CAPITALIA, ZONA DE-ARPIZZATA: CLAMOROSO RITORNO DI MASSIMO FERRARI, COME AD?
MUSSARI VERDE-VERDIGLIONE - TRA LOBBY VELTRONI E IL CLAN LETTA, SI DIVERTE MIELI
BRACCO BRACCATA DALLE TANGENTI IRAKENE - FIORANI: IO, GERONZI E LA MASSONERIA
MUSSARI VERDE-VERDIGLIONE - TRA LOBBY VELTRONI E IL CLAN LETTA, SI DIVERTE MIELI
BRACCO BRACCATA DALLE TANGENTI IRAKENE - FIORANI: IO, GERONZI E LA MASSONERIA
1 - CAPITALIA, ZONA DE-ARPIZZATA: CLAMOROSO RITORNO DI MASSIMO FERRARI, COME AD?
Ha cominciato Dagospia e a ruota sono arrivati tutti gli altri con un balletto di cifre che fa girare la testa.
La liquidazione e le stock options di Matteuccio Arpe, l'ex-amministratore delegato di Capitalia, stanno diventando il gioco preferito sotto gli ombrelloni. Perfino il "Sole 24 Ore" si è messo a fare "i conti in tasca" al giovane banchiere e ha precisato che la liquidazione "risulta controversa senza che l'interessato e la banca diano indicazioni precise". Si parla di 31,2 milioni di euro lordi pari a cinque annualità di stipendio, ai quali bisogna aggiungere 5 milioni di azioni come stock options e 2,2 milioni di titoli che Arpe ha investito personalmente a sostegno del titolo.
In questo giochetto da lavoratori usurati è passata in secondo ordine la notizia (non smentita) che Matteuccio si sta costruendo la sua boutique finanziaria con l'aiuto di Francesco Carbonetti e Claudio Scardovi, due esperti di finanza e di diritto societario. E allo stesso modo rischia di cadere nel vuoto la voce secondo la quale con molte probabilità Arpe si presenterà all'Assemblea straordinaria di Capitalia che si terrà sabato prossimo. Sarebbe la prima uscita pubblica dopo la defenestrazione e avrebbe il sapore di una sfida, un'occasione per vedere come si comporteranno gli ultimi manager sopravvissuti in Capitalia dopo la sua gestione. Ne sono rimasti pochi e quei pochi si sentono come i giapponesi che non hanno ancora saputo che la guerra è perduta.
A conferma della pulizia etnica che sta avvenendo nel palazzo si parla di un ritorno abbastanza clamoroso per la poltrona di amministratore delegato della Banca di Roma, un istituto sul quale Cesarone Geronzi non intende abbassare la guardia. Il nome che circola è quello di Massimo Ferrari, ex-direttore generale di FinecoGroup (società di Capitalia) che si è dimesso nel settembre 2003 quando al suo posto arrivarono Alessandro Foti e Fabio Gallia (fedelissimo di Arpe) assunse la carica di amministratore delegato.
2 - A DIRIGERE IL TRAFFICO TRA LA LOBBY VELTRONI E IL CLAN LETTA, CI SARÀ PAOLINO MIELI
Nel film della politica stanno scorrendo le ultime sequenze prima dei titoli di coda.
Le immagini vedono Romano Prodi apparentemente soddisfatto per la conclusione della battaglia sulle pensioni, ma al Professore di Bologna non sfugge che dopo l'agosto giallo per il sole cocente, arriveranno il settembre nero e l'ottobre rosso.
Per adesso si concede una piccola pausa e assiste con soddisfazione alla discesa in campo di Enrico Letta, il 41enne pisano che ha il compito di rompere l'unanimismo intorno a WalterEgo Veltroni. Si sa benissimo che la battaglia di quest'uomo è perduta in partenza perchè la sua intelligenza fervida si accompagna alla totale assenza di carisma mediatico.
L'uomo ha il fascino algido dei robot e potrebbe essere un avatar perfetto per quella menata di Second Life di cui oggi "La Stampa" di Torino ha già decretato la fine.
In un momento di confidenza, il giovane Letta, nipote del più celebre zio, ha dichiarato una volta di non essere una mosca bianca "e nemmeno il primo della classe". A Prodi non importa affatto che questo figlio di un professore di matematica sia surgelato e dichiari soltanto 172mila euro di reddito; ciò che gli interessa è che insieme alla pasionaria Rosy Bindi, la candidatura del quasi 40enne sparigli i giochi dell'acchiappatutto Veltroni.
Quest'ultimo si starà mordendo le mani pensando all'errore commesso nel suo discorso di investitura al Lingotto quando ha completamente ignorato la tradizione dei cattolici democratici e ha aperto un varco enorme ai rappresentanti di un filone politico che chiede legittimità nel futuro Partito Democratico.
La domanda che più intriga il Professore di Bologna riguarda l'atteggiamento che avranno i poteri forti nei confronti dei vari candidati alla guida del Partito Democratico. E' noto che dietro Rosy Bindi "piccolo Davide contro Golia" si schiererà al massimo un pugno di vescovi e di parroci con qualche giornale divertito all'idea di inventare la Golda Meir de noantri.
Ben più consistenti sono le forze che sembrano impegnate a sostenere il Sindaco d'Italia. L'elenco comincia con la lobby dei costruttori romani capeggiata da Francesco Gaetano Caltagirone, alla quale WalterEgo ha fatto enormi concessioni. Dietro questa lobby si sono già schierati da tempo Carletto De Benedetti con la corazzata del Gruppo Espresso, e la Fiat di Luchino di Montezemolo. Sarà quest'ultimo a trascinare in modo discreto anche la Confindustria che si è spellata le mani durante l'ultima Assemblea quando Montezuma invocava di voltare pagina.
Per Enrico Letta invece dei poteri "hard", si muoveranno i poteri "soft", quelli che investono nella cultura come strumento di potere. In primo luogo l'Aspen Institute, l'istituto Sant'Anna di Pisa (dove Enrichetto ha studiato insieme a D'Amato e Maccanico), i centri studi dell'Arel e gli opinionisti di "Repubblica".
A dirigere il traffico ci sarà Paolino Mieli che di giorno in giorno farà crescere l'indice di gradimento per qualcuno dei tre candidati. E' un bel giochino estivo che prelude al settembre nero del Senato e all'ottobre rosso del Partito Democratico.
3 - FIORANI: L'ASSALTO ALL'ANTONVENETA È STATO OSTACOLATO DA GERONZI E DALLA MASSONERIA "SOPRATTUTTO OLANDESE"
L'afa insopportabile si fa sentire anche nelle redazioni dei giornali e appanna le razionalità più acute. Succede così che nella povertà di notizie e di avvenimenti, si vada a caccia di personaggi "giornalisticamente morti" oppure terribilmente sputtanati.
Nella prima categoria si può inserire il banchiere olandese Rijkman Groenink, l'uomo che dopo aver messo le mani su Antonveneta sta per essere scalzato dalla sua poltrona. In un'intervista di pochi giorni fa, che sembra realizzata più per fare un favore a un amico che per reali esigenze di informazione, il tulipano della finanza ha dichiarato di preferire la campagna senese al Billionaire di Briatore e Fiorani.
L'intervista, inutilmente abbondante, non si sofferma sull'unico argomento che avrebbe potuto interessare i lettori: che cosa è successo effettivamente dentro Antonveneta dopo un anno di gestione olandese?, che cosa c'hanno guadagnato i risparmiatori dalla banca di Padova dove, per ammissione dello stesso Groenink, "i programmi stanno procedendo anche se con qualche ritardo"?
La calura estiva porta i giornalisti più seri a correre anche dietro Gianpiero Fiorani, il protagonista sconfitto nella scalata dei furbetti. Bisognerebbe avere il coraggio di tirare giù il sipario su quest'uomo che dalla stanza di Fazio è rotolato nell'alcova di Lele Mora e di "Fragolino". Per l'intera comunità finanziaria Fiorani è semplicemente impazzito ed è diventato un personaggio ridicolo sul quale non si può fare nemmeno il karaoke. Oggi invece la "Repubblica" è andata a cercarlo e con gran serietà gli ha chiesto un giudizio sulle telefonate tra Consorte e i leader Ds".
Per l'ex-numero 1 della Popolare di Lodi non c'è alcun dubbio: quelle telefonate sono legittime e l'assalto all'Antonveneta è stato ostacolato da Cesare Geronzi e dalla massoneria "soprattutto olandese". La perla finale dell'intervista è nel richiamo al rapporto con il defunto Maranghi: "sono orgoglioso di aver ricreato il rapporto tra lui e Antonio Fazio. E' stato lui a farmi capire che era finita".
Il povero Maranghi si rivolterà nella tomba, ma al Billionaire la follia continua.
4 - LA BRACCO BRACCATA DALLE TANGENTI IRAKENE
E' stato un weekend durissimo per Diana Bracco, la sciura della farmaceutica che guida Assolombarda.
Mentre stava riempiendo le valigie con una serie di strepitosi costumi bianchi a pois, la 66enne imprenditrice di Milano ha avuto un soprassalto di fronte al micidiale articolo pubblicato venerdì scorso sul settimanale "Il Mondo". Nel testo si parla chiaramente di una storia di tangenti distribuite in Iraq in cambio di farmaci e attrezzature agricole "che dovevano garantire la sopravvivenza di un popolo affamato e stremato". In questa storia - ha scritto il giornale - sono coinvolte due società molto note, la Bracco e la quotata Isagro e altre 14 imprese.
L'accusa di corruzione internazionale si fonda sulle indagini della Guardia di Finanza che avrebbe trovato le tracce di 55 milioni di euro distribuiti a iracheni corrotti. E l'aspetto gravissimo sarebbe rappresentato dal sovraprezzo sulle merci vendute, destinato a ricavare il denaro per le mazzette.
Quando ha letto il reportage del "Mondo", firmato dal giornalista Filippo Astone, la sciura della farmaceutica è diventata più pallida dei vestiti che solitamente indossa. Lei, vivendo a Milano, ha conosciuto da tempo il direttore del "Mondo" Enrico Romagna Manoja, un professionista elegante (figlio di un diplomatico) dal quale è difficile aspettarsi colpi bassi. Il giornale riporta la linea difensiva della Bracco che sostiene di "aver sempre operato in Iraq con assoluta trasparenza e nel rispetto delle regole". Magari non avrà giocato la parte di Angelina Jolie con i bambini africani, ma di mazzette non ne vuole sentire. Eppure - insiste il giornale - per coprirsi dall'eventualità di una condanna durissima, le imprese oggetto delle perquisizioni hanno stipulato in questi giorni robuste fideiussioni bancarie.
5 - MUSSARI E' VERDE-VERDIGLIONE
Lasciatelo lavorare in pace quel 43enne di Catanzaro che dal giugno dell'anno scorso è diventato presidente del Monte dei Paschi di Siena.
Giuseppe Mussari ha bisogno di tranquillità per portare avanti il suo progetto di vivere in uno splendido isolamento. Le polemiche di questi giorni sulle intercettazioni di D'Alema e Fassino portano acqua al mulino dell'indipendenza senese.
Con il casino su BNL e Antonveneta quale banca italiana e straniera avrebbe il coraggio di andare all'attacco di Rocca Salimbeni, la più politicizzata tra le banche italiane?
Il boccoluto Mussari (laureato in giurisprudenza all'università di Siena) si sente forte della sua autonomia e dalla sua parte stanno anche i numeri. I ricavi della banca sono aumentati sensibilmente e nel 2009 avrà tra le mani una liquidità di 3,7 miliardi di euro da investire in qualche avventura. Per adesso la sua parola d'ordine è "efficienza"; a questa si aggiunge "indipendenza" che lo porta a separare le attività di asset management da quelle tradizionali e a rafforzare i rapporti con Axa, il colosso delle assicurazioni francesi dove il 22 maggio Mussari è stato nominato membro del Consiglio di vigilanza.
Nel suo splendido isolamento il banchiere senese si gode i complimenti, dimentica la politica, e quando ha un attimo di tempo rilegge le parole encomiastiche che su di lui ha scritto il para-guru Armando Verdiglione: "Giuseppe Mussari trae la migliore lezione dal rinascimento e assegna alla banca una missione di civiltà...con l'intelligenza, arte del fare. Con la generosità. Con l'indulgenza che dispensa l'evento. Gli scritti di Giuseppe Mussari costituiscono un paradigma planetario".
A Piazza del Campo i contradaioli leggono e ridono.
Dagospia 23 Luglio 2007
Ha cominciato Dagospia e a ruota sono arrivati tutti gli altri con un balletto di cifre che fa girare la testa.
La liquidazione e le stock options di Matteuccio Arpe, l'ex-amministratore delegato di Capitalia, stanno diventando il gioco preferito sotto gli ombrelloni. Perfino il "Sole 24 Ore" si è messo a fare "i conti in tasca" al giovane banchiere e ha precisato che la liquidazione "risulta controversa senza che l'interessato e la banca diano indicazioni precise". Si parla di 31,2 milioni di euro lordi pari a cinque annualità di stipendio, ai quali bisogna aggiungere 5 milioni di azioni come stock options e 2,2 milioni di titoli che Arpe ha investito personalmente a sostegno del titolo.
In questo giochetto da lavoratori usurati è passata in secondo ordine la notizia (non smentita) che Matteuccio si sta costruendo la sua boutique finanziaria con l'aiuto di Francesco Carbonetti e Claudio Scardovi, due esperti di finanza e di diritto societario. E allo stesso modo rischia di cadere nel vuoto la voce secondo la quale con molte probabilità Arpe si presenterà all'Assemblea straordinaria di Capitalia che si terrà sabato prossimo. Sarebbe la prima uscita pubblica dopo la defenestrazione e avrebbe il sapore di una sfida, un'occasione per vedere come si comporteranno gli ultimi manager sopravvissuti in Capitalia dopo la sua gestione. Ne sono rimasti pochi e quei pochi si sentono come i giapponesi che non hanno ancora saputo che la guerra è perduta.
A conferma della pulizia etnica che sta avvenendo nel palazzo si parla di un ritorno abbastanza clamoroso per la poltrona di amministratore delegato della Banca di Roma, un istituto sul quale Cesarone Geronzi non intende abbassare la guardia. Il nome che circola è quello di Massimo Ferrari, ex-direttore generale di FinecoGroup (società di Capitalia) che si è dimesso nel settembre 2003 quando al suo posto arrivarono Alessandro Foti e Fabio Gallia (fedelissimo di Arpe) assunse la carica di amministratore delegato.
2 - A DIRIGERE IL TRAFFICO TRA LA LOBBY VELTRONI E IL CLAN LETTA, CI SARÀ PAOLINO MIELI
Nel film della politica stanno scorrendo le ultime sequenze prima dei titoli di coda.
Le immagini vedono Romano Prodi apparentemente soddisfatto per la conclusione della battaglia sulle pensioni, ma al Professore di Bologna non sfugge che dopo l'agosto giallo per il sole cocente, arriveranno il settembre nero e l'ottobre rosso.
Per adesso si concede una piccola pausa e assiste con soddisfazione alla discesa in campo di Enrico Letta, il 41enne pisano che ha il compito di rompere l'unanimismo intorno a WalterEgo Veltroni. Si sa benissimo che la battaglia di quest'uomo è perduta in partenza perchè la sua intelligenza fervida si accompagna alla totale assenza di carisma mediatico.
L'uomo ha il fascino algido dei robot e potrebbe essere un avatar perfetto per quella menata di Second Life di cui oggi "La Stampa" di Torino ha già decretato la fine.
In un momento di confidenza, il giovane Letta, nipote del più celebre zio, ha dichiarato una volta di non essere una mosca bianca "e nemmeno il primo della classe". A Prodi non importa affatto che questo figlio di un professore di matematica sia surgelato e dichiari soltanto 172mila euro di reddito; ciò che gli interessa è che insieme alla pasionaria Rosy Bindi, la candidatura del quasi 40enne sparigli i giochi dell'acchiappatutto Veltroni.
Quest'ultimo si starà mordendo le mani pensando all'errore commesso nel suo discorso di investitura al Lingotto quando ha completamente ignorato la tradizione dei cattolici democratici e ha aperto un varco enorme ai rappresentanti di un filone politico che chiede legittimità nel futuro Partito Democratico.
La domanda che più intriga il Professore di Bologna riguarda l'atteggiamento che avranno i poteri forti nei confronti dei vari candidati alla guida del Partito Democratico. E' noto che dietro Rosy Bindi "piccolo Davide contro Golia" si schiererà al massimo un pugno di vescovi e di parroci con qualche giornale divertito all'idea di inventare la Golda Meir de noantri.
Ben più consistenti sono le forze che sembrano impegnate a sostenere il Sindaco d'Italia. L'elenco comincia con la lobby dei costruttori romani capeggiata da Francesco Gaetano Caltagirone, alla quale WalterEgo ha fatto enormi concessioni. Dietro questa lobby si sono già schierati da tempo Carletto De Benedetti con la corazzata del Gruppo Espresso, e la Fiat di Luchino di Montezemolo. Sarà quest'ultimo a trascinare in modo discreto anche la Confindustria che si è spellata le mani durante l'ultima Assemblea quando Montezuma invocava di voltare pagina.
Per Enrico Letta invece dei poteri "hard", si muoveranno i poteri "soft", quelli che investono nella cultura come strumento di potere. In primo luogo l'Aspen Institute, l'istituto Sant'Anna di Pisa (dove Enrichetto ha studiato insieme a D'Amato e Maccanico), i centri studi dell'Arel e gli opinionisti di "Repubblica".
A dirigere il traffico ci sarà Paolino Mieli che di giorno in giorno farà crescere l'indice di gradimento per qualcuno dei tre candidati. E' un bel giochino estivo che prelude al settembre nero del Senato e all'ottobre rosso del Partito Democratico.
3 - FIORANI: L'ASSALTO ALL'ANTONVENETA È STATO OSTACOLATO DA GERONZI E DALLA MASSONERIA "SOPRATTUTTO OLANDESE"
L'afa insopportabile si fa sentire anche nelle redazioni dei giornali e appanna le razionalità più acute. Succede così che nella povertà di notizie e di avvenimenti, si vada a caccia di personaggi "giornalisticamente morti" oppure terribilmente sputtanati.
Nella prima categoria si può inserire il banchiere olandese Rijkman Groenink, l'uomo che dopo aver messo le mani su Antonveneta sta per essere scalzato dalla sua poltrona. In un'intervista di pochi giorni fa, che sembra realizzata più per fare un favore a un amico che per reali esigenze di informazione, il tulipano della finanza ha dichiarato di preferire la campagna senese al Billionaire di Briatore e Fiorani.
L'intervista, inutilmente abbondante, non si sofferma sull'unico argomento che avrebbe potuto interessare i lettori: che cosa è successo effettivamente dentro Antonveneta dopo un anno di gestione olandese?, che cosa c'hanno guadagnato i risparmiatori dalla banca di Padova dove, per ammissione dello stesso Groenink, "i programmi stanno procedendo anche se con qualche ritardo"?
La calura estiva porta i giornalisti più seri a correre anche dietro Gianpiero Fiorani, il protagonista sconfitto nella scalata dei furbetti. Bisognerebbe avere il coraggio di tirare giù il sipario su quest'uomo che dalla stanza di Fazio è rotolato nell'alcova di Lele Mora e di "Fragolino". Per l'intera comunità finanziaria Fiorani è semplicemente impazzito ed è diventato un personaggio ridicolo sul quale non si può fare nemmeno il karaoke. Oggi invece la "Repubblica" è andata a cercarlo e con gran serietà gli ha chiesto un giudizio sulle telefonate tra Consorte e i leader Ds".
Per l'ex-numero 1 della Popolare di Lodi non c'è alcun dubbio: quelle telefonate sono legittime e l'assalto all'Antonveneta è stato ostacolato da Cesare Geronzi e dalla massoneria "soprattutto olandese". La perla finale dell'intervista è nel richiamo al rapporto con il defunto Maranghi: "sono orgoglioso di aver ricreato il rapporto tra lui e Antonio Fazio. E' stato lui a farmi capire che era finita".
Il povero Maranghi si rivolterà nella tomba, ma al Billionaire la follia continua.
4 - LA BRACCO BRACCATA DALLE TANGENTI IRAKENE
E' stato un weekend durissimo per Diana Bracco, la sciura della farmaceutica che guida Assolombarda.
Mentre stava riempiendo le valigie con una serie di strepitosi costumi bianchi a pois, la 66enne imprenditrice di Milano ha avuto un soprassalto di fronte al micidiale articolo pubblicato venerdì scorso sul settimanale "Il Mondo". Nel testo si parla chiaramente di una storia di tangenti distribuite in Iraq in cambio di farmaci e attrezzature agricole "che dovevano garantire la sopravvivenza di un popolo affamato e stremato". In questa storia - ha scritto il giornale - sono coinvolte due società molto note, la Bracco e la quotata Isagro e altre 14 imprese.
L'accusa di corruzione internazionale si fonda sulle indagini della Guardia di Finanza che avrebbe trovato le tracce di 55 milioni di euro distribuiti a iracheni corrotti. E l'aspetto gravissimo sarebbe rappresentato dal sovraprezzo sulle merci vendute, destinato a ricavare il denaro per le mazzette.
Quando ha letto il reportage del "Mondo", firmato dal giornalista Filippo Astone, la sciura della farmaceutica è diventata più pallida dei vestiti che solitamente indossa. Lei, vivendo a Milano, ha conosciuto da tempo il direttore del "Mondo" Enrico Romagna Manoja, un professionista elegante (figlio di un diplomatico) dal quale è difficile aspettarsi colpi bassi. Il giornale riporta la linea difensiva della Bracco che sostiene di "aver sempre operato in Iraq con assoluta trasparenza e nel rispetto delle regole". Magari non avrà giocato la parte di Angelina Jolie con i bambini africani, ma di mazzette non ne vuole sentire. Eppure - insiste il giornale - per coprirsi dall'eventualità di una condanna durissima, le imprese oggetto delle perquisizioni hanno stipulato in questi giorni robuste fideiussioni bancarie.
5 - MUSSARI E' VERDE-VERDIGLIONE
Lasciatelo lavorare in pace quel 43enne di Catanzaro che dal giugno dell'anno scorso è diventato presidente del Monte dei Paschi di Siena.
Giuseppe Mussari ha bisogno di tranquillità per portare avanti il suo progetto di vivere in uno splendido isolamento. Le polemiche di questi giorni sulle intercettazioni di D'Alema e Fassino portano acqua al mulino dell'indipendenza senese.
Con il casino su BNL e Antonveneta quale banca italiana e straniera avrebbe il coraggio di andare all'attacco di Rocca Salimbeni, la più politicizzata tra le banche italiane?
Il boccoluto Mussari (laureato in giurisprudenza all'università di Siena) si sente forte della sua autonomia e dalla sua parte stanno anche i numeri. I ricavi della banca sono aumentati sensibilmente e nel 2009 avrà tra le mani una liquidità di 3,7 miliardi di euro da investire in qualche avventura. Per adesso la sua parola d'ordine è "efficienza"; a questa si aggiunge "indipendenza" che lo porta a separare le attività di asset management da quelle tradizionali e a rafforzare i rapporti con Axa, il colosso delle assicurazioni francesi dove il 22 maggio Mussari è stato nominato membro del Consiglio di vigilanza.
Nel suo splendido isolamento il banchiere senese si gode i complimenti, dimentica la politica, e quando ha un attimo di tempo rilegge le parole encomiastiche che su di lui ha scritto il para-guru Armando Verdiglione: "Giuseppe Mussari trae la migliore lezione dal rinascimento e assegna alla banca una missione di civiltà...con l'intelligenza, arte del fare. Con la generosità. Con l'indulgenza che dispensa l'evento. Gli scritti di Giuseppe Mussari costituiscono un paradigma planetario".
A Piazza del Campo i contradaioli leggono e ridono.
Dagospia 23 Luglio 2007