina in commissione Giustizia. Il senatore Pallaro riverito come il Pibe de Oro. I dipietristi incontrollabili. L'urbanista bizzarro di Reggio Calabria ai Trasporti. Lucia Annunziata testa d'uovo dell'Aspen Institute. I ministri che straparlano mezz'ora dopo che Prodi li ha esortati a tacere. E Mastella che giganteggia per equilibrio e senso della misura.
Non mancano proprio le occasioni per sorridere, nell'Italia di Prodi 2, il Ritorno. Ma con il centrosinistra al potere, e Berlusconi all'opposizione (il benefattore: centinaia di famiglie di attor comici e autori satirici gli devono la pagnotta, ultimo il duo siculo Ficarra e Picone, in origine molto 'anti', ora ben pasciuto da 'Striscia la notizia') le cose si son fatte difficili. E non perché i Savoia, così pulp, ci distraggono. Ma perché per chi fa satira, rispetto al glamour del Cavalier Banana e alla sua compagnia di maschere italiane, il Professore che predica il risparmio, gira con scorta minima e mangia l'erbazzone, suona poco sexy e pone due problemi. Come far ridere se prevale una medietà di costumi (Vladimir Luxuria escluso) e una fumosa verbosità politica? E come ridere dei propri amici, visto che la maggior parte dei talenti satirici sta a sinistra?
Gino & Michele, i cofondatori del fenomeno Zelig, sono in imbarazzo. "La satira", dice Michele, "parte dalla pancia prima che dalla testa. È mossa da un trasporto istintivo contro il proprio obiettivo, e se non ce l'hai tutto è più difficile. Non a caso Paolo Rossi recitava la preghiera del comico, "o Signore fai in modo che ci siano sempre arroganti e corrotti, che abbiamo bisogno di lavorare". Chi irridereste, a sinistra? Michele ci pensa, si torce, dice che "è presto", rumina qualcosa sulla "miriade di sottosegretari", Bertinotti e i senatori argentini. Gino, il socio storico, non viene in aiuto (bisogna capirli, 'L'espresso' li ha interpellati dopo due set di tennis all'Elba, e prima dell'aperitivo): "Prevedo tempi ardui, si riderà meno. A sinistra sono più noiosi, meno pittoreschi".
Durante il primo governo Prodi le principali battute, a sinistra, erano sulla femminilità di Rosy Bindi. "Appunto. A 'Zelig' le abbiamo vietate: banali, come la gobba di Andreotti, o Fassino magrolino, o Berlusconi nano. La verità è che ci siamo stufati; da tempo, più che la satira, ci interessa l'editoria, la fiction, l'umorismo". L'ultimo libro pubblicato dalla loro casa editrice Kowalski è di Katia e Valeria, l'esilarante coppia lanciata da 'Zelig': 'Come diventare miss senza cadere dai tacchi'.
Assai diversa la reazione di Daniele Luttazzi, il desaparecido della tv. Appena tornato da New York, pregusta la fine della sua lunga tournée con 'Come uccidere causando inutili sofferenze' il 24 novembre a Roma e prepara 'Barracuda 2007': "Tornerei volentieri in Rai, come no. A starne fuori a lungo ne ho ricevuto un danno. La tv non è un hobby, è un lavoro, e mi è stato impedito di farlo. Ma non mi pare che in azienda ci sia questo slancio enorme". Luttazzi non dimentica: "All'epoca di 'Satyricon', nel 2001, mi convocò il direttore generale Claudio Cappon per farmi firmare un foglio in cui accettavo di condurre il programma in modo più blando. Io risposi: 'Dove siamo, in Bulgaria?', e me ne andai. Profetico, visto l'editto bulgaro di Berlusconi un anno dopo. E Cappon oggi è candidato alla direzione della Rai dell'Unione...".
Luttazzi nega ogni imbarazzo a far satira sulla sinistra: "La satira è un punto di vista; l'importante è averlo. Basta vedere Michele Serra, o Stefano Benni. Durante il primo governo Prodi il mio professor Fontecedro attaccava la riforma Berlinguer della scuola. In 'Bollito misto con mostarda' ho dedicato un sacco di tempo alle baruffe sul futuro Partito democratico. Al Palamazda di Milano ho ricordato le frasi goffe di Fassino a Consorte davanti a 5 mila persone. Il criterio è semplice, e non cambia con Prodi al potere: un politico fa una brutta legge, si contraddice, dice una bugia? La cosa mi irrita e ne parlo".
La satira vera è quasi scomparsa dalla tv italiana. Il ciclo di 'Zelig' si va esaurendo. Sulle reti Mediaset c'è una fronda garrula ma inoffensiva: 'Striscia la notizia', qualcosa col mago Forrest e il trio Gialappa's, le incisive incursioni delle 'Iene' nel malcostume civile. Alla Rai, meno di quello. Dopo l'età dell'oro, primi anni Novanta, della direzione di Angelo Guglielmi (da 'Su la testa' alla 'Tv delle ragazze') il lavoro satirico della terza rete si è annacquato. Successi a metà come 'L'ottavo nano' di Serena Dandini e Corrado Guzzanti, grande parodista di Rutelli, successi di nicchia di Guzzanti stesso ('Fascisti su Marte', 'Il caso Scafroglia'), insuccessi come 'Non c'è problema' di Antonio Albanese, e nel 2003 il 'Raiot' di Sabina Guzzanti cancellato dopo la prima puntata.
Da cui la furiosa reazione dell'autrice con il documentario 'Viva Zapatero' che ha denunciato la censura politica della Rai berlusconiana e dopo Venezia ha girato nei festival di mezza Europa, al Sundance in California e nelle sale di Spagna, Francia e Inghilterra. Ora la Guzzanti sta scrivendo un nuovo lavoro. La Dandini, invece, ha deviato dalla comicità al talk-show narcisone, con 'Parla con me', e gli artisti della risata li ospita all'Ambra Jovinelli.
Sulla stampa, osservato il declino qualunquista di Forattini, rimangono l'inimitabile Altan, i caustici Ellekappa ('la Repubblica') e Vincino ('Il Foglio'), l'affettuoso Giannelli del 'Corriere della Sera', poco altro. Vincino è satiricamente intrigato da D'Alema "in estasi davanti a Condi Rice", dice: "È un politico che sbaglia moltissimo, incassa bene le sconfitte e rinasce ogni volta come grande stratega". Ma si diverte, confessa, a "far più male ai piccoli". Per esempio? "Due figure romane. Gianni Borgna, che per non esser stato eletto al Senato e non esser stato fatto sottosegretario, si lamenta di dover fare l'assessore alla Cultura a Roma. Lo fa da 13 anni, nella più bella città italiana! E Goffredo Bettini, il più potente politico romano, autonominatosi direttore dell'Auditorium, del Festival del cinema di Veltroni, eletto senatore, presente in vari Cda, un collezionista di incarichi su cui nessuno scherza". Lo farà lui.
La satira oggi sta perlopiù a teatro: con Luttazzi, con artisti di 'Zelig' come Ficarra e Picone, Antonio Cornacchione e altri. A proposito, che fine farà il 'Povero Silvio' di Cornacchione, passato dal governo al Milan? "Non è mica sparito Silvio", risponde il comico, a riposo dopo ottanta serate in scena e il programma di Fabio Fazio, 'Che tempo che fa': "Silvio è a capo del primo partito italiano, è vivo e presente e difende l'idea. Io attendo istruzioni, la strategia politica per attaccare Prodi la decido con lui. Bisogna avere fiducia negli italiani". In che senso? "Berlusconi ha fatto mangiare molti di noi, ma solo grazie agli italiani che lo hanno votato. Dopo Andreotti eravamo in ansia: come faremo? Gli italiani ci regalarono Craxi. E dopo Craxi? Ci hanno dato Berlusconi. Ho fiducia, ho fiducia, un altro lo troveranno. Intanto quest'estate andiamo in Sardegna, io e Silvio". A far che? "A ricontare le schede. In fretta. Prima che arrivi Putin in elicottero".
Per uno scherzoso integrale c'è un Paolo Rossi che ha ritrovato nel teatro le sue radici di cantastorie tra la scuola brechtiana e quella di Fo. L'ex eroe di 'Su la testa' e del Molière segato dal palinsesto di RaiDue nel 2005 per "problemi di linguaggio", sta preparando 'I giocatori' di Dostoevskij per il Mittelfest di Cividale. "Un gesto più politico di tanta satira", dice: "Ho riunito due compagnie di giovani, Baby Gang e Pupkin, e ho dato loro un'opportunità". Rossi prende tutto con ironia: "Quando ho presentato il mio Molière al festival di Cracovia, riferendosi al ciarlatano divenuto capo del governo un recensore polacco scrisse 'Sono chiari per noi i riferimenti a Lech Walesa'. Direi che non mi sono allontanato dalla satira. La pratico in altre forme". Oggi Rossi in tv va solo da Fabio Fazio (dove si è sbottonato la camicia su una T-shirt col ministro Calderoli in turbante). "Certo, Berlusconi mancherà a chi fa caricature e parodie. Per me è diverso. Del resto lui non è andato via. C'è ancora parecchio Berlusconi dentro di noi". E aggiunge: "E forse, per la sinistra, più che i comici ci vogliono gli attori drammatici".
Dagospia 27 Giugno 2006