QUIRINAL TANGO/1 - SILVIO DIXIT: "DA CASINI MI GUARDI IDDIO, CHE DAI NEMICI MI GUARDO IO."
Augusto Minzolini per La Stampa
Antefatti. E´ una serata romana di tarda primavera, di quelle magiche, che fanno sognare. Il presidente della Camera conversa amabilmente a cena nella villa di un imprenditore molto amico. Poche persone di famiglia e qualche ospite tra i quali la baronessa Astaldi, dell´omonimo gruppo che costruisce viadotti e ponti. Si parla del più e del meno e un Pierferdinando Casini entusiasta vaticina il futuro proponendo un ragionamento che, guardando agli avvenimenti del passato, tenta di prevedere le cose che avverranno. «Quando fu eletto Ciampi - racconta l´inquilino di Montecitorio - il centro-sinistra ci fece pervenire una rosa di tre nomi chiedendoci di scegliere un Capo dello Stato gradito anche a noi: c´erano i nomi di Ciampi, di Mancino e credo, se non sbaglio, della Rosa Russo Jervolino. Noi decidemmo per Ciampi. Ebbene, la prossima volta toccherà a noi del centro-destra dare una rosa, avendo la maggioranza in Parlamento, e fin d´ora si può immaginare quali saranno i tre nomi: Berlusconi, il sottoscritto e un esponente di An, non credo Fini, magari Fisichella. E chi credete sceglierà il centro-sinistra? Casini, naturalmente».
Il presidente della Camera fece quel discorso con il tono di monsieur de Lapalisse, cioè come se stesse prevedendo l´avvenimento più scontato del mondo. Ma la convinzione che anima da mesi il nostro personaggio, se all´epoca era condivisa solo dagli intimi, con il passare dei giorni e delle settimane è sta avvertita con un certo disagio anche dagli estranei: un pò per gli atteggiamenti dello stesso Casini, un pò per i boatos di un´operazione che ha animato le voglie di rivincita degli ex-democristiani. Se ne è accorto Silvio Berlusconi che da qualche tempo segue le mosse dell´inquilino di Montecitorio con attenzione, preoccupazione e fastidio. L´altro giorno per rincuorare un candidato di Forza Italia ai seggi vacanti, che per colpa dell´atteggiamento degli ex-dc ha dovuto dire addio al suo sogno, il Cavaliere si è lasciato andare ad una delle sue battute al fulmicotone: «Da Casini mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io».
E che la strategia del Presidente della Camera sia ormai di dominio pubblico lo dimostrano i discorsi fatti appena ieri mattina dal ministro del Welfare, Roberto Maroni, proprio in mezzo al Transatlantico di Montecitorio: «Pierferdinando punta al Quirinale, ormai lo sanno tutti. La poltrona che occupa gli ha dato alla testa, come alla Pivetti. Bossi ha rilanciato l´idea del presidenzialismo anche per tagliargli la strada: se il presidente fosse eletto dal popolo Casini non riuscirebbe mai ad andare al Quirinale. Lui vola alto, ma quando si parla di nomine, da buon democristiano, scende giù in picchiata. Ti telefona e dice : " Caro Roberto..."». Inutile dire che della «sindrome Pivetti» parlano anche gli amici di partito del Presidente della Camera più vicini al Cavaliere, come Sandro Fontana: «Se non sta attento Pier va a sbattere», è il commento.
Infine sulle ambizioni dell´inquilino di Montecitorio lavora anche l´opposizione. Alle orecchie del presidente della Camera sono arrivati i discorsi di Fassino e D´Alema: Casini sarebbe la candidatura naturale per l´elezione del Presidente in questo Parlamento; metterebbe insieme i suoi, una parte del centro-destra e la sinistra e uno schieramento del genere potrebbe magari essere l´embrione - fantasticano i generali della sinistra - per creare una coalizione di governo che scomponga gli attuali Poli nel prossimo Parlamento. Inutile dire che le «voci» sul presidente della Camera hanno creato più di un motivo di tensione nella maggioranza. Specie dentro una Forza Italia, che «priva - per dirla con le parole del senatore Tomassini - di altri riferimenti nel governo e nel partito aldilà di Berlusconi», ondeggia e sussulta per un «non nulla»: nel maggiore partito della coalizione, infatti, le ambizioni di Casini suscitano livore, ma anche l´ipotesi che il Cavaliere vada al Quirinale è bastata nelle scorse settimane a creare le premesse per una guerra tra i possibili successori.
Così ieri mattina il Cavaliere ha deciso di prendere un´iniziativa su un argomento, che almeno a stare al calendario, è ancora molto lontano nel tempo. Anche in questa occasione ha giocato di sponda con il senatur che, appena l´altro ieri, aveva lanciato il presidenzialismo per bilanciare «la devolution». «Bossi ha fatto un bel discorso - ha spiegato - anche se stava male per una congestione. Noi andremo avanti, sul programma di governo non ci tireremo indietro e il presidenzialismo è lì dentro. Lo faremo più in là, nell´ultimo anno della legislatura. C´è un sistema da armonizzare: qui un premier non può cambiare un ministro, nè sciogliere un Parlamento che non funziona. Eppoi l´elezione del presidente in Parlamento crea tensioni, giochi... Si parla di successori, delfinati... Ecco perchè io sono interessato al Quirinale solo se ci sarà una riforma presidenziale o semipresidenziale, altrimenti punterò a fare il premier, cioè ad un ruolo operativo. Con Bossi va benissimo, con gli altri lo stesso, al massimo si pongono dei problemi di visibilità, oppure nascono questioni per qualche posto di sottosegretario. Noi, però, siamo uomini di mondo...».
Decrittato il messaggio del capo del governo è chiaro: sul Colle o al governo, il capo di questa coalizione rimarrò io. Un modo per gettare acqua sul fuoco e per ridimensionare le ambizioni di tanti. Insomma, una sortita per ridare un´idea forte al governo e per riportare la calma. D´altra parte, se per nominare un ministro degli Esteri il Cavaliere deve far fronte a mille sollecitazioni (ieri Alleanza Nazionale ha rilanciato il nome di Marzano in alternativa a quello di Frattini per la Farnesina, per liberare un posto da ministro per Urso), figuriamoci cosa potrebbe scatenare nel centro-destra la corsa al Quirinale. Insomma, quella sul presidenzialismo è stata una sortita quasi dovuta. E gli ex-dc come l´hanno presa? «L´importante - ha spiegato Buttiglione - coniugare il semi-presidenzialismo con una nuova legge elettorale proporzionale».
E alla fine anche Casini è stato contento: «Noi siamo d´accordo: sia sul presidenzialismo, sia sul federalismo», ha detto. Anche l´inquilino di Montecitorio in questo momento ha bisogno di una tregua per allontare da sè i riflettori: intanto incassa che Berlusconi, almeno a parole, dice che non è disposto a candidarsi per il Colle se sarà sempre il Parlamento ad eleggere il prossimo Capo dello Stato. In un paese che da vent´anni parla di riforme istituzionali che non si fanno, Casini può ancora coltivare più di una speranza.
Antefatti. E´ una serata romana di tarda primavera, di quelle magiche, che fanno sognare. Il presidente della Camera conversa amabilmente a cena nella villa di un imprenditore molto amico. Poche persone di famiglia e qualche ospite tra i quali la baronessa Astaldi, dell´omonimo gruppo che costruisce viadotti e ponti. Si parla del più e del meno e un Pierferdinando Casini entusiasta vaticina il futuro proponendo un ragionamento che, guardando agli avvenimenti del passato, tenta di prevedere le cose che avverranno. «Quando fu eletto Ciampi - racconta l´inquilino di Montecitorio - il centro-sinistra ci fece pervenire una rosa di tre nomi chiedendoci di scegliere un Capo dello Stato gradito anche a noi: c´erano i nomi di Ciampi, di Mancino e credo, se non sbaglio, della Rosa Russo Jervolino. Noi decidemmo per Ciampi. Ebbene, la prossima volta toccherà a noi del centro-destra dare una rosa, avendo la maggioranza in Parlamento, e fin d´ora si può immaginare quali saranno i tre nomi: Berlusconi, il sottoscritto e un esponente di An, non credo Fini, magari Fisichella. E chi credete sceglierà il centro-sinistra? Casini, naturalmente».
Il presidente della Camera fece quel discorso con il tono di monsieur de Lapalisse, cioè come se stesse prevedendo l´avvenimento più scontato del mondo. Ma la convinzione che anima da mesi il nostro personaggio, se all´epoca era condivisa solo dagli intimi, con il passare dei giorni e delle settimane è sta avvertita con un certo disagio anche dagli estranei: un pò per gli atteggiamenti dello stesso Casini, un pò per i boatos di un´operazione che ha animato le voglie di rivincita degli ex-democristiani. Se ne è accorto Silvio Berlusconi che da qualche tempo segue le mosse dell´inquilino di Montecitorio con attenzione, preoccupazione e fastidio. L´altro giorno per rincuorare un candidato di Forza Italia ai seggi vacanti, che per colpa dell´atteggiamento degli ex-dc ha dovuto dire addio al suo sogno, il Cavaliere si è lasciato andare ad una delle sue battute al fulmicotone: «Da Casini mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io».
E che la strategia del Presidente della Camera sia ormai di dominio pubblico lo dimostrano i discorsi fatti appena ieri mattina dal ministro del Welfare, Roberto Maroni, proprio in mezzo al Transatlantico di Montecitorio: «Pierferdinando punta al Quirinale, ormai lo sanno tutti. La poltrona che occupa gli ha dato alla testa, come alla Pivetti. Bossi ha rilanciato l´idea del presidenzialismo anche per tagliargli la strada: se il presidente fosse eletto dal popolo Casini non riuscirebbe mai ad andare al Quirinale. Lui vola alto, ma quando si parla di nomine, da buon democristiano, scende giù in picchiata. Ti telefona e dice : " Caro Roberto..."». Inutile dire che della «sindrome Pivetti» parlano anche gli amici di partito del Presidente della Camera più vicini al Cavaliere, come Sandro Fontana: «Se non sta attento Pier va a sbattere», è il commento.
Infine sulle ambizioni dell´inquilino di Montecitorio lavora anche l´opposizione. Alle orecchie del presidente della Camera sono arrivati i discorsi di Fassino e D´Alema: Casini sarebbe la candidatura naturale per l´elezione del Presidente in questo Parlamento; metterebbe insieme i suoi, una parte del centro-destra e la sinistra e uno schieramento del genere potrebbe magari essere l´embrione - fantasticano i generali della sinistra - per creare una coalizione di governo che scomponga gli attuali Poli nel prossimo Parlamento. Inutile dire che le «voci» sul presidente della Camera hanno creato più di un motivo di tensione nella maggioranza. Specie dentro una Forza Italia, che «priva - per dirla con le parole del senatore Tomassini - di altri riferimenti nel governo e nel partito aldilà di Berlusconi», ondeggia e sussulta per un «non nulla»: nel maggiore partito della coalizione, infatti, le ambizioni di Casini suscitano livore, ma anche l´ipotesi che il Cavaliere vada al Quirinale è bastata nelle scorse settimane a creare le premesse per una guerra tra i possibili successori.
Così ieri mattina il Cavaliere ha deciso di prendere un´iniziativa su un argomento, che almeno a stare al calendario, è ancora molto lontano nel tempo. Anche in questa occasione ha giocato di sponda con il senatur che, appena l´altro ieri, aveva lanciato il presidenzialismo per bilanciare «la devolution». «Bossi ha fatto un bel discorso - ha spiegato - anche se stava male per una congestione. Noi andremo avanti, sul programma di governo non ci tireremo indietro e il presidenzialismo è lì dentro. Lo faremo più in là, nell´ultimo anno della legislatura. C´è un sistema da armonizzare: qui un premier non può cambiare un ministro, nè sciogliere un Parlamento che non funziona. Eppoi l´elezione del presidente in Parlamento crea tensioni, giochi... Si parla di successori, delfinati... Ecco perchè io sono interessato al Quirinale solo se ci sarà una riforma presidenziale o semipresidenziale, altrimenti punterò a fare il premier, cioè ad un ruolo operativo. Con Bossi va benissimo, con gli altri lo stesso, al massimo si pongono dei problemi di visibilità, oppure nascono questioni per qualche posto di sottosegretario. Noi, però, siamo uomini di mondo...».
Decrittato il messaggio del capo del governo è chiaro: sul Colle o al governo, il capo di questa coalizione rimarrò io. Un modo per gettare acqua sul fuoco e per ridimensionare le ambizioni di tanti. Insomma, una sortita per ridare un´idea forte al governo e per riportare la calma. D´altra parte, se per nominare un ministro degli Esteri il Cavaliere deve far fronte a mille sollecitazioni (ieri Alleanza Nazionale ha rilanciato il nome di Marzano in alternativa a quello di Frattini per la Farnesina, per liberare un posto da ministro per Urso), figuriamoci cosa potrebbe scatenare nel centro-destra la corsa al Quirinale. Insomma, quella sul presidenzialismo è stata una sortita quasi dovuta. E gli ex-dc come l´hanno presa? «L´importante - ha spiegato Buttiglione - coniugare il semi-presidenzialismo con una nuova legge elettorale proporzionale».
E alla fine anche Casini è stato contento: «Noi siamo d´accordo: sia sul presidenzialismo, sia sul federalismo», ha detto. Anche l´inquilino di Montecitorio in questo momento ha bisogno di una tregua per allontare da sè i riflettori: intanto incassa che Berlusconi, almeno a parole, dice che non è disposto a candidarsi per il Colle se sarà sempre il Parlamento ad eleggere il prossimo Capo dello Stato. In un paese che da vent´anni parla di riforme istituzionali che non si fanno, Casini può ancora coltivare più di una speranza.