FENOMENOLOGIA DELLA "SANGUINARIA" (CHE NON APPREZZA IL DAGO-NOMIGNOLO) - DE FILIPPI: "SONO UN ELETTRODOMESTICO: DESCRIVO SOLO LA REALTÀ" - "QUANDO È CIRCONDATO DALLE SOUBRETTE, SILVIO DIVENTA MITO".
Edmondo Berselli per "la Repubblica"
Ma allora, se la politica alla fine si identifica con la fiction, la realtà con i reality, la società con il chiacchiericcio, se insomma Berlusconi telefona per raccomandare attricette, c´è qualcuno che può spiegare il potere della televisione meglio della Signora Tv, Maria De Filippi, l´onnipotente dea dello share di Mediaset? Mentre è al sole delle Eolie è già concentrata sul suo nuovo programma, "Il ballo delle debuttanti", affidato a Rita Dalla Chiesa.
«Se mi chiede che cos´è la mia televisione rispondo che sono io. Hanno detto che sono nazionalpopolare, ma non me ne pento e non me ne dolgo». Non è un peccato: c´è un´ascendenza nobile, in Gramsci, non solo in Pippo Baudo. «Nazionalpopolare o no, i critici pensano che se un programma fa sei milioni di audience, questi sei milioni sono una massa di ignoranti. Non è vero: in ogni caso, non credo che la tv appartenga soltanto ai laureati e ai critici».
E allora che cos´è Maria De Filippi, un periscopio che esplora la superficie della collettività e la trasferisce dentro uno studio tv? È lei la vera sociologa dell´Italia di oggi? «Ma no, ma quale sociologia. Però ho inventato io tutte le mie trasmissioni, niente format, e adesso "C´è posta per te" va in onda in 21 paesi. Parliamo di "Amici"? È un programma che non nasce come un talent show. Facevo una trasmissione sui genitori separati e ricevevo le lettere dei figli. Che dicevano: voglio fare il cantante, il ballerino, l´attore. E allora mi sono detta: proviamo con una specie di scuola artistica, diamo a questi ragazzi una possibilità».
Ma c´è anche una tv manipolatoria, che mette in mostra i sentimenti delle persone, esibisce le lacrime, i tuffi al cuore, i colpi di scena. «Se pensa a "C´è posta per te", sa come nasce l´idea? Dovevo andare al ministero dell´istruzione e fuori trovo una piccola folla di ragazzi, che mi chiedono di consegnare una lettera al ministro. E allora ho capito che ci sono molti messaggi che non trovano un postino, molte lettere che non hanno un tramite».
Tanto che adesso al programma arrivano più di 400 richieste scritte ogni settimana: «E io passo per una matta, un caso di professionismo esasperato, perché leggo tutto, seguo tutto, verifico tutto. E non creda alla manipolazione. Il pubblico vuole gustare la verità. E se capisce che c´è la finzione, dito sul telecomando e si cambia».
In effetti, Maria De Filippi è convinta di essere autentica, non una personalità virtuale, non l´incarnazione della ferocia televisiva, non la belva che sbrana i concorrenti, non "Maria la Sanguinaria" di Roberto D´Agostino («Guardi che non apprezzo molto quel soprannome»). E allora, chi è veramente? Solo una professionista? O una voce che parla il linguaggio dell´omologazione? «Io per tutti sono "Maria", mi chiamano per nome, sono quasi una vicina di casa. Sono il loro elettrodomestico; accendi e viene fuori un programma. Il successo non sono io ma Marco Carta, che vuole fare il cantante e alla fine conquista un suo pubblico. Una volta in tv arrivavano solo i talenti: oggi invece la televisione è accessibile a tutti, anche a chi viene dalle periferie».
Allora vuol dire che c´è un´identificazione totale fra la società e la televisione, stili che si rafforzano a vicenda, una folla tatuata che si rispecchia nell´estetica vista in tv. «Certo, nei miei programmi l´identificazione è completa, la tv è una lente di ingrandimento su ciò che c´è là fuori». Ma se prendiamo un programma come "Uomini e donne", un gioco in cui trenta donne corteggiano un tronista, che alla fine ne sceglie una, si potrebbe anche dire che ci troviamo in pieno cinismo televisivo, a una riduzione dei comportamenti al consumo immediato, a un´etica distorta dall´apparenza.
«Se la critica è rivolta all´aspetto fisico o al lato culturale, bisogna dire che il palestrato di turno c´è nel programma perché là fuori nella società ci sono le palestre. Se qualche ragazza va male con il congiuntivo è perché la gente non padroneggia i verbi. Mi è venuto in mente di fare Il ballo delle debuttanti perché sentivo una quantità di discorsi sul ballo di fine scuola, sul ballo di inizio vacanze, e difatti, appena lanciata l´idea, sono arrivate un sacco di ragazzine». Già, ma chi viene ai provini? «Noi dividiamo le debuttanti nella categoria della ragazza classica e della ragazza moderna: e la differenza più o meno consiste nel comportamento in spiaggia. Sei una ragazza "classica"? Indossi il costume. Sei "moderna"? Ti metti in topless».
Ecco allora i valori televisivi. Topless o non topless. Il corpo, i tatuaggi. I capelli, le griffe, le tette rifatte. Forse è vero che "Maria", l´amica adulta, la vicina di condominio, è la Grande Corruttrice. «No, no. Non per "Amici", almeno, nella scuola ci abbiamo messo anche la danza classica. Entrano e gli mettiamo addosso una tuta, niente esibizionismi».
Allora si tratterebbe di capire come sono fatti gli individui, come reagiscono di fronte al consumo, a concezioni della vita sostanzialmente edonistiche. Qual è la personalità e la cultura delle ragazze e dei ragazzi che vengono in trasmissione. «Io vedo ragazze molto determinate, spesso sfrontate, comunque molto più sicure di una volta. I ragazzi sono più disorientati, insicuri anche nell´approccio fisico, si vede che non sanno se gli basta la palestra».
Valgono le categorie tradizionali della politica, progressisti, conservatori, destra e sinistra? «In parte sì, piace Obama per via della modernità, della sua playlist sull´iPod». Si direbbe che rispetto alla mentalità giovanile non ci dovrebbe essere niente di più distante da loro di Berlusconi e la fissazione della femmina come conquista del maschio: «E invece quando è circondato dalle soubrette Silvio diventa un mito».
Può darsi semplicemente che siamo più provinciali rispetto alle altre società europee. Più chiusi in noi stessi, disposti a credere in miti mediocri. «La provincia è dentro di noi. E i ragazzi non sono abituati a ragionare a largo raggio. Pensano di arrivare con facilità, e noi cerchiamo di spiegare che Amici non è il punto di arrivo, ma solo una partenza». Un po´ di pedagogia. Anche una visione quasi politica. Forse esiste già il partito di Maria De Filippi, e chissà che partito è. «Un partito giovane, ma con le mamme al seguito». Progressista o conservatore? «Progressista. Ma non ci giurerei».
Dagospia 02 Luglio 2008
Ma allora, se la politica alla fine si identifica con la fiction, la realtà con i reality, la società con il chiacchiericcio, se insomma Berlusconi telefona per raccomandare attricette, c´è qualcuno che può spiegare il potere della televisione meglio della Signora Tv, Maria De Filippi, l´onnipotente dea dello share di Mediaset? Mentre è al sole delle Eolie è già concentrata sul suo nuovo programma, "Il ballo delle debuttanti", affidato a Rita Dalla Chiesa.
«Se mi chiede che cos´è la mia televisione rispondo che sono io. Hanno detto che sono nazionalpopolare, ma non me ne pento e non me ne dolgo». Non è un peccato: c´è un´ascendenza nobile, in Gramsci, non solo in Pippo Baudo. «Nazionalpopolare o no, i critici pensano che se un programma fa sei milioni di audience, questi sei milioni sono una massa di ignoranti. Non è vero: in ogni caso, non credo che la tv appartenga soltanto ai laureati e ai critici».
E allora che cos´è Maria De Filippi, un periscopio che esplora la superficie della collettività e la trasferisce dentro uno studio tv? È lei la vera sociologa dell´Italia di oggi? «Ma no, ma quale sociologia. Però ho inventato io tutte le mie trasmissioni, niente format, e adesso "C´è posta per te" va in onda in 21 paesi. Parliamo di "Amici"? È un programma che non nasce come un talent show. Facevo una trasmissione sui genitori separati e ricevevo le lettere dei figli. Che dicevano: voglio fare il cantante, il ballerino, l´attore. E allora mi sono detta: proviamo con una specie di scuola artistica, diamo a questi ragazzi una possibilità».
Ma c´è anche una tv manipolatoria, che mette in mostra i sentimenti delle persone, esibisce le lacrime, i tuffi al cuore, i colpi di scena. «Se pensa a "C´è posta per te", sa come nasce l´idea? Dovevo andare al ministero dell´istruzione e fuori trovo una piccola folla di ragazzi, che mi chiedono di consegnare una lettera al ministro. E allora ho capito che ci sono molti messaggi che non trovano un postino, molte lettere che non hanno un tramite».
Tanto che adesso al programma arrivano più di 400 richieste scritte ogni settimana: «E io passo per una matta, un caso di professionismo esasperato, perché leggo tutto, seguo tutto, verifico tutto. E non creda alla manipolazione. Il pubblico vuole gustare la verità. E se capisce che c´è la finzione, dito sul telecomando e si cambia».
In effetti, Maria De Filippi è convinta di essere autentica, non una personalità virtuale, non l´incarnazione della ferocia televisiva, non la belva che sbrana i concorrenti, non "Maria la Sanguinaria" di Roberto D´Agostino («Guardi che non apprezzo molto quel soprannome»). E allora, chi è veramente? Solo una professionista? O una voce che parla il linguaggio dell´omologazione? «Io per tutti sono "Maria", mi chiamano per nome, sono quasi una vicina di casa. Sono il loro elettrodomestico; accendi e viene fuori un programma. Il successo non sono io ma Marco Carta, che vuole fare il cantante e alla fine conquista un suo pubblico. Una volta in tv arrivavano solo i talenti: oggi invece la televisione è accessibile a tutti, anche a chi viene dalle periferie».
Allora vuol dire che c´è un´identificazione totale fra la società e la televisione, stili che si rafforzano a vicenda, una folla tatuata che si rispecchia nell´estetica vista in tv. «Certo, nei miei programmi l´identificazione è completa, la tv è una lente di ingrandimento su ciò che c´è là fuori». Ma se prendiamo un programma come "Uomini e donne", un gioco in cui trenta donne corteggiano un tronista, che alla fine ne sceglie una, si potrebbe anche dire che ci troviamo in pieno cinismo televisivo, a una riduzione dei comportamenti al consumo immediato, a un´etica distorta dall´apparenza.
«Se la critica è rivolta all´aspetto fisico o al lato culturale, bisogna dire che il palestrato di turno c´è nel programma perché là fuori nella società ci sono le palestre. Se qualche ragazza va male con il congiuntivo è perché la gente non padroneggia i verbi. Mi è venuto in mente di fare Il ballo delle debuttanti perché sentivo una quantità di discorsi sul ballo di fine scuola, sul ballo di inizio vacanze, e difatti, appena lanciata l´idea, sono arrivate un sacco di ragazzine». Già, ma chi viene ai provini? «Noi dividiamo le debuttanti nella categoria della ragazza classica e della ragazza moderna: e la differenza più o meno consiste nel comportamento in spiaggia. Sei una ragazza "classica"? Indossi il costume. Sei "moderna"? Ti metti in topless».
Ecco allora i valori televisivi. Topless o non topless. Il corpo, i tatuaggi. I capelli, le griffe, le tette rifatte. Forse è vero che "Maria", l´amica adulta, la vicina di condominio, è la Grande Corruttrice. «No, no. Non per "Amici", almeno, nella scuola ci abbiamo messo anche la danza classica. Entrano e gli mettiamo addosso una tuta, niente esibizionismi».
Allora si tratterebbe di capire come sono fatti gli individui, come reagiscono di fronte al consumo, a concezioni della vita sostanzialmente edonistiche. Qual è la personalità e la cultura delle ragazze e dei ragazzi che vengono in trasmissione. «Io vedo ragazze molto determinate, spesso sfrontate, comunque molto più sicure di una volta. I ragazzi sono più disorientati, insicuri anche nell´approccio fisico, si vede che non sanno se gli basta la palestra».
Valgono le categorie tradizionali della politica, progressisti, conservatori, destra e sinistra? «In parte sì, piace Obama per via della modernità, della sua playlist sull´iPod». Si direbbe che rispetto alla mentalità giovanile non ci dovrebbe essere niente di più distante da loro di Berlusconi e la fissazione della femmina come conquista del maschio: «E invece quando è circondato dalle soubrette Silvio diventa un mito».
Può darsi semplicemente che siamo più provinciali rispetto alle altre società europee. Più chiusi in noi stessi, disposti a credere in miti mediocri. «La provincia è dentro di noi. E i ragazzi non sono abituati a ragionare a largo raggio. Pensano di arrivare con facilità, e noi cerchiamo di spiegare che Amici non è il punto di arrivo, ma solo una partenza». Un po´ di pedagogia. Anche una visione quasi politica. Forse esiste già il partito di Maria De Filippi, e chissà che partito è. «Un partito giovane, ma con le mamme al seguito». Progressista o conservatore? «Progressista. Ma non ci giurerei».
Dagospia 02 Luglio 2008