VITTORIO EMANUELE ABDICA IN FAVORE DEL FIGLIO EMANUELE FILIBERTO - IL DUCA DI SAVOIA: "SI RIPRECISA CHE NÉ LA CONSULTA DEI SENATORI DEL REGNO NÉ LA FAMIGLIA REALE POSSONO SCEGLIERE UN SUCCESSORE. SOLO LE LEGGI INDICANO CHI È L'EREDE".

1 - ESCLUSIVO SU "GENTE": VITTORIO EMANUELE ABDICA IN FAVORE DEL FIGLIO EMANUELE FILIBERTO
Vittorio Emanuele rinuncia al trono in favore del figlio Emanuele Filiberto.
La notizia che il settimanale "Gente", domani in edicola, pubblica in esclusiva, doveva restare segreta ancora per alcune settimane.
Quando si sarebbero, finalmente, ultimate le pratiche previste dal protocollo rea-le, per il passaggio di consegne da padre a figlio. Ecco perché la scoperta di "Gente" ha creato un certo imbarazzo nell'entourage dei Savoia. Che ha confer-mato la volontà del figlio dell'ultimo re d'Italia di delegare le sue prerogative reali al suo unico erede, Emanuele Filiberto, principe di Piemonte e di Venezia.

«In molti potranno pensare che questa decisione sia stata presa in seguito alle note vicende giudiziarie, ma non è così. Da oltre due mesi sono in corso le prati-che affinché Emanuele Filiberto possa "ereditare" le cariche e le onorificenze del padre», rivela una fonte vicinissima alla famiglia. Addirittura, i fatti giudiziari che hanno coinvolto Vittorio Emanuele hanno in qualche modo ritardato l'iter. Certo è che se dovesse tornare la monarchia, a essere incoronato quinto re d'Italia sa-rebbe Emanuele Filiberto e sua moglie Clotilde Courau diverrebbe regina.

Da quando tre anni fa è finito l'esilio per gli eredi maschi dei Savoia, il giovane principe si è fatto promotore in Italia di parecchie iniziative. E ha girato il suo pa-ese in lungo e largo (è venuto in Italia per 26 visite ufficiali, contro una sola del padre Vittorio Emanuele), acquistando anche un casale in Umbria dove trasfe-rirsi a vivere con la moglie Clotilde, la piccola Vittoria e il bimbo che nascerà a metà agosto. Pur non esistendo più in Italia la monarchia, il capo di Casa Savoia ha parecchi ruoli. Vittorio Emanuele ha ereditato dal padre, che non abdicò mai, tutte le sue cariche: è capo della famiglia reale, è l'erede al trono d'Italia, ed è Gran Maestro di vari ordini dinastici, tra cui quello dei Santi Maurizio e Lazza-ro. Tutto ciò quindi passerà a Emanuele Filiberto, finora il più saggio rappresen-tante della casata.

2 - COMUNICATO STAMPA DELLA CASA DI S.A.R. IL DUCA DI SAVOIA
San Rocco, 24 luglio 2006


Ai direttori dei quotidiani, dei periodici ed alle redazioni. Per memoria.

A meno che il malinteso si venda meglio e più a lungo della chiarezza, Vi venia-mo a pregare di leggere attentamente quanto si trova adesso nel sito del già Du-ca d'Aosta, ora Duca di Savoia e Capo della Famiglia Reale italiana: http://www.realcasadisavoia.it/ (sito ancora incompleto).

Particolare, se non principale, attenzione va data agli allegati oltremodo esaustivi 1 & 2 del prof. Franco Edoardo Adami dell'Università di Ferrara.

Deve essere del tutto chiaro che le ultime note vicende di Vittorio Emanuele di Savoia - il titolo nobiliare è qui omesso essendo caduto per legge dinastica - nulla hanno a che vedere con quella che viene, a torto, chiamata la sua 'desti-tuzione' o addirittura un 'golpe.'

Le ragioni d'urgenza dell'intervento, il 7 luglio, del Duca di Savoia già Duca d'Aosta sono spiegate nel succitato sito dalla Consulta dei Senatori del Regno. Un'azione comunque prevista per la fine del mese, anticipata a causa di nu-merosi articoli apparsi sia sulla stampa italiana che estera, a proposito di un pos-sibile passaggio di 'poteri' da Vittorio Emanuele al figlio Emanuele Filiberto. La dichiarazione del già Duca d'Aosta dopo un simile avvicendamento avrebbe sol-tanto confuso gli italiani più di quanto lo sono già. Di lì la ragione del presente comunicato.

Vittorio Emanuele di Savoia si è auto-destituito ed espulso dalla Famiglia reale insieme ai suoi discendenti, perdendo per l'automatismo della legge dinastica il diritto a succedere al trono e ogni prerogativa dinastica e nobiliare, nell'istante stesso in cui ha contratto matrimonio con Marina Ricolfi Doria a Las Vegas. Nulla vale che egli non accetti il fatto.



Se il matrimonio di Vittorio Emanuele di Savoia avesse ricevuto il previo e manifesto consenso di Umberto II in quanto re, nulla potrebbe essere cambiato nella linea dinastica, salvo condanna (e non accusa) penale dell'individuo, come dettato dalle regole dinastiche.

Le famose lettere di avvertimento di Umberto II al figlio sono solo un'affermazione delle ferree leggi dinastiche, nelle quali lo stesso Re dichiara sia di non avere volontà che facoltà di cambiarle. Scrivendo, il figlio gli rispose rin-graziandolo profusamente di avergli aperto gli occhi, ma poi fece come se nulla gli fosse stato detto.

Per potere 'perdonare' il figlio dopo il matrimonio, il Re avrebbe dovuto chiedere - e non lo fece - sia al nipote Amedeo d'Aosta che al cugino Duca di Genova di retrocedere dalla loro posizione dinastica, acquisita per automatismo. Questo mai avvenne e nulla possono avere a che vedere le eventuali forme di cortesia di Umberto II verso il figlio e la moglie del figlio. La presenza del Re al battesimo del nipote non ha comportato alcun cambiamento della situazione di fatto, e non a caso dette, senza mai firmare le lettere patenti, il titolo non-Savoia di Venezia, guardandosi bene e significativamente dal concedergli quello tradizionale di Piemonte.

Il così detto 'silenzio del Re': Umberto II avvertì in tempo, non mutò opinione e non autorizzò, come avrebbe potuto fare, il matrimonio, poi tacque perché nulla poteva più fare.

Le leggi repubblicane del 1948, invocate da chi ammette che nel 1946 le cose stavano come diciamo, nulla potevano contro le regole dinastiche della Famiglia Reale per l'ovvia ragione che la Repubblica considerava la monarchia (non abdi-cata) come non esistente. La Repubblica non aveva il potere né la volontà di det-tarle alcuna cosa. Chiunque invoca dunque le leggi del 1948 lo fa solamente per forzare presso gli ignari affermazioni di comodo.

Infatti, in tutto ciò che riguarda le questioni dinastiche Casa Savoia vive in regime di monarchia non abdicata, cristallizzata alla data della partenza dall'Italia di Um-berto II nel 1946.

Solamente un re regnante, assieme al suo Parlamento, e non disgiuntamente, possono cambiare le leggi dinastiche. Come avviene in tutte le monarchie costi-tuzionali esistenti.

Si riprecisa che né la Consulta dei Senatori del Regno (valida, o erroneamente considerata non valida secondo alcuni) né la Famiglia Reale possono scegliere un successore qualsiasi alla Corona ma hanno ogni diritto, come tutti, ad affer-mare secondo le leggi chi lo è. Solo le leggi indicano chi è l'Erede.

Sorge il forte dubbio che chi ha ricevuto medaglie ed Ordini, conferiti e accettati nell'abuso da Vittorio Emanuele, sia portato a manipolare la chiarezza delle leggi nel timore di perdere...

Quanto sopra è contenuto negli esposti del prof. Adami e in numerosi studi ap-parsi in epoca non sospetta.


Dagospia 25 Luglio 2006