GENOVA PER LORO - LO SCANDALO MAZZETTE METTE IN CRISI IL SINDACO VINCENZI - PDL ALL'ATTACCO: "SE NE DEVE ANDARE" - PORTAVOCE ARRESTATO, MARITO DISCUSSO - SUPERMARTA TREMA, MA NON MOLLA. PER ORA.

Fabio Pozzo per "La Stampa"


Il centrodestra mira al sindaco. «Marta Vincenzi deve gettare la spugna» dice Gianni Plinio, capogruppo regionale di An. «L'inchiesta sta investendo sempre più gravemente la sua amministrazione e i suoi più diretti consulenti minandone credibilità e operatività. Dalle indagini emerge l'esistenza di un ramificato comitato d'affari che cerca di mettere le mani un po' dappertutto e in cui un ruolo predominante sembrano aver avuto esponenti di spicco del Pd...».

Sono le inevitabili onde di riflusso dello tsunami che ha investito la città. Una mazzata, gli arresti per lo scandalo degli appalti&tangenti, che ha messo in crisi ulteriormente il «sistema Genova», quello della politica degli affari, e che sta trascinando nel vortice una certa sinistra, da tempo sotto scacco della magistratura. Col rischio di travolgere anche quella che, fino a prova contraria, sembrava la parte sana.

Non devono essere ore facili per la democratica Marta Vincenzi, tessera Pci nei ricordi e la nomea di SuperMarta, che l'ha portata sino all'Europarlamento (tolta di mezzo, per i nemici) e riportata a casa vincente. Due suoi assessori indagati, il marito citato nelle intercettazioni pubblicate dai giornali (è titolare di un'azienda di progettazione, posizione che aveva anche dato la stura ad un ricorso di presunta incompatibilità con la carica di primo cittadino, per conflitto d'interessi, poi respinto dal tribunale), e soprattutto l'amarezza d'essere stata tradita dal più stretto collaboratore, il suo portavoce, ora agli arresti. «Un Giuda», lo sfogo.

Chi le è vicino, però, giura che SuperMarta non ha perso i suoi poteri. «E' forte, solida, anche in questo momento. Non so come faccia» dice Simone Farello, capogruppo consiliare dell'Ulivo-Pd, «attonito» per gli eventi. «Sta cercando di capire che cosa è successo. E di riflettere, per assumere la decisione più opportuna» spiega Francesca Balzani, assessore al Bilancio, la fiscalista dello studio Uckmar ritenuta «ostile» dal comitato degli affari cui riferisce Plinio, perché «inavvicinabile».

Una riflessione che potrebbe farla dimettere, decidendo di riportare Genova alle elezioni e di consegnarla - quasi scontato - alla destra. Oppure, l'ipotesi più probabile, salvo altri tsunami, di proseguire nel suo mandato, magari più forte di prima, liberata dalle spurie.



Qualcuno parla già di rimpasti. Oggi c'è riunione di giunta. Balzani frena: «Non ne abbiamo ancora parlato». Conferma il capogruppo dell'Italia dei Valori, Manuela Cappello, che rivendica il peso di «seconda forza della maggioranza» del movimento dipietrista, qualora si rendessero necessari nuovi assetti, si dice «sconcertata dagli arresti» e definisce SuperMarta «una vittima» (il Comune si costituirà parte civile). L'assessore al Lavoro Mario Margini, del Pd, parla apertamente di «attacco politico all'amministrazione».

Fuori da Palazzo, intanto, per i militanti di sinistra è come se fosse crollato un altro muro di Berlino. Nelle roccaforti proletarie, choc e vergogna. Ma anche inviti a non formulare giudizi affrettati. Se ne guarda Silvio Ferrari, tessera Pci-Pd dal 1963 al '98, ex assessore alla Cultura di Genova, che si ferma ad una riflessione storico-politica.

«Anche in passato, quando il Pci era al centro del potere genovese, esisteva un sistema di aiuto e reciproco interesse con cooperative, imprenditori, pubblico. I satelliti agivano autonomanente, tenendo i contatti col partito, che indicava le strategie generali. Fermo restando che al suo interno vi erano persone che si occupavano di affari. Ma all'epoca prevaleva la logica della stalinizzazione: lo si faceva per una causa nobile».

Una logica estinta. «Ho la sensazione che oggi non vi siano più riferimenti ideologici. Che a quel sistema siano subentrare persone che non hanno più bisogno di una causa, ma che badano solo a fare affari» continua Ferrari. «Questo processo involutivo ha creato l'indifferenza nella gente verso la politica e segnato la crisi della sinistra, che ha perso in coerenza, misura, sobrietà».

«E' sparita la diversità, che si basava su un'etica di classe. S'è voluto mescolare il diavolo e l'acqua santa, imprenditori e precari» il pensiero (iper-sintetizzato) del poeta ed ex candidato sindaco Edoardo Sanguineti. Senza voler entrare nel merito dell'inchiesta, s'intende.


Dagospia 23 Maggio 2008