SILVIO SIRCANA, LA DURA VITA DEL PORTAVOCE - IL SUO TALENTO? LUI DICE IL SILENZIO. MA PARLA, PARLA PARLA. TI STORDISCE. E INTANTO DRIBBLA LE DOMANDE PIÙ INSIDIOSE.

Luisa Pronzato per il "Corriere della Sera Magazine"


Sorrisi divertiti per tutto il film ma salta sulla sedia (con risata liberatoria) quando il leader aggredisce il suo portavoce urlandogli: «Quando tu sei lì a parlare, il tuo nome non ha importanza. Se ti comporti come una testa di cazzo, io sono la testa di cazzo». Silvio Sircana ha spento cellulari (e sigarette) solo per il tempo della proiezione di Thank you for smoking (nelle sale l'1 settembre), cinica commedia di Jason Reitman che in America ha fatto ridere a denti stretti liberal e conservatori in un rispecchiamento reciproco. Finito il film, cellulari e sigarette non hanno smesso di infuocarsi.

È la vita reale del portavoce. «Siamo dei mediatori, facciamo i body guard dei ministri di cui difendiamo agende e tempi», dice il coordinatore dei portavoce dei ministri, oltre che «pierre» in proprio di Romano Prodi. L'uomo che dopo il «carnevale delle dichiarazioni» dei primi giorni di governo ha riunito i colleghi invitandoli a diventare dei «portasilenzio». Il portavoce di cui parlavamo, invece, è solo l'antagonista, pure sfigato, di Nick Naylor (nel film interpretato da Aaron Eckhart), squalo della comunicazione della Big Tobacco che si definisce dalle prime battute: «Sono pagato per parlare. Sono diplomato in colpi duri, sotto la cintura». Senza inibizioni, capace di rigirare in suo favore qualsiasi situazione (di fronte al ragazzo col cancro ai polmoni sostiene che le multinazionali del tabacco non trarrebbero nessun profitto dalla sua morte: «Significherebbe perdere un cliente»), Nick è però un eroe. L'eroe che veste la verità, oggetto da maneggiare con cura, abbellire, mai esprimere fino in fondo. Politicamente scorretto, almeno quanto privo di moralismi,

Thank you for smoking - cronaca di una controffensiva della lobby del tabacco contro i fanatici del salutismo - è un film sull'abilità del portavoce. Che cosa ne pensa Silvio Sircana, sostenitore della «comunicazione senza fard» e per questo noto tra i cronisti come un osso duro da spolpare? «Gli americani hanno una visione miracolistica del nostro mestiere», dice accendendo la prima sigaretta. «La comunicazione, però, non è il ribaltamento della realtà. In Italia sono i politici da talk show che somigliano a Nick. O i Berlusconi che mirano all'effetto emotivo». Non sopporta che lo chiamino guru. «Sono pronto a mettere mano alla fondina».

Gli effetti emotivi gli danno l'orticaria. E perde l'aplomb da signore piemontese quando i giornalisti chiedono retroscena, invece di prendere rigorosamente appunti su documenti e dossier di cui la nuova era, in nome della trasparenza, è generosa. «La sequenza del talk show iniziale è un momento di vera comunicazione mentre la commissione antifumo finale è solo retorica». Nick dice che se si è bravi a parlare si può vincere in qualsiasi campo. «Io ho parlato di telefoni, di energia, di alta moda e di finanza, ma sono stato un teppista della comunicazione solo con Berlusconi», dice dopo un fiume di teorie sull'etica e sul rigore, compresa la promessa di essere noiosi.

Parla dell'importanza, in politica, di condividere le idee rimanendo critici («Come per qualsiasi prodotto occorre mantenere distacco ed essere spietati nel vederne le carenze. Sarei un cretino se dicessi che tutto va bene, che abbiamo la maggioranza, negando che con la maggioranza risicata combattiamo ogni giorno. Sarei altrettanto stupido, però, se dicessi che non ci permetterà di vivere»). E continuando nell'abilita di stordire con le parole, termina con una frase-slogan: «Saremo pallosissimi ma sappiamo studiare, analizzare e realizzare progetti, sta a voi crederci». Continuiamo sul punto in comune con quel bastardo di Nick. «Si era in piena bagarre sui dibattiti tv. Bonaiuti, cogliendo una sensibilità di Romano Prodi, aveva iniziato la campagna dicendo: "Prodi scappa". Noi rispondevamo che la loro conferenza stampa finale, lasciando al Cavaliere l'ultima parola, non era democratica. Bonaiuti insisteva sul "Prodi scappa"». È questo il punto debole del presidente? «È coraggioso, ma se gli si dice che ha paura o si mettono in dubbio le sue performance sportive perde le staffe. Bonaiuti l'aveva capito». La controstrategia? «La sera in cui eravamo a Porta a porta ho suggerito a Prodi di concludere il suo intervento dicendo che se avessero eliminato la conferenza finale avrebbe accettato il faccia a faccia tv. Doveva dirlo in modo ostentato, ad alta voce. Ha fatto di più, lo ha urlato. La sera dopo era Berlusconi l'ospite di Vespa. Dieci minuti e fa: ok, cancelliamo la conferenza stampa. Lo sapevo. Bonaiuti aveva azzeccato il tono della campagna, ma Berlusconi glielo aveva rovinato. Alle sfide non resiste».



Però Bonaiuti, che ha fatto il giornalista per anni, non è bacchettone come lei. «Questa ormai è una battaglia personale. Il giornalista io non l'ho mai fatto, ma quelli che arrivano al mio mestiere rischiano la sindrome del press agent che porta a misurare la propria performance in centimetri-colonna. È una visione narcisistica del portavoce-ex-giornalista, magari in crisi di astinenza perché non scrive più». A chi si riferisce? «Niente nomi. Per me ogni informazione è un capitolo di un libro lungo cinque anni. Sto scrivendo il Guerra e pace della politica italiana, non un articolo di 60 righe».

CHI SPARA PER PRIMO
Allora, come si comunica la politica? «È una macchina complessa. Nella stanza dove lavoro passano telefonate con Blair, Chirac o Bush. Se dovessi spararle appena le sento farei venti titoli al giorno». Ma? «Non gestiamo il mercatino dell'informazione, ma dati sensibili che vanno dosati». Però poi le notizie escono lo stesso. «Infatti, spari per primo quando intuisci che altri spareranno». L'ultima volta che l'ha fatto? «Da San Pietroburgo, Romano aveva fatto un gran lavoro di tessitura per facilitare il dialogo tra Israele e Libano. Pensavamo che la notizia dovesse restare coperta, almeno all'inizio. Ma si è subito visto che sarebbe stato impossibile impedirlo. E allora l'abbiamo raccontato noi» .

MANCANZA DI VELINE
Silvio Sircana è anche quello del «meno tv, più aula parlamentare». «Non sono il don Ferrante della comunicazione, ammesso che la tv sia la peste. Però nego l'ansia montante nel centrosinistra che si sente sovrastato dalle tv e vive con angoscia la necessità di andarci. La tv è un'arma straordinaria, ma c'è una platea pensante.Va rispettata. Per il pacchetto-Bersani, per esempio, meglio trasmissioni popolari come Uno mattina che il tiggì o Porta a porta. E poi bisogna considerare che ci sono politici refrattari alla tv». Chi? «Prodi. Siccome non la ama, non è il suo mezzo. Come la carta stampata: troppo poco spazio per raccontare, da professore qual è, tutte le sfaccettature di un provvedimento economico».

Prodi non è smart? «No, è cool. Si offende terribilmente quando gli si chiede di sintetizzare». Per fortuna lei è almeno un menestrello che nei momenti topici, vedi l'attesa dei risultati elettorali, rasserena gli animi intonando My Way. «No, guardi è la mia tensione che curo suonando. Ogni giorno mezz'ora. Sono gli amici che mi obbligano a fare il buffone». Allora hanno ragione quelli che insistono sulla sinistra antipatica, che si diverte senza volerlo far vedere. «Non siamo glamour, ma simpatici sì. Nell'anticamera di Palazzo Chigi ho riscoperto il piacere delle chiacchiere. Visco, D'Alema e Rutelli non sono mai banali. E poi il presidente è curioso, non molla la presa se non si è fatto raccontare tutto su vacanze, famiglie e amici. Le feste le facciamo. A differenza del centrodestra, non usiamo la mondanità per comunicare. Al compleanno di mia moglie mancavano le veline, ma non la baldoria. Appena mandato a letto i più seri, Prodi e Padoa Schioppa, con la Melandri, Santagata e Bersani abbiamo improvvisato un blues al piano. «Tps, Tps, (sta per Tommaso Padoa Schioppa), Give us our money back. Tps, Tps, We found a big hole. Tps we need an added deck. Tradotto sarebbe: ridacci i nostri soldi, abbiamo trovato un gran buco, c'è bisogno di una manovra aggiuntiva. Certo, in inglese suona meglio».

«Michael Jordan gioca a basket», dice Nick prima dei titoli di coda. «Charles Manson uccide la gente. Io parlo. Ognuno ha un talento». Il talento di Sircana? Lui dice il silenzio. Ma parla, parla parla. Ti stordisce. E intanto dribbla le domande più insidiose.



Dagospia 24 Agosto 2006