ROMA LADRONA È TORNATA ROMA PADRONA. SPECCHIO DELL´ITALIA CHE METABOLIZZA TUTTO: DESTRA, SINISTRA, LEGA, BERLUSCONI, PRODI - E' LA RAI. IL LUOGO DEL POTERE MEDIATICO - E' DAGOSPIA A RAPPRESENTARE LO SPETTACOLO DELLA POLITICA E DELLA FINANZA.
Ilvo Diamanti per la Repubblica
Roma capitale. Caput mundi ma, soprattutto, Italiae. La riconquistata centralità di Roma è sorprendente per chi abbia almeno un po´ di memoria storica. Basta risalire al passaggio fra gli anni Ottanta e Novanta. Roma era, allora, la capitale contestata di una Repubblica contestata.
Il Centro di uno Stato scricchiolante, assediato e al tempo stesso respinto dalla periferia. "Roma ladrona". Appariva spesso, nel Nord, insieme ad altre scritte. Nei luoghi più diversi. Ricordo, vent´anni fa, quando viaggiavo da Vicenza verso Trento, per recarmi all´Università. Non lontano dal passo della Fricca, su uno sperone di roccia, campeggiava: "Roma kankaro d´Italia". E, poco oltre: "Roma la ne ciucia il sangue". (Riteniamo inutile tradurre.). Oggi può apparire patetico folklore d´antan. Eco della retorica leghista.
Tuttavia, allora, non faceva ridere. Era un segnale. Serio e credibile. Che spirava aria di rivolta. La periferia "produttiva" contro Roma. Sintomo e simbolo dell´Italia della prima Repubblica. Cuore della partitocrazia, della burocrazia, dello spreco, dell´iniquità fiscale. Di cui il Mezzogiorno era metafora. Specchio della prima Repubblica, delle logiche clientelari e assistenziali praticate dalla politica "romana". Da ciò la contestualità fra il malessere contro lo Stato "meridionalizzato" e contro Roma. E lo slittamento a Nord del baricentro geo-politico dell´Italia.
La vittoria del Polo alle elezioni del 1994, le prime dopo la dissoluzione della prima Repubblica e dei tradizionali partiti di governo, Dc e Psi in testa, si fonda sull´intesa fra Bossi e Berlusconi. Che, invece di spingere "lontano dall´Italia, lontano da Roma", trascina "Milano a Roma". In altri termini, la classe politica del Nuovo Nord, insediata a Milano e nel Nordest, "occupa" Roma. Impone il proprio ceto politico, la propria cultura, la propria identità al Paese. Espelle e rimpiazza la classe dirigente "romana". Né la vittoria dell´Ulivo del 1996 interrompe questa tendenza. Solo che il baricentro si sposta da Milano a Bologna (e, non a caso, Walter Dondi intitolerà un saggio sulla nuova stagione politica, pubblicato da Donzelli, "Bologna a Roma").
Molti sono i segni del declino romano, che prosegue sino alla fine degli anni Novanta.
a) Le riforme istituzionali, ispirate al federalismo e alla devoluzione, spostano poteri e risorse dal centro alla periferia. Dallo Stato alle Regioni e ai Comuni. Da Roma alle altre città. Non solo del Nord. La legge sull´elezione diretta dei sindaci, le riforme della pubblica amministrazione, moltiplicano le capitali. Enfatizzano l´idea dell´Italia come Paese dei mille comuni e dei mille campanili. Dove Roma è città unica. Fra altre città. Uniche anch´esse.
b) Dal punto di vista politico, l´asse Bossi-Berlusconi - che, dopo la rottura del 1994, si ricostituisce nel 1999, più saldo di prima - continua a marcare il distacco fra il Nord e Roma. Anche dopo il ritorno al governo, nel 2001. Bossi e Berlusconi, il Nord padano e Milano. I vertici di governo si svolgono ad Arcore. A casa di Berlusconi. Come le riunioni di partito. Mentre quelle della Lega avvengono nelle sedi padane del Nord. Oppure nelle pizzerie, al seguito di Bossi.
c) Poi, l´economia. Perché l´ideologia del tempo, che ha radici nel Nord, immagina la politica come variabile dipendente della società e dell´economia. E teorizza, propone gli imprenditori al governo. I "nuovi" imprenditori. Quelli che non abitano a Torino, e non hanno cittadinanza presso la corte dei "poteri forti", alla guida di Cuccia. Quelli, piccoli e piccolissimi, che stanno a Nordest. In Lombardia e in Veneto. La "nuova Italia" in contrasto con Roma. Il "vecchio" da superare.
Quanto tempo è passato da allora? Un millennio, almeno. Perché oggi nessuno, davvero, oserebbe accennare all´eclissi o, peggio, alla deriva romana.
Roma è tornata capitale. Specchio dell´Italia. Più di prima, come suggeriscono molti segnali.
a) La politica. I partiti: oggi sono ridotti, perlopiù, a oligarchie. Ma potenti. Deboli sul territorio e nella società. Ma radicati a Roma. Dove hanno sede le istituzioni di rappresentanza e di governo. E la Rai. Il luogo del potere mediatico. (Il progetto della Rai del Nord, con la seconda rete impiantata a Milano; che fine ha fatto?).
b) Il federalismo. Ha perso la spinta propulsiva, negli ultimi anni. Nonostante la "devoluzione", voluta dalla Lega e votata dalla destra, nella scorsa legislatura. Ma bocciata sonoramente, da una maggioranza larghissima di elettori, nel recente referendum costituzionale. Salvo che, manco a dirlo, in Lombardia e in Veneto. Nel Lombardoveneto. Ieri capitale. Oggi somma di regioni economicamente potenti, politicamente molto più deboli. Perché lo stesso progetto "devoluzionista" ha dichiarato (con il voto della Lega) "Roma Capitale". E perché, soprattutto, la politica (romana) sembra aver preso, di nuovo, il sopravvento sull´economia (nordista). In altri termini: la politica è tornata ai politici, mentre gli imprenditori, soprattutto i più piccoli, sono tornati alle loro imprese. Incazzati più che mai, come si è visto a Vicenza. Ma, comunque, all´opposizione.
c) Quanto alla geopolitica, basta guardare la composizione dell´attuale governo guidato da Prodi.
Su 25 ministri 9 provengono dal Lazio; quindi, in larga maggioranza, da Roma. Nel precedente governo Berlusconi, erano 7. Mentre 10 provenivano dalla Lombardia. Oggi uno solo. Parlare di "Milano a Roma", dunque, ha poco significato. Perché, semplicemente, a Roma, Milano non c´è più. Come il Veneto (e il Nordest), che non esprime nessun ministro. Invece, è salita la presenza di ministri provenienti dall´Emilia Romagna, dal Piemonte, dalla Toscana. Il vecchio Nordovest, "compromesso" con Roma oltre la zona rossa.
d) Peraltro, Prodi si è trasferito davvero a Palazzo Chigi, con la famiglia. I vertici del suo governo si svolgono a Roma, non a Bologna, a casa sua. E poi, di nome fa Romano.
e) Roma. E´ tornata ad essere la piazza d´Italia. Dove avvengono le manifestazioni politiche di protesta. I tassisti e i farmacisti. Che assediano i palazzi e gli uomini di potere. Romani. Per guadagnare (com´è capitato ai tassisti) visibilità e forza contrattuale.
f) Perché Roma è al centro dei media. Oggi che l´intreccio fra comunicazione e politica è divenuto inscindibile. E la vicinanza dei circoli mediatici e politici rende ogni protesta più evidente, critica.
g) Roma. Ancor più del passato, teatro di grandi eventi. La "piazza delle piazze". Mezzo milione di persone ad ascoltare Billy Joel e Bryan Adams, al Colosseo. Almeno un milione a celebrare il trionfo mondiale degli azzurri d´Italia, ai Fori imperiali. E stasera, all´Olimpico, arriva Madonna.
h) Roma. Città della dolce vita. Capitale dei salotti, dove si incontrano gli attori politici, della finanza, dello spettacolo. Oggi tutti quanti "attori", nel linguaggio della vita quotidiana. Impegnati a rappresentare lo spettacolo della politica e della finanza. Icone del potere vero o (perlopiù) presunto tale. (Di cui i siti del gossip telematico, come Dagospia, offrono una rassegna quotidiana accurata).
i) Roma. La città del Sindaco dei Sindaci. Walter Veltroni. Candidato (da molti) come leader del Partito Democratico che (forse) verrà. (In concorrenza con il suo predecessore, Francesco Rutelli). Attivo, presente, ascoltato. In ogni ambiente e su ogni argomento. Protagonista della politica nazionale. Di cui Roma è lo scenario principale.
l) Roma. Il suo rinascimento oggi è evidente. Ma i segni della rimonta si coglievano, numerosi, da tempo. Anche durante il governo Berlusconi. Per iniziativa di An, in particolare. Soprattutto negli ultimi anni. Scanditi da eventi e manifestazioni, che rinnovano i fasti romani. La stessa devolution, nata contro Roma, alla fine la legittima. Visto che (con il consenso della Lega) le riconosce, costituzionalmente, lo status di "capitale".
Roma. Chi rammenta il tempo (non lontano) in cui era contestata e negletta? Oggi, invece, vorrebbe rappresentare e riassumere l´Italia intera. Sospingere Milano, il Nordest, ma anche Napoli e Palermo, in periferia. E va oltre. Con un po´ di ingordigia, contende a Venezia lo spazio di "capitale" del cinema.
Insomma: "Roma ladrona" ha lasciato il posto a "Roma padrona". E deve, per questo, guardarsi dentro e intorno. Perché incombe un duplice rischio.
1. Credersi - ed essere creduta - specchio dell´Italia "tutta". Non lo è. Ne offre "una" rappresentazione. Delimitata. Per quanto attraente, importante e influente.
2. Credersi - ed essere creduta - "padrona".
In un Paese che, molto più di ieri, è costellato di poteri e identità locali forti. Significa suscitare risentimento e sospetto. E, di nuovo, distacco. Perché è difficile divenire "padrona", nel sentire comune, senza apparire "ladrona".
Dagospia 07 Agosto 2006
Roma capitale. Caput mundi ma, soprattutto, Italiae. La riconquistata centralità di Roma è sorprendente per chi abbia almeno un po´ di memoria storica. Basta risalire al passaggio fra gli anni Ottanta e Novanta. Roma era, allora, la capitale contestata di una Repubblica contestata.
Il Centro di uno Stato scricchiolante, assediato e al tempo stesso respinto dalla periferia. "Roma ladrona". Appariva spesso, nel Nord, insieme ad altre scritte. Nei luoghi più diversi. Ricordo, vent´anni fa, quando viaggiavo da Vicenza verso Trento, per recarmi all´Università. Non lontano dal passo della Fricca, su uno sperone di roccia, campeggiava: "Roma kankaro d´Italia". E, poco oltre: "Roma la ne ciucia il sangue". (Riteniamo inutile tradurre.). Oggi può apparire patetico folklore d´antan. Eco della retorica leghista.
Tuttavia, allora, non faceva ridere. Era un segnale. Serio e credibile. Che spirava aria di rivolta. La periferia "produttiva" contro Roma. Sintomo e simbolo dell´Italia della prima Repubblica. Cuore della partitocrazia, della burocrazia, dello spreco, dell´iniquità fiscale. Di cui il Mezzogiorno era metafora. Specchio della prima Repubblica, delle logiche clientelari e assistenziali praticate dalla politica "romana". Da ciò la contestualità fra il malessere contro lo Stato "meridionalizzato" e contro Roma. E lo slittamento a Nord del baricentro geo-politico dell´Italia.
La vittoria del Polo alle elezioni del 1994, le prime dopo la dissoluzione della prima Repubblica e dei tradizionali partiti di governo, Dc e Psi in testa, si fonda sull´intesa fra Bossi e Berlusconi. Che, invece di spingere "lontano dall´Italia, lontano da Roma", trascina "Milano a Roma". In altri termini, la classe politica del Nuovo Nord, insediata a Milano e nel Nordest, "occupa" Roma. Impone il proprio ceto politico, la propria cultura, la propria identità al Paese. Espelle e rimpiazza la classe dirigente "romana". Né la vittoria dell´Ulivo del 1996 interrompe questa tendenza. Solo che il baricentro si sposta da Milano a Bologna (e, non a caso, Walter Dondi intitolerà un saggio sulla nuova stagione politica, pubblicato da Donzelli, "Bologna a Roma").
Molti sono i segni del declino romano, che prosegue sino alla fine degli anni Novanta.
a) Le riforme istituzionali, ispirate al federalismo e alla devoluzione, spostano poteri e risorse dal centro alla periferia. Dallo Stato alle Regioni e ai Comuni. Da Roma alle altre città. Non solo del Nord. La legge sull´elezione diretta dei sindaci, le riforme della pubblica amministrazione, moltiplicano le capitali. Enfatizzano l´idea dell´Italia come Paese dei mille comuni e dei mille campanili. Dove Roma è città unica. Fra altre città. Uniche anch´esse.
b) Dal punto di vista politico, l´asse Bossi-Berlusconi - che, dopo la rottura del 1994, si ricostituisce nel 1999, più saldo di prima - continua a marcare il distacco fra il Nord e Roma. Anche dopo il ritorno al governo, nel 2001. Bossi e Berlusconi, il Nord padano e Milano. I vertici di governo si svolgono ad Arcore. A casa di Berlusconi. Come le riunioni di partito. Mentre quelle della Lega avvengono nelle sedi padane del Nord. Oppure nelle pizzerie, al seguito di Bossi.
c) Poi, l´economia. Perché l´ideologia del tempo, che ha radici nel Nord, immagina la politica come variabile dipendente della società e dell´economia. E teorizza, propone gli imprenditori al governo. I "nuovi" imprenditori. Quelli che non abitano a Torino, e non hanno cittadinanza presso la corte dei "poteri forti", alla guida di Cuccia. Quelli, piccoli e piccolissimi, che stanno a Nordest. In Lombardia e in Veneto. La "nuova Italia" in contrasto con Roma. Il "vecchio" da superare.
Quanto tempo è passato da allora? Un millennio, almeno. Perché oggi nessuno, davvero, oserebbe accennare all´eclissi o, peggio, alla deriva romana.
Roma è tornata capitale. Specchio dell´Italia. Più di prima, come suggeriscono molti segnali.
a) La politica. I partiti: oggi sono ridotti, perlopiù, a oligarchie. Ma potenti. Deboli sul territorio e nella società. Ma radicati a Roma. Dove hanno sede le istituzioni di rappresentanza e di governo. E la Rai. Il luogo del potere mediatico. (Il progetto della Rai del Nord, con la seconda rete impiantata a Milano; che fine ha fatto?).
b) Il federalismo. Ha perso la spinta propulsiva, negli ultimi anni. Nonostante la "devoluzione", voluta dalla Lega e votata dalla destra, nella scorsa legislatura. Ma bocciata sonoramente, da una maggioranza larghissima di elettori, nel recente referendum costituzionale. Salvo che, manco a dirlo, in Lombardia e in Veneto. Nel Lombardoveneto. Ieri capitale. Oggi somma di regioni economicamente potenti, politicamente molto più deboli. Perché lo stesso progetto "devoluzionista" ha dichiarato (con il voto della Lega) "Roma Capitale". E perché, soprattutto, la politica (romana) sembra aver preso, di nuovo, il sopravvento sull´economia (nordista). In altri termini: la politica è tornata ai politici, mentre gli imprenditori, soprattutto i più piccoli, sono tornati alle loro imprese. Incazzati più che mai, come si è visto a Vicenza. Ma, comunque, all´opposizione.
c) Quanto alla geopolitica, basta guardare la composizione dell´attuale governo guidato da Prodi.
Su 25 ministri 9 provengono dal Lazio; quindi, in larga maggioranza, da Roma. Nel precedente governo Berlusconi, erano 7. Mentre 10 provenivano dalla Lombardia. Oggi uno solo. Parlare di "Milano a Roma", dunque, ha poco significato. Perché, semplicemente, a Roma, Milano non c´è più. Come il Veneto (e il Nordest), che non esprime nessun ministro. Invece, è salita la presenza di ministri provenienti dall´Emilia Romagna, dal Piemonte, dalla Toscana. Il vecchio Nordovest, "compromesso" con Roma oltre la zona rossa.
d) Peraltro, Prodi si è trasferito davvero a Palazzo Chigi, con la famiglia. I vertici del suo governo si svolgono a Roma, non a Bologna, a casa sua. E poi, di nome fa Romano.
e) Roma. E´ tornata ad essere la piazza d´Italia. Dove avvengono le manifestazioni politiche di protesta. I tassisti e i farmacisti. Che assediano i palazzi e gli uomini di potere. Romani. Per guadagnare (com´è capitato ai tassisti) visibilità e forza contrattuale.
f) Perché Roma è al centro dei media. Oggi che l´intreccio fra comunicazione e politica è divenuto inscindibile. E la vicinanza dei circoli mediatici e politici rende ogni protesta più evidente, critica.
g) Roma. Ancor più del passato, teatro di grandi eventi. La "piazza delle piazze". Mezzo milione di persone ad ascoltare Billy Joel e Bryan Adams, al Colosseo. Almeno un milione a celebrare il trionfo mondiale degli azzurri d´Italia, ai Fori imperiali. E stasera, all´Olimpico, arriva Madonna.
h) Roma. Città della dolce vita. Capitale dei salotti, dove si incontrano gli attori politici, della finanza, dello spettacolo. Oggi tutti quanti "attori", nel linguaggio della vita quotidiana. Impegnati a rappresentare lo spettacolo della politica e della finanza. Icone del potere vero o (perlopiù) presunto tale. (Di cui i siti del gossip telematico, come Dagospia, offrono una rassegna quotidiana accurata).
i) Roma. La città del Sindaco dei Sindaci. Walter Veltroni. Candidato (da molti) come leader del Partito Democratico che (forse) verrà. (In concorrenza con il suo predecessore, Francesco Rutelli). Attivo, presente, ascoltato. In ogni ambiente e su ogni argomento. Protagonista della politica nazionale. Di cui Roma è lo scenario principale.
l) Roma. Il suo rinascimento oggi è evidente. Ma i segni della rimonta si coglievano, numerosi, da tempo. Anche durante il governo Berlusconi. Per iniziativa di An, in particolare. Soprattutto negli ultimi anni. Scanditi da eventi e manifestazioni, che rinnovano i fasti romani. La stessa devolution, nata contro Roma, alla fine la legittima. Visto che (con il consenso della Lega) le riconosce, costituzionalmente, lo status di "capitale".
Roma. Chi rammenta il tempo (non lontano) in cui era contestata e negletta? Oggi, invece, vorrebbe rappresentare e riassumere l´Italia intera. Sospingere Milano, il Nordest, ma anche Napoli e Palermo, in periferia. E va oltre. Con un po´ di ingordigia, contende a Venezia lo spazio di "capitale" del cinema.
Insomma: "Roma ladrona" ha lasciato il posto a "Roma padrona". E deve, per questo, guardarsi dentro e intorno. Perché incombe un duplice rischio.
1. Credersi - ed essere creduta - specchio dell´Italia "tutta". Non lo è. Ne offre "una" rappresentazione. Delimitata. Per quanto attraente, importante e influente.
2. Credersi - ed essere creduta - "padrona".
In un Paese che, molto più di ieri, è costellato di poteri e identità locali forti. Significa suscitare risentimento e sospetto. E, di nuovo, distacco. Perché è difficile divenire "padrona", nel sentire comune, senza apparire "ladrona".
Dagospia 07 Agosto 2006