LA TERZA VITA DEL BISCIONE - APPAGATO L'ORGOGLIO DEL PARVENU CON L'ENTRATA NEL SALOTTO BUONO DI MEDIOBANCA, ORA BERLUSCONI DEVE FAR QUADRARE I CONTI IN FININVEST (E IN FAMIGLIA) - E TORNA AL "PRIMO AMORE": IL MATTONE.

Ettore Livini per "Affari & Finanza" de "la Repubblica"


Fininvest inizia la sua terza vita da un salotto e una villa. Il salotto è quello buono per eccellenza, Mediobanca, dove il Biscione, - dopo anni di estenuante anticamera - si è conquistato una strategica poltrona di prima fila. La villa è la splendida residenza di Gernetto, a Lesmo, con un enorme parco di quasi quaranta ettari nel cuore della Brianza, a due passi da Arcore.Nel parco secolare ci sono due edifici settecenteschi abbelliti da alcuni bassorilievi del Canova costati circa 35 milioni. La pietra angolare del ritorno dell'ex premier al suo primo amore, il mattone.
La svolta non è arrivata per caso. Silvio Berlusconi lo scorso anno ha riunito attorno a un tavolo tutti gli storici consulenti finanziari della famiglia: Roberto Poli, Bruno Ermolli, Ubaldo Livolsi. Gli stessi uomini che gli stanno vicini sin dall'epoca di Milano 2 e del salvataggio di Mediaset dai debiti negli anni '90.

All'ordine del giorno due problemi: cosa fare del miliardo di euro che Fininvest ha raccolto collocando in Borsa il 14% di Mediaset tre anni fa (soldi parcheggiati finora in investimenti a breve termine) e come affrancare il proprio patrimonio dai capricci di Piazza Affari dopo un 2007 in cui i crolli dei titoli Mediaset, Mediolanum e Mondadori hanno cancellato 1,5 miliardi dal portafoglio di casa. Provocando, si sussurra a Macherio, qualche mal di pancia nel ramo dinastico (i figli di Veronica Lario) tagliato fuori dalla gestione del business.
Dopo mesi di lavoro, è arrivata la scelta. La terza vita del Biscione - dopo l'era dell'immobiliare e quella delle tv - inizia con due stelle polari: il potere e la famiglia. Il primo incarnato dall'ingresso in Piazzetta Cuccia, mossa che regala all'ex premier un inedito ruolo di interdizione nelle principali partite finanziarie e industriali italiane. Il secondo dalla scelta di dirottare buona parte dei soldi in cassa verso il mattone, puntando su quegli immobili di prestigio come Villa Gernetto che tendono a conservare intatto nel tempo il loro valore.

Per il Berlusconi politico, il blitz in Mediobanca è un successo meno visibile della spallata al Governo Prodi ma forse (malgrado si sia consumato sottotraccia) altrettanto importante. In primis per una questione d'orgoglio.

Tenuto a distanza da Enrico Cuccia - che secondo i suoi biografi semiufficiali etichettava il Cavaliere con "epiteti irriferibili" - e snobbato dal capitalismo del salotto buono, il numero uno di Arcore ha bussato per anni senza successo a questa porta. E così - pur essendo riuscito a conquistare il palcoscenico della politica - ha dovuto assistere da spettatore (con sofferenza) al riassetto della finanza di casa nostra, gestito nel chiuso delle mura di Mediobanca da un club esclusivo di cui lui non faceva parte.

Ora i tempi sono mutati. Il vecchio capitalismo familiare italiano ha cambiato volto. Non ci sono più i Gianni Agnelli e i Leopoldo Pirelli. Non c'è più Cuccia, non c'è Vincenzo Maranghi. Le azioni non si pesano più - come sosteneva il grande vecchio di via Filodrammatici curando i propri interessi - ma si contano.



E quando contano i soldi, Silvio Berlusconi (il 37esimo uomo più ricco del mondo per Forbes) ha pochi rivali in Italia. Non solo. Negli ultimi mesi l'ex premier ha tessuto una tela di alleanze che - alla fine - gli ha spalancato il portone una volta inviolabile di Piazzetta Cuccia. Al vertice di Mediobanca siede Cesare Geronzi, l'uomo che ha salvato Mediaset con la quotazione e che ha accolto Fininvest nel patto di sindacato della sua Capitalia.
Non solo. Nel suo azionariato ha un peso forse superiore a quello dichiarato (l'11%) quel parterre di soci francesi (da Tarak Ben Ammar a Vincet Bolloré) da sempre in ottimi rapporti d'affari con il Biscione. Una congiuntura astrale irripetibile che ha convinto Fininvest a lanciare l'affondo, chiedendo e ottenendo - questa volta accolta con il tappeto rosso - di entrare nella stanza dei bottoni del capitalismo italiano.

L'investimento, in sé, non è stato eccessivo: il 2% di Mediobanca in portafoglio a Fininvest vale circa 230 milioni. Questo chip però regala al politico Berlusconi non solo - se tornerà premier - il controllo di tutte le leve dell'industria pubblica ma anche la supervisione sul riassetto di quella privata. Un mondo dove - da Generali a Telecom - il Berlusconi imprenditore ha tanti interessi da difendere.

Sistemate con profitto le proprie esigenze imprenditorial-politiche, l'ex premier ha avuto per assurdo qualche problema in più a far quadrare la nuova vita della Fininvest con le esigenze di famiglia. Qui il nodo è lo stesso da un po' di tempo. Marina e Piersilvio, i figli di primo letto, sono da tempo inseriti nella realtà del gruppo, con incarichi operativi e visibilità autonoma rispettivamente su Mondadori e Mediaset.

Barbara, Eleonora e Luigi, invece, i figli di Veronica Lario sono, come ovvio viste le età, ancora in anticamera, impegnati negli studi. Ciò non cambia però che già in passato siano emerse posizione differenti sulla gestione del Biscione: ultima, e forse più eclatante, la presa di posizione di Barbara, che ha confessato come lei avrebbe già ceduto le tv a Murdoch qualche anno fa. Cosa che, alla luce del crollo azionario di Mediaset oggi, non sarebbe stata forse sbagliata.
Il cavaliere però è riuscito a risolvere per ora le cose in famiglia, Prima ha ridisegnato il controllo di Fininvest, aprendo il capitale in parti uguali a tutti i figli. Ora sta riposizionandola dal punto di vista degli investimenti per garantire una certa solidità al patrimonio, nell'interesse di tutti e cinque.

E proprio per questo lui e i suoi consulenti hanno deciso che la strada più lineare è quella del mattone. Non richiede una gestione sofisticata, equilibra un portafoglio di business troppo sbilanciato verso la Borsa. E in fondo è un business in cui Berlusconi ha sempre dimostrato di saperci fare.
Così il miliardo conservato nel portafoglio del Biscione - salvo occasioni irripetibili - verrà utilizzato per investire su edifici di grande pregio. In Italia ma anche all'estero. E le controllate a Piazza Affari (come del resto hanno sempre fatto negli ultimi anni) gestiranno le loro attività facendo leva solo sui mezzi propri.

Unica eccezione il Milan. Il Cavaliere, in questa nuova stagione di pseudoausterity ha già messo le mani avanti dicendo che per Ronaldinho, se necessario, si raccoglieranno offerte dai tifosi ai gazebo. Ma se davvero si presenterà l'occasione, forse, Berlusconi farà un'eccezione. Anche se l'asso brasiliano costa più della villa di Gernetto.


Dagospia 31 Gennaio 2008