GRASS AVEVA GIÀ RIVELATO NEL '63 LA SUA APPARTENENZA ALLE SS - "SAREBBE BASTATO FARE UN CONTROLLO NEGLI ARCHIVI DEI GIORNALI" - UN SILENZIO CHE HA SULLO SFONDO IL COMPLESSO RAPPORTO TRA LE GENERAZIONI TEDESCHE DEL '68 E LA RIMOZIONE DELL'ORRORE NAZISTA.
Marina Verna per "La Stampa"
La confessione - «Sono stato nelle SS» - arrivò come un fulmine nel cielo sereno di agosto. Günter Grass si apriva, in un passo dell'autobiografia Sfogliando la cipolla che in quei giorni arrivava in libreria, su un capitolo della sua vita che tutti sembravano ignorare. E che tutti gli imputarono come colpa gravissima, tanto più perché taciuta. Invece questi trascorsi erano noti, scrive oggi sul settimanale Die Zeit l'editore Klaus Wagenbach: sarebbe bastato fare un controllo negli archivi dei giornali. Ma i sicofanti - come definisce i giornalisti-delatori - non lo fecero, andando contro «il dovere professionale dell'accuratezza».
Wagenbach racconta come qualche settimana fa, riordinando le sue carte, si trovò in mano una busta nera con l'etichetta «Grass-Monografia». Dentro c'erano dieci fogli: i suoi appunti preparatori. «Mi sono ricordato subito - scrive - dove e come li avevo presi: nell'estate 1963, nella casa di vacanza dei suoceri di Grass nel Ticino. Allora eravamo molto amici. Per alcuni anni ero stato il suo editor alla Fischer Verlag». Grass era già famoso e tradotto all'estero - Il tamburo di latta era uscito nel 1959 - ma nessuno aveva ancora pensato di scriverne la biografia. Ci pensò dunque lui: «Mi diede parecchie interviste, io prendevo appunti e arrivammo cronologicamente fino al 1953». Poi il progetto si interruppe: Wagenbach venne sollevato dall'incarico di editor, si licenziò e fondò una sua casa editrice. La busta con gli appunti finì in fondo a un cassetto e fu dimenticata.
Adesso Wagenbach l'ha riaperta e vi ha trovato dentro «qualcosa di totalmente diverso da quanto mi aspettavo». Sul tema SS gli appunti sono molto espliciti: «La maggioranza della classe si presentò volontaria in Marina (anche G.) ma fu arruolata nella Divisione Panzer. G. finì nell'artiglieria di un reparto corazzato. Prima Dresda, poi la Cecoslovacchia. Gennaio-febbraio 1945 ordine di marciare sulla Slesia, poi Berlino (Gruppo Steiner, SS). Prima azione marzo-aprile». Nel 1963, dunque, Grass raccontava senza difficoltà anche quel pezzo della sua vita. «Quelle non erano confidenze fatte a me soltanto. E comunque erano destinate alla pubblicazione», scrive Wagenbach.
Perché allora il successivo silenzio? L'amico avanza due ipotesi. La prima è il contesto politico-sociale che andava mutando: fino alla metà degli anni 60 la guerra era un evento vicino, le vecchie generazioni ancora vive e «tutti sapevano come per i nazisti, negli ultimi tre mesi del conflitto, i giovani erano solo carne da cannone, fossero arruolati nella contraerea, nelle SS o nelle milizie popolari». Ma dal '68 in poi Grass non potè più contare su questo comune sentire: «Tra gli studenti cresceva quella sinistra fortemente ideologizzata che pretendeva dalla generazione precedente una biografia cristallina».
Sono gli anni in cui matura il terrorismo tedesco della Raf: i padri tacciono sul passato nazista e i figli non accettano quel silenzio. Tanto più che, scrive ancora Wagenbach, «nei due decenni successivi alla guerra molti si erano trasformati, anche con l'aiuto dei tribunali, da complici a persone che avevano semplicemente seguito la corrente. Per esempio Hans-Martin Schleyer». Quello che negli anni 70 sarebbe diventato presidente degli industriali tedeschi tacque il suo ruolo di ufficiale delle SS. Per questo, nel settembre 1977, la Banda Baader-Meinhof lo sequestrò per 43 giorni e poi lo uccise con tre colpi in testa.
Il secondo motivo, spiega ancora Wagenbach, è che negli anni 60 l'opinione pubblica cominciava a conoscere le vere dimensioni dei crimini delle SS. Esce il Rapporto Stroop, un album fotografico dal titolo «Non esiste più un quartiere ebraico a Varsavia», con la confessione del generale delle SS che aveva organizzato l'annientamento. È Grass a impegnarsi per la pubblicazione, che verrà fatta dal suo editore di allora, Luchterhand Verlag. Diventa «l'istanza morale della Germania». E deve tacere che c'era anche lui, nelle SS.
Dagospia 26 Aprile 2007
La confessione - «Sono stato nelle SS» - arrivò come un fulmine nel cielo sereno di agosto. Günter Grass si apriva, in un passo dell'autobiografia Sfogliando la cipolla che in quei giorni arrivava in libreria, su un capitolo della sua vita che tutti sembravano ignorare. E che tutti gli imputarono come colpa gravissima, tanto più perché taciuta. Invece questi trascorsi erano noti, scrive oggi sul settimanale Die Zeit l'editore Klaus Wagenbach: sarebbe bastato fare un controllo negli archivi dei giornali. Ma i sicofanti - come definisce i giornalisti-delatori - non lo fecero, andando contro «il dovere professionale dell'accuratezza».
Wagenbach racconta come qualche settimana fa, riordinando le sue carte, si trovò in mano una busta nera con l'etichetta «Grass-Monografia». Dentro c'erano dieci fogli: i suoi appunti preparatori. «Mi sono ricordato subito - scrive - dove e come li avevo presi: nell'estate 1963, nella casa di vacanza dei suoceri di Grass nel Ticino. Allora eravamo molto amici. Per alcuni anni ero stato il suo editor alla Fischer Verlag». Grass era già famoso e tradotto all'estero - Il tamburo di latta era uscito nel 1959 - ma nessuno aveva ancora pensato di scriverne la biografia. Ci pensò dunque lui: «Mi diede parecchie interviste, io prendevo appunti e arrivammo cronologicamente fino al 1953». Poi il progetto si interruppe: Wagenbach venne sollevato dall'incarico di editor, si licenziò e fondò una sua casa editrice. La busta con gli appunti finì in fondo a un cassetto e fu dimenticata.
Adesso Wagenbach l'ha riaperta e vi ha trovato dentro «qualcosa di totalmente diverso da quanto mi aspettavo». Sul tema SS gli appunti sono molto espliciti: «La maggioranza della classe si presentò volontaria in Marina (anche G.) ma fu arruolata nella Divisione Panzer. G. finì nell'artiglieria di un reparto corazzato. Prima Dresda, poi la Cecoslovacchia. Gennaio-febbraio 1945 ordine di marciare sulla Slesia, poi Berlino (Gruppo Steiner, SS). Prima azione marzo-aprile». Nel 1963, dunque, Grass raccontava senza difficoltà anche quel pezzo della sua vita. «Quelle non erano confidenze fatte a me soltanto. E comunque erano destinate alla pubblicazione», scrive Wagenbach.
Perché allora il successivo silenzio? L'amico avanza due ipotesi. La prima è il contesto politico-sociale che andava mutando: fino alla metà degli anni 60 la guerra era un evento vicino, le vecchie generazioni ancora vive e «tutti sapevano come per i nazisti, negli ultimi tre mesi del conflitto, i giovani erano solo carne da cannone, fossero arruolati nella contraerea, nelle SS o nelle milizie popolari». Ma dal '68 in poi Grass non potè più contare su questo comune sentire: «Tra gli studenti cresceva quella sinistra fortemente ideologizzata che pretendeva dalla generazione precedente una biografia cristallina».
Sono gli anni in cui matura il terrorismo tedesco della Raf: i padri tacciono sul passato nazista e i figli non accettano quel silenzio. Tanto più che, scrive ancora Wagenbach, «nei due decenni successivi alla guerra molti si erano trasformati, anche con l'aiuto dei tribunali, da complici a persone che avevano semplicemente seguito la corrente. Per esempio Hans-Martin Schleyer». Quello che negli anni 70 sarebbe diventato presidente degli industriali tedeschi tacque il suo ruolo di ufficiale delle SS. Per questo, nel settembre 1977, la Banda Baader-Meinhof lo sequestrò per 43 giorni e poi lo uccise con tre colpi in testa.
Il secondo motivo, spiega ancora Wagenbach, è che negli anni 60 l'opinione pubblica cominciava a conoscere le vere dimensioni dei crimini delle SS. Esce il Rapporto Stroop, un album fotografico dal titolo «Non esiste più un quartiere ebraico a Varsavia», con la confessione del generale delle SS che aveva organizzato l'annientamento. È Grass a impegnarsi per la pubblicazione, che verrà fatta dal suo editore di allora, Luchterhand Verlag. Diventa «l'istanza morale della Germania». E deve tacere che c'era anche lui, nelle SS.
Dagospia 26 Aprile 2007