MATTEO MARZOTTO, UN FUTURO DA UOMO IN LEBOLE? - PER RIDLEY SCOTT, I GUCCI COME I "SOPRANOS" - L'OROLOGIO COPIATO DI D&G - FIRENZE (PITTI) E MILANO (EXPOCT) SI SFIDANO SUL "CORRIERE" - DELLA VALLE, CHE SCHIAPPARELLI! - "VELVET", L'EDITORE CI CREDE.

Fashion Victims per "Prima Comunicazione" (www.primaonline.it)

1 - HO UN DEBOLE PER L'UOMO IN LEBOLE - Mi ricordo che appena la Marzotto compro Valentino mi era presa come una specie di disperazione. Pensavo che quella grande industria non avrebbe potuto valorizzare l'enorme fascinazione che ancora Valentino, nonostante tutto, poteva avere. La mia paura, però, si appuntava soprattutto sulla moda dell'uomo, ricordandomi una vecchia pubblicità della casa vicentina che faceva dire, a un uomo un po' troppo formale e impettito: "Abitualmente vesto Marzotto". E infatti cosi e stato. Mentre sotto la guida dell'ex Michele Norsa e di Matteo Marzotto la donna di Valentino ha recuperato splendore, l'uomo e rimasto sempre molto formale, troppo impettito e neanche un po' glamour. Alla "Abitualmente vesto Marzotto", insomma. Tanto e vero che non ho mai visto il giovane Matteo con un abito di Valentino ma sempre vestito con i suoi tagliatissimi tailleur di sartoria.

Questa sciocchezza mi a tornata in mente in questi giorni che ho visto il sempre giovane (ma gli anni passano anche per lui) Matteo Marzotto nella pubblicità di Lebole. Bello ritoccato con il photoshop, come si usa adesso in tutte le pubblicità, i1 figlio di Marta è l'autotestimonial di un altro marchio storico della famiglia. E pure qui non sembrano lontani i tempi di "Ho un debole per l'uomo in Lebole"... Anche se ora l'uomo in Lebole posa accanto al casco dell'amata moto che serve a Matteo per la corsa Parigi-Dakar. Qualche pensiero maligno il Matteo-testimonial me l'ha fatto fare, però: vuoi vedere che si prepara un futuro da uomo-immagine ora che le voci di un assalto alla Valentino da parte di Francois Pinault di Ppr si fanno sempre più insistenti?

2 - NON C'E PACE IN FAMIGLIA - Per quanto faccia, il Gruppo Gucci non ce la fa a far dimenticare la storia maledetta della famiglia che ha fondato il marchio. La volontà di pubblicare solo le cose belle della storia del marchio, come si vedrà nel libro che celebra gli 85 anni, e far dimenticare le guerre di famiglia che ci sono sempre state (a partire dalla denuncia per frode fiscale fatta dal figlio Paolo al padre Aldo Gucci per finire all'assassinio dell'ultimo Gucci commissionato dalla moglie Patrizia) si infrange continuamente contro la memoria pubblica. Ora e nientemeno il regista Ridley Scott (per intenderci, quello del 'Gladiatore') ad annunciare che sta preparando un film su questa saga familiare che, fa sapere, non avrà nulla da invidiare al successo della serie dei 'Sopranos'.



3 - COPIA COPIA - Io lo dico sempre che a copiare si fa bella figura ma non si passano gli esami. Ci sono caduti anche Dolce&Gabbana che, per aver copiato un orologio del gioielliere francese Pascal Morabito, sono stati condannati dal tribunale di Parigi a pagare un danno di 150mila euro (20mila li paga però le Galeries Lafayettes che li vendevano) e alla distruzione di tutti gli orologi copiati. Ora dico io, tra tanti che c'erano, proprio quelli di un gioielliere che vende in place Vendome dovevate copiare? Certo, la colpa sarà sicuramente della Binda, la società che produce gli orologi (mica loro possono controllare tutte le cose che firmano, no?), però il tribunale li aveva anche condannati a pubblicare la sentenza, oltre che su "Le Figaro", anche sul loro sito. Io però non l'ho trovata. Sicuramente perché, essendo un po' babbiona, non so usare Internet.

4 - CAMPANILI - Non ci voleva la zingara, e infatti l'avevo scritto su queste pagine due anni fa, per capire gia dall'inizio, quando Pitti ha annunciato che veniva a Milano per organizzare i salon White, NeoZone e CloudNine, che tra Firenze e Milano - dove Expo Cts organizza MilanoVendeModa e, da poco, il salon delle taglie forti - sarebbe scoppiata di nuovo la guerra delle fiere di moda femminile, come ai tempi del Modit e di Pitti Donna. E infatti, sul "Corriere Economia", chissa perché trasformato in megafono di questa lotta di campanili, Pitti da Firenze e Expo Ct da Milano si parlano a puntate. "E a Milano Pitti scopre di non essere amata", dice una settimana. E due settimane dopo, per diritto di replica,, si risponde: "E se fosse Pitti a non amare Milano". Che bel dubbio amletico! E se, al posto di scomodare Shakespeare per così poco, ognuno facesse ii proprio mestiere?

5 - DELLA VALLE SHOCKING - Alla fine, mi dicono, Diego Della Valle non ha seguito il mio consiglio e ha comprato il marchio Elsa Schiaparelli. Bene, gli faccio gli auguri, se e vero, e non me la prendo se non mi ha ascoltato. Però, la cosa che mi preoccupa è che a Parigi dicono che qualcuno sta lavorando a una collezione di haute couture firmata Schiaparelli. Ora, a meno che Diego non abbia scovato qualche giovincello scapestrato surrealista del Ventunesimo secolo, non capisco chi possa disegnare una collezione così impegnativa. A meno che non si ripeta la storia di quelli che comprano i marchi di moda per vendere i profumi, e lo Shocking di Elsa Schiaparelli se lo ricordano solo le vecchie come me, e quando più non li vendono chiudono baracche e burattini. Come ha fatto la Procter&Gamble a luglio con Rochas. Diego, te lo dico ancora una volta, i vestiti non sono scarpe e Schiaparelli non e Roger Vivier.

6 - COMUNQUE VADA SARÀ UN SUCCESSO - È bello vedere un editore che crede nelle cose che fa. Repubblica, per esempio, ci crede talmente tanto al suo nuovo mensile "Velvet" che non solo gli fa pubblicità sulle pagine del quotidiano e dei settimanali, ma su "Repubblica" ha fatto replicare lo stesso articolo a distanza di tre giorni: due pagine intere, una sull'edizione nazionale di venerdì 3 novembre e l'altra su "Affari e Finanza" di lunedi 6 (in realtà, l'articolo su "Af" e stato scritto prima, quello sul nazionale era una sintesi). In ogni caso, sappiamo che "comunque vada sarà un successo". Tanto più che finalmente potremo rileggere i 'fatti suoi' della direttora, la Michela Gattermayer, che quando era a "Elle", per esempio, riusciva a informarci sulla sua esperienza da miope e sul suo stress da trasloco. Ora, da "Velvet", ci informa sulla sua passione di fare shopping, lei che, come scrive "Repubblica", ha 400 paia di jeans, 250 pantaloni di pelle, 150 paia di stivali e infinite camicie bianche (le consigliamo di leggere 'La signora del furgone', di Alan Bennett, Adelphi).


Dagospia 16 Novembre 2006