CAV LIBERA TUTTI - IL RITORNO DELL'IMMUNITÀ PARLAMENTARE FAREBBE COMODO NON SOLO A SILVIO, MA ANCHE AL PD (D'ALEMA SI TOGLIEREBBE IL PESO DEL "CASO UNIPOL") - MEGLIO QUESTO DEL "BLOCCA PROCESSI".
Franco Bechis per "Italia Oggi"
Sta per prendere corpo la soluzione parlamentare al braccio di ferro sulla giustizia. Nel giorno in cui anche il Csm ha deposto l'ascia di guerra cercando di fare raffreddare gli animi e rinviando il proprio parere sul decreto sicurezza, gli sherpa di maggioranza e opposizione hanno iniziato a mettere a punto una soluzione comune sul cosiddetto lodo Schifani-Maccanico. L'idea è quella di reintrodurre l'immunità parlamentare presente nella Costituzione italiana fino al 1993, estendendo - a richiesta dei singoli - la non processabilità di deputati e senatori fino al termine del mandato. Con Silvio Berlusconi verrebbero quindi salvati dalle inchieste penali tutti e 952 i parlamentari italiani, senatori a vita compresi...
Intendiamoci, il patto sulla giustizia è ben lungi dall'essere sottoscritto. Gli stessi aspetti tecnici che ad occhi inesperti potrebbero sembrare sfumature, rischiano di mandare tutto all'aria in men che non si dica. Però quella griglia di accordo su cui si sta ragionando la dice lunga sulla liturgia della politica. Perché indica almeno due cose: che la lamentela di Berlusconi sullo strapotere dei magistrati italiani ha certamente numerosi e magari non troppo palesi fan anche nelle fila dell'opposizione; poi che quella casta di cui tanto si è parlato nei mesi scorsi tale è e come ogni casta tende all'autodifesa se messa all'angolo da poteri terzi (stampa, magistratura).
L'idea su cui si sta ragionando è quella della sospensione del processo o anche solo del procedimento giudiziario per tutti i parlamentari fino alla fine del proprio mandato. Le differenze fra maggioranza e opposizione riguardano in questo momento i termini di questa sospensione, e soprattutto le clausole accessorie. Nel Pdl si vorrebbe ripristinare il vecchio concetto di immunità parlamentare: decade solo al momento in cui non si venga più eletti. Nel Pd e nell'Udc qualcuno condivide, altri meno, e vorrebbero legare a questa protezione particolare anche una successiva clausola di ineleggibilità, che farebbe stare buoni i magistrati.
Come spiega Pierluigi Mantini nell'intervento pubblicato a pagina 6 di oggi, chi gode di quella immunità, una volta terminato il mandato dovrà affrontare il processo come tutti i cittadini ed ovviamente uscirne indenne prima di tornare in Parlamento. Comprendo i rischi di questa ipotesi: non voglio nemmeno credere che la giustizia possa essere amministrata così in Italia, ma si potrebbe per ipotesi trovare un magistrato un po' bislacco disposto ad iniziare una azione penale su basi assai incerte al solo fine di impedire la rielezione- anzi, la ricandidatura stessa- di un politico che gli stesse antipatico.
Ma al di là delle sfumature, non sembra un gran successo della magistratura questa possibile trasformazione del caso Berlusconi in un'armatura dell'intera casta politica- con l'eccezione di quel manipolo non decisivo di parlamentari che segue Antonio Di Pietro. Vero che di problemi e di bracci di ferro con la giustizia è pieno il parlamento. E che elemento non secondario resta ancora quel caso Unipol che continua a coinvolgere un esponente di spicco del Pd come Massimo D'Alema.
Ma per capire la genesi di questo possibile ritorno alle guarentige parlamentari del 1993 proprio nell'anno della Casta, bisogna partire da una domanda iniziale: esiste davvero, ed è giustificato parlare di un caso Berlusconi? La mia risposta personale è "sì". Esiste. Ed è anomalo da qualsiasi prospettiva si guardi. Da 14 anni Berlusconi è imputato per presunti reati legati alla sua attività di imprenditore. Che li avesse commessi o meno, personalmente o per delega, non c'è dubbio su un fatto: degli stessi reati sono stati imputati tutti o quasi gli imprenditori di grido in Italia.
C'è chi ha affrontato processi, chi ha ammesso le proprie responsabilità, chi le ha negate ed è stato assolto o comunque ha goduto della prescrizione. A tanti anni di distanza chiunque sia passato in quei tribunali è ancora lì a fare il suo mestiere e ad avere il suo scampolo di potere. Qualcuno addirittura più di prima. Se Berlusconi non ha avuto lo stesso destino è perché nel frattempo è diventato un politico.
E il processo non è stato più uguale agli altri: per colpa dei giudici e per atteggiamento dello stesso imputato. Trovare una soluzione a questa anomalia è dunque doveroso: non sarebbe male farlo senza dovere punire per questo l'intera collettività. La norma sposta-processi appena approvata questo fa: dopo avere dato gran peso a reati apparentemente minori, ma di grande allarme sociale, fa finta che pesino meno degli altri. Una truffa elettorale bella è buona. Non è questa la strada. Forse è giusto salvare Berlusconi. Ma non a scapito di tutti gli altri cittadini italiani...
Dagospia 24 Giugno 2008
Sta per prendere corpo la soluzione parlamentare al braccio di ferro sulla giustizia. Nel giorno in cui anche il Csm ha deposto l'ascia di guerra cercando di fare raffreddare gli animi e rinviando il proprio parere sul decreto sicurezza, gli sherpa di maggioranza e opposizione hanno iniziato a mettere a punto una soluzione comune sul cosiddetto lodo Schifani-Maccanico. L'idea è quella di reintrodurre l'immunità parlamentare presente nella Costituzione italiana fino al 1993, estendendo - a richiesta dei singoli - la non processabilità di deputati e senatori fino al termine del mandato. Con Silvio Berlusconi verrebbero quindi salvati dalle inchieste penali tutti e 952 i parlamentari italiani, senatori a vita compresi...
Intendiamoci, il patto sulla giustizia è ben lungi dall'essere sottoscritto. Gli stessi aspetti tecnici che ad occhi inesperti potrebbero sembrare sfumature, rischiano di mandare tutto all'aria in men che non si dica. Però quella griglia di accordo su cui si sta ragionando la dice lunga sulla liturgia della politica. Perché indica almeno due cose: che la lamentela di Berlusconi sullo strapotere dei magistrati italiani ha certamente numerosi e magari non troppo palesi fan anche nelle fila dell'opposizione; poi che quella casta di cui tanto si è parlato nei mesi scorsi tale è e come ogni casta tende all'autodifesa se messa all'angolo da poteri terzi (stampa, magistratura).
L'idea su cui si sta ragionando è quella della sospensione del processo o anche solo del procedimento giudiziario per tutti i parlamentari fino alla fine del proprio mandato. Le differenze fra maggioranza e opposizione riguardano in questo momento i termini di questa sospensione, e soprattutto le clausole accessorie. Nel Pdl si vorrebbe ripristinare il vecchio concetto di immunità parlamentare: decade solo al momento in cui non si venga più eletti. Nel Pd e nell'Udc qualcuno condivide, altri meno, e vorrebbero legare a questa protezione particolare anche una successiva clausola di ineleggibilità, che farebbe stare buoni i magistrati.
Come spiega Pierluigi Mantini nell'intervento pubblicato a pagina 6 di oggi, chi gode di quella immunità, una volta terminato il mandato dovrà affrontare il processo come tutti i cittadini ed ovviamente uscirne indenne prima di tornare in Parlamento. Comprendo i rischi di questa ipotesi: non voglio nemmeno credere che la giustizia possa essere amministrata così in Italia, ma si potrebbe per ipotesi trovare un magistrato un po' bislacco disposto ad iniziare una azione penale su basi assai incerte al solo fine di impedire la rielezione- anzi, la ricandidatura stessa- di un politico che gli stesse antipatico.
Ma al di là delle sfumature, non sembra un gran successo della magistratura questa possibile trasformazione del caso Berlusconi in un'armatura dell'intera casta politica- con l'eccezione di quel manipolo non decisivo di parlamentari che segue Antonio Di Pietro. Vero che di problemi e di bracci di ferro con la giustizia è pieno il parlamento. E che elemento non secondario resta ancora quel caso Unipol che continua a coinvolgere un esponente di spicco del Pd come Massimo D'Alema.
Ma per capire la genesi di questo possibile ritorno alle guarentige parlamentari del 1993 proprio nell'anno della Casta, bisogna partire da una domanda iniziale: esiste davvero, ed è giustificato parlare di un caso Berlusconi? La mia risposta personale è "sì". Esiste. Ed è anomalo da qualsiasi prospettiva si guardi. Da 14 anni Berlusconi è imputato per presunti reati legati alla sua attività di imprenditore. Che li avesse commessi o meno, personalmente o per delega, non c'è dubbio su un fatto: degli stessi reati sono stati imputati tutti o quasi gli imprenditori di grido in Italia.
C'è chi ha affrontato processi, chi ha ammesso le proprie responsabilità, chi le ha negate ed è stato assolto o comunque ha goduto della prescrizione. A tanti anni di distanza chiunque sia passato in quei tribunali è ancora lì a fare il suo mestiere e ad avere il suo scampolo di potere. Qualcuno addirittura più di prima. Se Berlusconi non ha avuto lo stesso destino è perché nel frattempo è diventato un politico.
E il processo non è stato più uguale agli altri: per colpa dei giudici e per atteggiamento dello stesso imputato. Trovare una soluzione a questa anomalia è dunque doveroso: non sarebbe male farlo senza dovere punire per questo l'intera collettività. La norma sposta-processi appena approvata questo fa: dopo avere dato gran peso a reati apparentemente minori, ma di grande allarme sociale, fa finta che pesino meno degli altri. Una truffa elettorale bella è buona. Non è questa la strada. Forse è giusto salvare Berlusconi. Ma non a scapito di tutti gli altri cittadini italiani...
Dagospia 24 Giugno 2008