BOLLE BALLA MA ROMA STRABALLA SULLE DOPPIE PUNTE (DEI CAPELLI)
IL SOVIET MONDANO DELL'OPERA DI ROMA: BERTINOTTI, PECORARO, D'URSO
ARBASINO C'E', MONICELLI E' VIVO, BAGLIONI PURE E LA MARZOTTO PIROETTA

Sandra Cesarale per il "Corriere della Sera - Roma"
Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo



Al Teatro dell'Opera Roberto Bolle non ballava da tre anni. L'ultima volta aveva vestito i panni del Duca Albrecht per la celebre e tragica coreografia di «Giselle». (.)
E il successo scatena nel trentunenne ballerino piemontese un'amara riflessione: «È un peccato che non ci siano molti spettacoli di qualità in giro. La richiesta del pubblico è grande, eppure l'offerta mi sembra misera. In Italia, e solo da noi, la danza rimane la cenerentola delle arti. Non ne capisco il motivo».

Bolle [è] al centro di una serata voluta e patrocinata dal ministero per i Beni e le Attività Culturali. Al suo fianco altre stelle mondiali della danza come Natasa Novotná, Polina Semionova, Mara Galeazzi. In programma i brani più celebri e suggestivi del repertorio dell'Ottocento e del Novecento: «Il lago dei Cigni», «Carmen», «Petite Mort».

«È la tappa conclusiva del mio tour - spiega lui, étoile della Scala che ha conquistato le platee di tutto il mondo -. Ma volevo a tutti i costi tornare a Roma, sul palco dell'Opera, così ho pensato a una serata con coreografie che mostrano tutte le mie sfumature (.) In scena ho l'opportunità, con i personaggi che interpreto, di vivere emozioni forti, passioni estreme, drammi immensi che, di solito non capitano nella vita reale».

Statuario, con il suo metro e novanta di muscoli, la danza di Bolle è fortemente atletica. «Il mio fisico è sempre stato al di fuori degli standard degli altri ballerini e, certo, mi aiuta soprattutto quando mi calo nei panni del principe, perché alla bellezza, l'eleganza, l'armonia si aggiunge una forte presenza scenica. Però, soprattutto all'inizio, ho dovuto dimostrare che oltre all'estetica e al corpo avevo anche un'anima, indispensabile per essere un interprete».



Amato come un divo del rock, Bolle è lontano dallo stereotipo della star egocentrica ed egoista. E si adopera per aiutare l'umanità più sfortunata: ambasciatore dell'Unicef, viaggia spesso nei luoghi più disastrati della terra. Di recente è stato in Sudan. «È stata l'esperienza più vera e toccante che abbia mai vissuto. Vivere a stretto contatto con la povertà e la miseria umana ti dà emozioni amplificate. Quando sei lì non è che puoi cambiare canale come se niente fosse».

È stato lui ad accompagnare nei teatri di tutto il mondo Alessandra Ferri nella tournée di addio che si è conclusa in estate a Taormina. «Alessandra ha fatto una scelta difficile e coraggiosa perché ha scelto di abbandonare la danza in un momento di splendore. Ma è una mia opinione, rispetto chi fa altre scelte come Carla Fracci che è il simbolo della danza italiana in tutto il mondo». Quindi lei è fra gli artisti che non morirà sul palco? «Ah no! - risponde ridendo - Io morirò danzando... ci vuole coerenza prima di tutto ».



Dagospia 05 Dicembre 2007