CASALEGNO: FU UN'ESECUZIONE PER TAPPARE LA BOCCA A UN GIORNALISTA PERICOLOSO - NEL SUO ULTIMO PEZZO SCRIVE DEI RAPPORTI TRA AUTONOMIA, BR E LA RAF TEDESCA (MENTRE LO STATO GUARDA "DA UN'ALTRA PARTE").

Da www.lastorianascosta.com, blog di Giovani Fasanella


Ecco un brano, intitolato «Il nostro Stato», dal libro di Andrea Casalegno, l'attentato, pubblicato da Chiarelettere:

Nel 1968 Alberto Ronchey sostituì De Benedetti alla direzione de «La Stampa» e nominò due vicedirettori, Neirotti e Casalegno. A quest'ultimo affidò anche la rubrica settimanale «Il nostro Stato». Il 16 novembre 1977 «Il nostro Stato» uscì per l'ultima volta, con l'articolo «Scandali morali e bombe», rivolto a Guglielmo Zucconi, direttore di «La discussione», il settimanale della Democrazia Cristiana.
L'articolo si concludeva così:

De Gasperi insegnava (e Zucconi lo ricorda) che l'onore di un uomo non è un affare privato. Appunto per questo motivo, la Dc avrebbe dimostrato saggezza allontanando da posizioni di potere tanti uomini il cui onore era leso da colpe accertate, o da sospetti non infondati, o da manifesta inettitudine. In un Paese che non riesce a processare gli attentatori di piazza Fontana, e dove l'Inquirente dispensa immunità, non si può aspettare la sentenza definitiva della magistratura per togliere dal governo, ad esempio, un boss indiziato di complicità con la mafia.

Furono le ultime parole pubblicate da Casalegno sul suo giornale. Nel 1977 il terrorismo, di destra e di sinistra, era divenuto un tema fisso de «Il nostro Stato». Il 9 novembre, una settimana prima dell'attentato, la rubrica esce con «Terrorismo e chiusura dei covi», ritornando sull'argomento che aveva già trattato due settimane prima, il 26 ottobre, dopo il ferimento di un consigliere comunale della Democrazia Cristiana. Nell'articolo del 26 ottobre, «Rossi, neri, chiudere i covi», Casalegno scriveva:



L'aspetto più preoccupante della crisi dell'ordine pubblico in Italia consiste nella molteplicità e nell'estensione dei gruppi che formarono il "partito armato". Abbiamo i Nap e le Br, simili alla Raf tedesca; ma abbiamo anche una quantità, ineguagliata in Occidente, di formazioni squadristiche rosse o nere, in grado di scatenare violenze, frequenti e coordinate, in gran parte nei maggiori centri urbani. Questi gruppi non vivono come i brigatisti rossi e i nappisti, in clandestinità. Li conosce la polizia, li conoscono i cittadini; spesso hanno sedi ufficiali, tengono assemblee, pubblicano giornali.

Fino a quando svolgono un'attività politica, per quanto di un esasperato estremismo, esercitano un diritto garantito dalla legge democratica, che non ammette censura sulle opinioni. Ma quando organizzano o favoriscono azioni violente, provocano o compiono azioni delittuose, quei gruppi escono dalla legalità, e non possono chiedere allo Stato né tolleranza, né impunità. Le sedi politiche, in questo caso, diventano "covi", e vanno chiuse; e i militanti politici, trasformati in squadristi, debbono essere perseguiti come autori di reati.

Scrivendo quelle parole sapeva di rischiare la vita.
Andrea Casalegno

COMMENTO DI GIOVANNI FASANELLA
Fa impressione leggere le ultime parole scritte da Carlo Casalegno, prima di essere ammazzato da un commando delle Brigate Rosse. L'ho pensato sin dall'inizio, ed oggi ne sono ancora più convinto: quel delitto non fu compiuto contro un «simbolo», ma fu un'esecuzione in piena regola per tappare la bocca a un giornalista acuto e quindi pericoloso, perché in grado di capire in tempo reale quello che accadeva intorno a lui. (Cinque mesi prima del sequestro Moro) Casalegno aveva intuito le alleanze che si erano saldate tra L'Autonomia, le Br e la Raf tedesca, mentre lo Stato guardava da un'altra parte.

Penso spesso a Casalegno, alla sua intelligenza lucida e alla sua capacità di connessione, che gli consentiva di leggere anche i contesti degli avvenimenti. Pensando a lui, viene naturale fare un confronto con certe ricostruzioni «antidietrologiche» oggi spacciate per vangeli da gran parte del mondo dell'informazione. E tutte le volte mi rendo conto del danno inferto dalle Br alla verità (e alla nostra professione).


Dagospia 20 Maggio 2008