RAI AFTER - FINGITORI & FINTI DEL CHIAGN'E FOTTE (LA VITTORIA DEI VELTRONIANI CONTRO I DALEMISTI E' COSTATA UNA RETE)
Da Il Foglio
Vince il Foglio, sia detto pur fingendo modestia, che con un semplice titolo ("Lodo Magliaro") ha creato un caso: quello di Massimo Magliaro (candidato da An alla rete Due). Magliaro è stato l'unico bocciato a sorpresa fra i tanti nomi annunciati poi messi in discussione e infine confermati nel noioso giochino stagionale del totonomine e poi in quello, altrettanto noioso, delle nomine vere. Vince An che - chiagn' e fotte - perde Magliaro ma acquista la direzione del Tg2 e quella del Gr (e Clemente J. Mimun? Siamo sicuri di non volerlo mettere almeno per metà in quota ad An?).
Perde Forza Italia, che nel cda non è riuscita a mettere il presidente che voleva, non è riuscita ad avere il direttore di Rai1 che voleva, e si ritrova con un Ccd che con il 3 per cento dei voti si è piazzato al Tgr (la testata numericamente più pesante) e alla radiofonia, riaccorpata per l'occasione. Vince la Margherita che - chiagn'e fotte - ha sistemato i suoi molto meglio di quanto non sia riuscito ai Ds. Perdono i Ds, che si lamentano sottovoce ma neppure troppo: "Di Bella e Del Bosco mica sono nostri. Sono due professionisti, con vaghe simpatie per noi".
Perde Marcello Del Bosco, che mantiene la Divisione radiofonia ma, con Radio2 e Radio3 accorpate sotto Valzania e la Radio1 unificata al Gr di Bruno Soccillo, vede il suo compito limitarsi a un'equa distribuzione delle risorse fra le esigenze dei Ccd e quelle di An. Vince Antonio Di Bella che, scegliendo per sé il ruolo di mediatore fra le star Sciarelli e Berlinguer, si è reso indispensabile alla redazione. Perde Antonio Di Bella che, perdendo i tg regionali, passa da gestire 800 giornalisti a gestirne 80.
Vince il Tg3, che potrà dar la colpa alle minori risorse umane se gli ascolti dovessero scendere. Perde il Tg3, che era andato in delegazione da Fassino a dirgli di non scomodarsi: non siamo un buon affare, vi conviene chiedere la seconda rete. Vince Majakovskij: è vero che "gli intellettuali sono i primi ad abbandonare la nave che affonda, subito dopo i topi ma molto prima delle puttane", ma è altresì vero che prima ancora dei topi si buttano a mare i giornalisti.
Vince Bibi Ballandi, perché è lui che ha organizzato la diretta dei David di Donatello, nella cui platea Walter Veltroni sedeva al fianco di Antonio Baldassarre, cogliendo l'occasione per apporre il proprio veto a "quel dalemiano di Balassone". Perde Piero Fassino che, di fronte al minacciato fuoco di sbarramento di quel baluardo democratico rappresentato da Repubblica, è retrocesso dai propri propositi inciucisti e ha ritirato la candidatura di Stefano Balassone (secondo la cordata veltronian-repubblichina un pericoloso dalemiano, secondo il mica scemo Baldassarre un pericoloso uomo di televisione). Uno che l'avrebbe saputa dirigere, una rete.
Perde Piero Fassino che, pur di portare a casa uno straccio di risultato, ha ceduto: un nome qualunque, per carità, anche uno che poi si occuperà solo del suo programma, anche Santoro, anche Lerner, anche Fazio. Anche niente. Vince il correntone che - chiagn'e fotte - ha preferito una tv in mano alla maggioranza di governo, piuttosto che alla maggioranza del proprio partito, e ora si accinge a gridare al regime spegnendo la televisione per un giorno e tutti giù per terra!
Vince Antonio Marano, l'uomo che non compariva nei pronostici ma la cui cena di martedì, con tanto di reazioni alla notizia della nomina, nelle cronache di ieri è raccontata con i toni usati per Joan Crawford che a casa in vestaglia venne a sapere dai giornalisti di aver vinto l'Oscar. Perde il Foglio, perché il titolo giusto, ovviamente, non era "Lodo Magliaro" ma "Lodo Marano".
Dagospia.com 18 Aprile 2002
Vince il Foglio, sia detto pur fingendo modestia, che con un semplice titolo ("Lodo Magliaro") ha creato un caso: quello di Massimo Magliaro (candidato da An alla rete Due). Magliaro è stato l'unico bocciato a sorpresa fra i tanti nomi annunciati poi messi in discussione e infine confermati nel noioso giochino stagionale del totonomine e poi in quello, altrettanto noioso, delle nomine vere. Vince An che - chiagn' e fotte - perde Magliaro ma acquista la direzione del Tg2 e quella del Gr (e Clemente J. Mimun? Siamo sicuri di non volerlo mettere almeno per metà in quota ad An?).
Perde Forza Italia, che nel cda non è riuscita a mettere il presidente che voleva, non è riuscita ad avere il direttore di Rai1 che voleva, e si ritrova con un Ccd che con il 3 per cento dei voti si è piazzato al Tgr (la testata numericamente più pesante) e alla radiofonia, riaccorpata per l'occasione. Vince la Margherita che - chiagn'e fotte - ha sistemato i suoi molto meglio di quanto non sia riuscito ai Ds. Perdono i Ds, che si lamentano sottovoce ma neppure troppo: "Di Bella e Del Bosco mica sono nostri. Sono due professionisti, con vaghe simpatie per noi".
Perde Marcello Del Bosco, che mantiene la Divisione radiofonia ma, con Radio2 e Radio3 accorpate sotto Valzania e la Radio1 unificata al Gr di Bruno Soccillo, vede il suo compito limitarsi a un'equa distribuzione delle risorse fra le esigenze dei Ccd e quelle di An. Vince Antonio Di Bella che, scegliendo per sé il ruolo di mediatore fra le star Sciarelli e Berlinguer, si è reso indispensabile alla redazione. Perde Antonio Di Bella che, perdendo i tg regionali, passa da gestire 800 giornalisti a gestirne 80.
Vince il Tg3, che potrà dar la colpa alle minori risorse umane se gli ascolti dovessero scendere. Perde il Tg3, che era andato in delegazione da Fassino a dirgli di non scomodarsi: non siamo un buon affare, vi conviene chiedere la seconda rete. Vince Majakovskij: è vero che "gli intellettuali sono i primi ad abbandonare la nave che affonda, subito dopo i topi ma molto prima delle puttane", ma è altresì vero che prima ancora dei topi si buttano a mare i giornalisti.
Vince Bibi Ballandi, perché è lui che ha organizzato la diretta dei David di Donatello, nella cui platea Walter Veltroni sedeva al fianco di Antonio Baldassarre, cogliendo l'occasione per apporre il proprio veto a "quel dalemiano di Balassone". Perde Piero Fassino che, di fronte al minacciato fuoco di sbarramento di quel baluardo democratico rappresentato da Repubblica, è retrocesso dai propri propositi inciucisti e ha ritirato la candidatura di Stefano Balassone (secondo la cordata veltronian-repubblichina un pericoloso dalemiano, secondo il mica scemo Baldassarre un pericoloso uomo di televisione). Uno che l'avrebbe saputa dirigere, una rete.
Perde Piero Fassino che, pur di portare a casa uno straccio di risultato, ha ceduto: un nome qualunque, per carità, anche uno che poi si occuperà solo del suo programma, anche Santoro, anche Lerner, anche Fazio. Anche niente. Vince il correntone che - chiagn'e fotte - ha preferito una tv in mano alla maggioranza di governo, piuttosto che alla maggioranza del proprio partito, e ora si accinge a gridare al regime spegnendo la televisione per un giorno e tutti giù per terra!
Vince Antonio Marano, l'uomo che non compariva nei pronostici ma la cui cena di martedì, con tanto di reazioni alla notizia della nomina, nelle cronache di ieri è raccontata con i toni usati per Joan Crawford che a casa in vestaglia venne a sapere dai giornalisti di aver vinto l'Oscar. Perde il Foglio, perché il titolo giusto, ovviamente, non era "Lodo Magliaro" ma "Lodo Marano".
Dagospia.com 18 Aprile 2002