WOODWARD, UN LIBRO CONTRO BUSH - IL GIORNALISTA CHE RIVELĂ’ LO SCANDALO WATERGATE ACCUSA IL PRESIDENTE DI AVER MENTITO SULLA GUERRA IN IRAQ E DI NON ESSERE RIUSCITO A SILURARE RUMSFELD - RICE SMENTISCE WOODWARD: MAI AVVISATA DELL'IMMINENTE ATTACCO.
1 - RICE SMENTISCE WOODWARD: MAI AVVISATA DELL'IMMINENTE ATTACCO.
(Apcom) - Il segretario di stato americano, Condoleeza Rice, ha smentito con forza di essere stata avvisata del rischio di imminenti attacchi terroristici contro gli Stati uniti prima dell'11 settembre. Tali affermazioni sono contenute in un libro di recente pubblicazione scritto dal giornalista Bob Woodward.
Interrogata oggi a questo proposito mentre era sull'aereo che la portava in Medio Oriente, Rice, che all'epoca era consigliere alla sicurezza nazionale presso la Casa Bianca, ha affermato di non ricordarsi di un incontro con George Tenet, ex capo della Cia, avvenuto nel luglio 2001. "Ma ciò di cui sono certa - ha detto invece il capo della diplomazia americana - è che mi ricorderei bene se qualcuno mi avesse detto, come sostiene quella tesi, che ci sarebbe stato un attentato negli Usa". "E trovo del tutto incomprensibile l'idea che avrei potuto ignorare (un simile avvertimento)", ha aggiunto Rice, spiegando che la Casa Bianca era in stato di massima allerta per il rischio di attentati, ma non sul suolo americano.
Nel suo libro, "State of denial", Bob Woodward, che assieme a Carl Bernstein svelò lo scandalo Watergate, accusa Rice di aver ignorato dei chiari avvertimenti di Tenet sulla possibilità che Al Qaida compisse degli attentati negli Stati uniti. Questi avvertimenti sarebbero stati espressi nel corso di un incontro avvenuto il 10 luglio 2001 su richiesta del capo della Cia. Secondo Bob Woodward, Tenet avrebbe percepito chiaramente di non "essere riuscito a stabilire un collegamento con Rice" e avrebbe avuto l'impressione che questa l'avesse "mandato a farsi un giro".
2 - WOODWARD, UN LIBRO CONTRO BUSH - "INCAPACE DI SILURARE RUMSFELD".
Bob Woodward per "la Repubblica" (Copyright Newsweek-La Repubblica, traduzione di Anna Bissanti)
Pubblichiamo alcuni brani del nuovo libro di Bob Woodward "State of Denial", in cui il giornalista che rivelò lo scandalo Watergate accusa il presidente Bush di aver mentito sulla guerra in Iraq e di non essere riuscito a mettere da parte il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, giudicato incapace da molti suoi collaboratori. La Casa Bianca ha reagito smentendo le rivelazioni e ribadendo il sostegno a Rumsfeld.
Nel novembre 2004, dopo la rielezione di Bush alla Casa Bianca si doveva rispondere a una domanda cruciale: Rumsfeld deve restare? Il segretario generale della Casa Bianca, Andrew H. Card Jr. dovette affrontare la questione con grande cautela. A farsi sentire più di qualunque altra a favore di un cambiamento era la voce del segretario di Stato uscente, Colin Powell, che nel corso di un colloquio disse a Card: «Se vado via io, anche Don dovrebbe andarsene». Bush infatti aveva già deciso di sostituire Powell con la Rice, ma non era ancora chiaro chi volesse alla Difesa.
Nell´elenco di Card sugli 11 possibili sostituti per Rumsfeld figuravano il senatore Joe Lieberman, democratico del Connecticut candidato alla vice-presidenza insieme ad Al Gore nel 2000 e il senatore Repubblicano dell´Arizona John McCain. Ma il sostituto migliore sarebbe stato James A. Baker III. «Signor Presidente, le consiglio una cosa», disse Card. «Al dipartimento della Difesa metta un diplomatico». Parve che al presidente il consiglio interessasse davvero. Card parlò anche a Rumsfeld, che dava per scontato che non ci sarebbe stato alcun cambiamento.
Karl Rove ebbe un peso determinante: si stava per avvicinare una sessione alquanto problematica con il Congresso. Chiaramente la guerra in Iraq sarebbe stato il tema centrale delle audizioni di conferma per qualsiasi persona Bush avesse nominato come segretario della Difesa. Rove disse che non dovevano fare assolutamente nulla che potesse far scaturire nuove audizioni. A metà dicembre il presidente prese la decisione: Rumsfeld sarebbe rimasto, non poteva sostituirlo: «Questo non significa che non volesse farlo» disse Card più tardi.
Card cercò di avere un colloquio schietto con Laura Bush. La first lady era angosciata per la guerra e preoccupata che Rumsfeld potesse danneggiare suo marito e la sua opinione pareva riflettere quella della Rice su Rumsfeld, le preoccupazioni che lei nutriva per il suo stile dispotico e la sua tendenza a sovrastare gli altri. Card sapeva che la first lady e la Rice nei weekend a Camp David andavano spesso a fare lunghe passeggiate insieme. Card le espose i suoi dubbi in relazione a Rumsfeld e le disse che credeva fosse ormai giunto il momento di sostituirlo. La first lady (riferendosi al marito, ndt) disse: «A lui sta bene così, ma a me no». In un´altra occasione, invece, disse: «Non so proprio perché questa situazione non gli crei problemi».
Il nuovo segretario di Stato, Condoleezza Rice, assunse un vecchio amico, Philip Zelikow, come consigliere per il Dipartimento di Stato, un posto poco in vista ma di grande influenza. Dopo poco lo mandò in Iraq insieme a un piccolo gruppo di persone. Il 10 febbraio, quattordicesimo giorno da segretario di Stato della Rice, Zelikow le consegnò un rapporto segreto di 15 pagine, con l´intestazione «Secret/NoDis», che significa da non divulgare a nessun altro. La Rice lesse il rapporto che conteneva le seguenti frasi: «A questo punto l´Iraq resta ed è uno Stato fallito, tormentato da una violenza incessante e dal cambiamento politico rivoluzionario in corso». Dopo due anni, migliaia di vite e centinaia di miliardi di dollari, il concetto di «Stato fallito», Stato mancato, per lei fu uno shock.
Nel luglio 2006 ho intervistato Rumsfeld per due pomeriggi di seguito. Della situazione nel suo complesso ha detto: «La nostra exit strategy è avere un governo iracheno e forze della sicurezza in grado di occuparsi di un livello inferiore di guerriglia e in definitiva di avere la meglio sulla stessa, reprimendola nel corso del tempo. Ma potrebbe occorrere un periodo di tempo parecchio lungo e noi potremmo benissimo non avere più molti uomini in Iraq».
Ho chiesto a Rumsfeld quale sia, secondo lui, lo scenario migliore e più ottimistico per una conclusione positiva della guerra in Iraq. «Questa è una brutta faccenda. E´ dura. Non c´è un´ipotesi più rosea. Ci troviamo alle prese con un nemico che può repentinamente cambiare le cose; può fare quello che vuole». Gli ho chiesto: «E ottimista?» Rumsfeld ha guardato verso di me e ha continuato a parlare. Tre dei suoi collaboratori seduti al tavolo con noi nel suo ufficio non hanno potuto di fare a meno di sorprendersi del fatto che Rumsfeld stesse andando avanti a parlare senza darmi una risposta. «Stiamo combattendo la prima guerra della storia del nuovo secolo» ha poi continuato. «E lo stiamo facendo con tutte queste nuove realtà, con un´organizzazione da età industriale in un ambiente che non si è adattato o adeguato. E un´opinione pubblica che non si è adattata né adeguata».
Dagospia 02 Ottobre 2006
(Apcom) - Il segretario di stato americano, Condoleeza Rice, ha smentito con forza di essere stata avvisata del rischio di imminenti attacchi terroristici contro gli Stati uniti prima dell'11 settembre. Tali affermazioni sono contenute in un libro di recente pubblicazione scritto dal giornalista Bob Woodward.
Interrogata oggi a questo proposito mentre era sull'aereo che la portava in Medio Oriente, Rice, che all'epoca era consigliere alla sicurezza nazionale presso la Casa Bianca, ha affermato di non ricordarsi di un incontro con George Tenet, ex capo della Cia, avvenuto nel luglio 2001. "Ma ciò di cui sono certa - ha detto invece il capo della diplomazia americana - è che mi ricorderei bene se qualcuno mi avesse detto, come sostiene quella tesi, che ci sarebbe stato un attentato negli Usa". "E trovo del tutto incomprensibile l'idea che avrei potuto ignorare (un simile avvertimento)", ha aggiunto Rice, spiegando che la Casa Bianca era in stato di massima allerta per il rischio di attentati, ma non sul suolo americano.
Nel suo libro, "State of denial", Bob Woodward, che assieme a Carl Bernstein svelò lo scandalo Watergate, accusa Rice di aver ignorato dei chiari avvertimenti di Tenet sulla possibilità che Al Qaida compisse degli attentati negli Stati uniti. Questi avvertimenti sarebbero stati espressi nel corso di un incontro avvenuto il 10 luglio 2001 su richiesta del capo della Cia. Secondo Bob Woodward, Tenet avrebbe percepito chiaramente di non "essere riuscito a stabilire un collegamento con Rice" e avrebbe avuto l'impressione che questa l'avesse "mandato a farsi un giro".
2 - WOODWARD, UN LIBRO CONTRO BUSH - "INCAPACE DI SILURARE RUMSFELD".
Bob Woodward per "la Repubblica" (Copyright Newsweek-La Repubblica, traduzione di Anna Bissanti)
Pubblichiamo alcuni brani del nuovo libro di Bob Woodward "State of Denial", in cui il giornalista che rivelò lo scandalo Watergate accusa il presidente Bush di aver mentito sulla guerra in Iraq e di non essere riuscito a mettere da parte il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, giudicato incapace da molti suoi collaboratori. La Casa Bianca ha reagito smentendo le rivelazioni e ribadendo il sostegno a Rumsfeld.
Nel novembre 2004, dopo la rielezione di Bush alla Casa Bianca si doveva rispondere a una domanda cruciale: Rumsfeld deve restare? Il segretario generale della Casa Bianca, Andrew H. Card Jr. dovette affrontare la questione con grande cautela. A farsi sentire più di qualunque altra a favore di un cambiamento era la voce del segretario di Stato uscente, Colin Powell, che nel corso di un colloquio disse a Card: «Se vado via io, anche Don dovrebbe andarsene». Bush infatti aveva già deciso di sostituire Powell con la Rice, ma non era ancora chiaro chi volesse alla Difesa.
Nell´elenco di Card sugli 11 possibili sostituti per Rumsfeld figuravano il senatore Joe Lieberman, democratico del Connecticut candidato alla vice-presidenza insieme ad Al Gore nel 2000 e il senatore Repubblicano dell´Arizona John McCain. Ma il sostituto migliore sarebbe stato James A. Baker III. «Signor Presidente, le consiglio una cosa», disse Card. «Al dipartimento della Difesa metta un diplomatico». Parve che al presidente il consiglio interessasse davvero. Card parlò anche a Rumsfeld, che dava per scontato che non ci sarebbe stato alcun cambiamento.
Karl Rove ebbe un peso determinante: si stava per avvicinare una sessione alquanto problematica con il Congresso. Chiaramente la guerra in Iraq sarebbe stato il tema centrale delle audizioni di conferma per qualsiasi persona Bush avesse nominato come segretario della Difesa. Rove disse che non dovevano fare assolutamente nulla che potesse far scaturire nuove audizioni. A metà dicembre il presidente prese la decisione: Rumsfeld sarebbe rimasto, non poteva sostituirlo: «Questo non significa che non volesse farlo» disse Card più tardi.
Card cercò di avere un colloquio schietto con Laura Bush. La first lady era angosciata per la guerra e preoccupata che Rumsfeld potesse danneggiare suo marito e la sua opinione pareva riflettere quella della Rice su Rumsfeld, le preoccupazioni che lei nutriva per il suo stile dispotico e la sua tendenza a sovrastare gli altri. Card sapeva che la first lady e la Rice nei weekend a Camp David andavano spesso a fare lunghe passeggiate insieme. Card le espose i suoi dubbi in relazione a Rumsfeld e le disse che credeva fosse ormai giunto il momento di sostituirlo. La first lady (riferendosi al marito, ndt) disse: «A lui sta bene così, ma a me no». In un´altra occasione, invece, disse: «Non so proprio perché questa situazione non gli crei problemi».
Il nuovo segretario di Stato, Condoleezza Rice, assunse un vecchio amico, Philip Zelikow, come consigliere per il Dipartimento di Stato, un posto poco in vista ma di grande influenza. Dopo poco lo mandò in Iraq insieme a un piccolo gruppo di persone. Il 10 febbraio, quattordicesimo giorno da segretario di Stato della Rice, Zelikow le consegnò un rapporto segreto di 15 pagine, con l´intestazione «Secret/NoDis», che significa da non divulgare a nessun altro. La Rice lesse il rapporto che conteneva le seguenti frasi: «A questo punto l´Iraq resta ed è uno Stato fallito, tormentato da una violenza incessante e dal cambiamento politico rivoluzionario in corso». Dopo due anni, migliaia di vite e centinaia di miliardi di dollari, il concetto di «Stato fallito», Stato mancato, per lei fu uno shock.
Nel luglio 2006 ho intervistato Rumsfeld per due pomeriggi di seguito. Della situazione nel suo complesso ha detto: «La nostra exit strategy è avere un governo iracheno e forze della sicurezza in grado di occuparsi di un livello inferiore di guerriglia e in definitiva di avere la meglio sulla stessa, reprimendola nel corso del tempo. Ma potrebbe occorrere un periodo di tempo parecchio lungo e noi potremmo benissimo non avere più molti uomini in Iraq».
Ho chiesto a Rumsfeld quale sia, secondo lui, lo scenario migliore e più ottimistico per una conclusione positiva della guerra in Iraq. «Questa è una brutta faccenda. E´ dura. Non c´è un´ipotesi più rosea. Ci troviamo alle prese con un nemico che può repentinamente cambiare le cose; può fare quello che vuole». Gli ho chiesto: «E ottimista?» Rumsfeld ha guardato verso di me e ha continuato a parlare. Tre dei suoi collaboratori seduti al tavolo con noi nel suo ufficio non hanno potuto di fare a meno di sorprendersi del fatto che Rumsfeld stesse andando avanti a parlare senza darmi una risposta. «Stiamo combattendo la prima guerra della storia del nuovo secolo» ha poi continuato. «E lo stiamo facendo con tutte queste nuove realtà, con un´organizzazione da età industriale in un ambiente che non si è adattato o adeguato. E un´opinione pubblica che non si è adattata né adeguata».
Dagospia 02 Ottobre 2006