MA CHE ASPETTA TOM FORD? (CON TUTTE LE MALIGNITÀ CHE SI DICONO DI LUI) - IL LIBRO CHE FECE INFURIARE KARL LAGERFELD - EVERYBODY LOVES GIORGIO - GUCCI DÀ I NUMERI - PER "VOGUE" U.S.A. MIUCCIA, ICONA DEL VESTIRE DI INIZIO SECOLO.
Fashion Victims per "Prima Comunicazione (www.primaonline.it)
1 - TOM, ORA O MAI PIÙ - Dov'è finito Tom Ford? Oltre ai party, che posti frequenta? Chi vede? Dove va? E soprattutto, cosa fa? Quelli che gli sono più vicini dicono che vive tra New York e Londra e che e impegnato nella preparazione della sua linea extra lusso maschile. Ancora impegnato nella preparazione? E che è, una linea di vestiti - sia pure tantissimo di lusso - o la gestazione di un elefante? Il dubbio che a forza di preparare finisca per mettere su una sua fabbrica di san Pietro al posto di giacche e pantaloni, a questo punto è forte. Tanto più che alcuni rumors vogliono sia già finita la collaborazione con Zegna, che doveva produrre il tutto. Ma io spero che sbaglino. Perché sono voci cattive. Perché quelli della moda sono di una cattiveria terribile e, sulle persone, cambiano e ricambiano parere come se fosse una collezione trimestrale.
Dopo averlo tanto amato al di là di ogni limite, infatti, adesso vengono fuori con un sacco di cattiverie. Dicono, per esempio, che la sua bellezza ormai è solo frutto di botox e di make up. Alcuni giurano, perfino, di essere testimoni oculari delle sue creme e dei suoi trucchi. Dicono, questi saccentoni, che ogni mattina si stende sulla sempre più spaziosa fronte un prodotto di Clinique che è come se fosse una matita o uno stick e se lo passa sulla fronte e sul viso e pare che sia un prodotto miracoloso che non fa vedere rughette e imperfezioni e che gli fa la pelle liscissima (ma perché non ci dicono il nome: potremmo approfittarne anche noi). Dicono, ancora, che per ridare smalto allo sguardo, usi un ombretto di un colore speciale che si è fatto fare da Estée Lauder, la casa di cosmetici con la quale collabora proprio per creare nuovi colori dei trucchi e per il packaging.
Infine, sempre in seduta maquillage, dicono che usi un prodotto speciale per i capelli che li rende più folti e più scuri. Non capisco, se anche fosse vero, che c'è di male: secondo me, se Tom sapesse che perfino il nostro ministro Mastella pecca di vanità e ammette di tingere i capelli, lui uscirebbe da casa truccato come un attore di kabuki. Ma le cose più brutte le raccontano sulla sua personalità. Dicono che durante il party per il lancio del suo profumo Black Orchid abbia affittato un intero palazzo a New York e che mentre gli ospiti si disperdevano per i vari piani bevendo e mangiando l'ottimo cibo che veniva preparato fresco nelle cucine dell'ultimo piano, lui si è rifugiato proprio lì, nelle cucine. E che da lì non si è mosso e ha passato l'intera festa con i cuochi pur di non incontrare gli ospiti che gli avrebbero chiesto notizie sul suo lavoro. Io, invece, dico che il 2007 sarà l'anno di Tom. Anche perché, o torna ora mai più.
2 - NESSUNO TOCCHI KARL - Quanto siano presuntuosi gli stilisti, ormai lo sanno anche quelli che si occupano di tartine per i loro party. Non li si può toccare. Guai a chi scrive una parola contro di loro. Ma guai anche a chi scrive qualche verità che li riguarda. Ogni verità può essere pericolosa per il business. Ma nessuno, finora, si è spinto così tanto fino a chiedere a un tribunale di fare ritirare un libro nel mondo intero (o forse sì e io non l'ho mai saputo. Ma sarebbe strano).
Comunque, la storia riguarda Karl Lagerfeld e il libro `The Beautiful Fall' della mia vecchia e cara amica Alicia Drake, una giornalista inglese che vive a Parigi da anni e anni. Dunque, Alicia ha scritto un libro in cui racconta, lei che c'era, degli anni Settanta a Parigi e di tutto quello che succedeva con Lagerfeld e Yves Saint Laurent. Di certo (lo so anch'io che non vivevo a Parigi) si sa che quegli anni erano proprio scatenati e che, paragonati al falso mortorio perbenista di oggi, sembrano Sodoma e Gomorra. E non certo solo per il riferimento al sesso. Il libro, che in Italia non si sa neanche cosa sia perché non è uscito e i giornalisti italiani non sanno leggere in inglese, è molto godibile anche se un po' - o forse troppo - nostalgico.
Ma a Karl non è andato a genio: dice - e fa scrivere nell'istanza al Tribunal de Grande Istance di Parigi - che è un attentato alla sua privacy, anzi, secondo l'articolo 9 del codice civile francese, un "atteint à la vie privée". In realtà, nel libro non c'è nulla che la gente della nostra età non sappia: i viaggi à Marrakech di Yves e le furiose liti tra Karl e Yves e le rappacificazioni e i party e tutto il resto che potete immaginare. Insomma, la vita quotidiana di quell'epoca che oggi si fa lo stesso ma al chiuso dei club privati o nelle case. Lagerfeld si è arrabbiato e tenta di bloccare la vendita del libro in Francia, dove ormai tutti l'hanno comprato perfino da Galignani, la libreria preferita di Karl.
A Pierre Bergé, il partner di Saint Laurent, di quello che c'è scritto nel libro non gli interessa niente. A Yves men che meno. Il tribunale parigino deciderà questo mese, ma intanto Alicia si gode il successo dovuto, almeno a Parigi, alla pubblicità che le ha fatto Karl.
3 - ADORATO ARMANI - Dopo aver girato il mondo intero, prima tappa il museo Guggenheim di New York e poi, via via, Berlino, Londra, Roma, Tokyo e Shanghai, i manichini con gli abiti di Giorgio Armani arriveranno a Milano alla Triennale (il 20 febbraio, giusto per l'inizio delle sfilate) per la mostra che, ovviamente, si intitola "Giorgio Armani" (e come mai poteva intitolarsi? Figurati, se si è Giorgio Armani neanche un sottotitolo si può sopportare).
Così, dopo aver letto la biografia da santo che gli ha scritto la Renata Molho, ora i devoti potranno vedere i santini, tutti in fila. In attesa di un miracolo - che so io, qualche donazione di qualche cosa alla città che tanto gli ha dato e che nulla ha ricevuto - restiamo in ammirazione degli adoranti, sperando di capire perché tanto lo adorano. Certo non ci ha aiutato a capirlo la paginata del Sole 24 Ore di sabato 6 gennaio, che ha regalato una bella Befana a Giorgio. Tra tutto un trionfo e aria rifritta, con notizie vecchie di trent'anni e riportate all'onore della cronaca, un panegirico che si allunga su tutta la pagina con tanto di marchi che la fa sembrare un pubbliredazionale. Una santificazione che parte dalla "incoronazione americana" e finisce con la "rivalità con Versace", e che nuoce più a Giorgio che al giornale. E questo, almeno i suoi addetti alla comunicazione, dovrebbero capirlo. A meno che non sia un annuncio. E cioè: ancora una volta dico che non voglio vendere ma ora sono pronto a farlo. E voglio anche tantissimi soldi. E questo sì, giustamente.
4 - GUCCI DÀ I NUMERI - Per la prima volta da quando è salito sul trono amministrativo di Gucci, Mark Lee, l'amministratore delegato, ha dato i numeri. Quindi, ora sappiamo che il fatturato di Gucci è fatto per il 55,7% di leather goods (che, nella nostra lingua profana, sarebbero le borsette), il 13,8% arriva dalle scarpe, il 4,6% dagli abiti per l'uomo, il 7,8% da quelli della donna, il 3% dalle royalties delle licenze (i profumi e gli occhiali) e il 15% da altro (non so cosa sia 'altro'). Anche se credo che il totale faccia 100,4, i conti dicono quindi che Gucci va bene e Lee dice che va bene soprattutto perché Frida Giannini, la stilista (oh, scusate, la direttrice creativa), ha una "clear vision", che dà degli "outstanding results". Cioè, sempre nella nostra lingua profana, la ragazza sa quello che vuole e dove vuole arrivare e, soprattutto, si è messa a completa disposizione della strategia di Mark Lee.
5 - MIUCCIA FOREVER - Quando si dice che basta poco, un niente, per diventare un'icona. A Miuccia Prada è bastato un cappello di piume. Calcato in testa fino a coprirle lo sguardo furbo, abbinato a un abito stampato giallo e nero, a un paio di guanti lunghi che superano l'altezza del gomito di suède grigio perla e a un paio di scarpe di coccodrillo con tacco 12, secondo "Vogue America" e la sua lista delle "50 Best Dressed Originals Past&Present", preparata da uno specialista in archeologia della moda come Hamish Bowles, la signora milanese rappresenta l'originalità del vestire in questo inizio secolo che ormai però è arrivato al settimo anno. Unica italiana, Miuccia è in compagnia di glorie di bellezza ben più famose di lei. Come: Uma Thurman e Nicole Kidman negli anni Novanta, Madonna negli anni Ottanta, Bianca Jagger negli anni Settanta, Jane Birkin negli anni Sessanta, Grace Kelly negli anni Cinquanta, Rita Hayworth e Marlene Dietrich negli anni Quaranta. E non dico altro per non umiliare troppo le assenti e perché Miuccia non si monti troppo la testa e chissà quale altra diavoleria vestimentaria si inventa.
Dagospia 19 Gennaio 2007
1 - TOM, ORA O MAI PIÙ - Dov'è finito Tom Ford? Oltre ai party, che posti frequenta? Chi vede? Dove va? E soprattutto, cosa fa? Quelli che gli sono più vicini dicono che vive tra New York e Londra e che e impegnato nella preparazione della sua linea extra lusso maschile. Ancora impegnato nella preparazione? E che è, una linea di vestiti - sia pure tantissimo di lusso - o la gestazione di un elefante? Il dubbio che a forza di preparare finisca per mettere su una sua fabbrica di san Pietro al posto di giacche e pantaloni, a questo punto è forte. Tanto più che alcuni rumors vogliono sia già finita la collaborazione con Zegna, che doveva produrre il tutto. Ma io spero che sbaglino. Perché sono voci cattive. Perché quelli della moda sono di una cattiveria terribile e, sulle persone, cambiano e ricambiano parere come se fosse una collezione trimestrale.
Dopo averlo tanto amato al di là di ogni limite, infatti, adesso vengono fuori con un sacco di cattiverie. Dicono, per esempio, che la sua bellezza ormai è solo frutto di botox e di make up. Alcuni giurano, perfino, di essere testimoni oculari delle sue creme e dei suoi trucchi. Dicono, questi saccentoni, che ogni mattina si stende sulla sempre più spaziosa fronte un prodotto di Clinique che è come se fosse una matita o uno stick e se lo passa sulla fronte e sul viso e pare che sia un prodotto miracoloso che non fa vedere rughette e imperfezioni e che gli fa la pelle liscissima (ma perché non ci dicono il nome: potremmo approfittarne anche noi). Dicono, ancora, che per ridare smalto allo sguardo, usi un ombretto di un colore speciale che si è fatto fare da Estée Lauder, la casa di cosmetici con la quale collabora proprio per creare nuovi colori dei trucchi e per il packaging.
Infine, sempre in seduta maquillage, dicono che usi un prodotto speciale per i capelli che li rende più folti e più scuri. Non capisco, se anche fosse vero, che c'è di male: secondo me, se Tom sapesse che perfino il nostro ministro Mastella pecca di vanità e ammette di tingere i capelli, lui uscirebbe da casa truccato come un attore di kabuki. Ma le cose più brutte le raccontano sulla sua personalità. Dicono che durante il party per il lancio del suo profumo Black Orchid abbia affittato un intero palazzo a New York e che mentre gli ospiti si disperdevano per i vari piani bevendo e mangiando l'ottimo cibo che veniva preparato fresco nelle cucine dell'ultimo piano, lui si è rifugiato proprio lì, nelle cucine. E che da lì non si è mosso e ha passato l'intera festa con i cuochi pur di non incontrare gli ospiti che gli avrebbero chiesto notizie sul suo lavoro. Io, invece, dico che il 2007 sarà l'anno di Tom. Anche perché, o torna ora mai più.
2 - NESSUNO TOCCHI KARL - Quanto siano presuntuosi gli stilisti, ormai lo sanno anche quelli che si occupano di tartine per i loro party. Non li si può toccare. Guai a chi scrive una parola contro di loro. Ma guai anche a chi scrive qualche verità che li riguarda. Ogni verità può essere pericolosa per il business. Ma nessuno, finora, si è spinto così tanto fino a chiedere a un tribunale di fare ritirare un libro nel mondo intero (o forse sì e io non l'ho mai saputo. Ma sarebbe strano).
Comunque, la storia riguarda Karl Lagerfeld e il libro `The Beautiful Fall' della mia vecchia e cara amica Alicia Drake, una giornalista inglese che vive a Parigi da anni e anni. Dunque, Alicia ha scritto un libro in cui racconta, lei che c'era, degli anni Settanta a Parigi e di tutto quello che succedeva con Lagerfeld e Yves Saint Laurent. Di certo (lo so anch'io che non vivevo a Parigi) si sa che quegli anni erano proprio scatenati e che, paragonati al falso mortorio perbenista di oggi, sembrano Sodoma e Gomorra. E non certo solo per il riferimento al sesso. Il libro, che in Italia non si sa neanche cosa sia perché non è uscito e i giornalisti italiani non sanno leggere in inglese, è molto godibile anche se un po' - o forse troppo - nostalgico.
Ma a Karl non è andato a genio: dice - e fa scrivere nell'istanza al Tribunal de Grande Istance di Parigi - che è un attentato alla sua privacy, anzi, secondo l'articolo 9 del codice civile francese, un "atteint à la vie privée". In realtà, nel libro non c'è nulla che la gente della nostra età non sappia: i viaggi à Marrakech di Yves e le furiose liti tra Karl e Yves e le rappacificazioni e i party e tutto il resto che potete immaginare. Insomma, la vita quotidiana di quell'epoca che oggi si fa lo stesso ma al chiuso dei club privati o nelle case. Lagerfeld si è arrabbiato e tenta di bloccare la vendita del libro in Francia, dove ormai tutti l'hanno comprato perfino da Galignani, la libreria preferita di Karl.
A Pierre Bergé, il partner di Saint Laurent, di quello che c'è scritto nel libro non gli interessa niente. A Yves men che meno. Il tribunale parigino deciderà questo mese, ma intanto Alicia si gode il successo dovuto, almeno a Parigi, alla pubblicità che le ha fatto Karl.
3 - ADORATO ARMANI - Dopo aver girato il mondo intero, prima tappa il museo Guggenheim di New York e poi, via via, Berlino, Londra, Roma, Tokyo e Shanghai, i manichini con gli abiti di Giorgio Armani arriveranno a Milano alla Triennale (il 20 febbraio, giusto per l'inizio delle sfilate) per la mostra che, ovviamente, si intitola "Giorgio Armani" (e come mai poteva intitolarsi? Figurati, se si è Giorgio Armani neanche un sottotitolo si può sopportare).
Così, dopo aver letto la biografia da santo che gli ha scritto la Renata Molho, ora i devoti potranno vedere i santini, tutti in fila. In attesa di un miracolo - che so io, qualche donazione di qualche cosa alla città che tanto gli ha dato e che nulla ha ricevuto - restiamo in ammirazione degli adoranti, sperando di capire perché tanto lo adorano. Certo non ci ha aiutato a capirlo la paginata del Sole 24 Ore di sabato 6 gennaio, che ha regalato una bella Befana a Giorgio. Tra tutto un trionfo e aria rifritta, con notizie vecchie di trent'anni e riportate all'onore della cronaca, un panegirico che si allunga su tutta la pagina con tanto di marchi che la fa sembrare un pubbliredazionale. Una santificazione che parte dalla "incoronazione americana" e finisce con la "rivalità con Versace", e che nuoce più a Giorgio che al giornale. E questo, almeno i suoi addetti alla comunicazione, dovrebbero capirlo. A meno che non sia un annuncio. E cioè: ancora una volta dico che non voglio vendere ma ora sono pronto a farlo. E voglio anche tantissimi soldi. E questo sì, giustamente.
4 - GUCCI DÀ I NUMERI - Per la prima volta da quando è salito sul trono amministrativo di Gucci, Mark Lee, l'amministratore delegato, ha dato i numeri. Quindi, ora sappiamo che il fatturato di Gucci è fatto per il 55,7% di leather goods (che, nella nostra lingua profana, sarebbero le borsette), il 13,8% arriva dalle scarpe, il 4,6% dagli abiti per l'uomo, il 7,8% da quelli della donna, il 3% dalle royalties delle licenze (i profumi e gli occhiali) e il 15% da altro (non so cosa sia 'altro'). Anche se credo che il totale faccia 100,4, i conti dicono quindi che Gucci va bene e Lee dice che va bene soprattutto perché Frida Giannini, la stilista (oh, scusate, la direttrice creativa), ha una "clear vision", che dà degli "outstanding results". Cioè, sempre nella nostra lingua profana, la ragazza sa quello che vuole e dove vuole arrivare e, soprattutto, si è messa a completa disposizione della strategia di Mark Lee.
5 - MIUCCIA FOREVER - Quando si dice che basta poco, un niente, per diventare un'icona. A Miuccia Prada è bastato un cappello di piume. Calcato in testa fino a coprirle lo sguardo furbo, abbinato a un abito stampato giallo e nero, a un paio di guanti lunghi che superano l'altezza del gomito di suède grigio perla e a un paio di scarpe di coccodrillo con tacco 12, secondo "Vogue America" e la sua lista delle "50 Best Dressed Originals Past&Present", preparata da uno specialista in archeologia della moda come Hamish Bowles, la signora milanese rappresenta l'originalità del vestire in questo inizio secolo che ormai però è arrivato al settimo anno. Unica italiana, Miuccia è in compagnia di glorie di bellezza ben più famose di lei. Come: Uma Thurman e Nicole Kidman negli anni Novanta, Madonna negli anni Ottanta, Bianca Jagger negli anni Settanta, Jane Birkin negli anni Sessanta, Grace Kelly negli anni Cinquanta, Rita Hayworth e Marlene Dietrich negli anni Quaranta. E non dico altro per non umiliare troppo le assenti e perché Miuccia non si monti troppo la testa e chissà quale altra diavoleria vestimentaria si inventa.
Dagospia 19 Gennaio 2007