SINDACI FOLLI (E CI LAMENTIAMO DI ALEMANNO) - IL CONSERVATORE BORIS JOHNSON, APPENA ELETTO A LONDRA, NE STA COMBINANDO DI TUTTI I COLORI - TRA UNA GAFFE E L'ALTRA, TRE DEI "SUOI" SI SONO GIÀ DIMESSI.
Guido Santevecchi per il "Corriere della Sera"
Domenica è comparso in mondovisione: nella cerimonia di chiusura delle Olimpiadi a Pechino, il sindaco di Londra Boris Johnson ha preso in consegna la bandiera con i cinque cerchi che sventolerà fino al 2012 sul Tamigi. Ma Boris (come lo chiamano tutti) ha già aperto i Grandi Giochi della politica in Inghilterra. Ed è una partita spregiudicata per il potere.
Quando era stato scelto come candidato conservatore contro Ken «il rosso» Livingstone, molti avevano pensato che fosse una mossa disperata: un anno fa i laburisti dominavano i sondaggi. Boris, 44 anni, era noto come brillante giornalista e deputato pasticcione, abbonato alle gaffes, alle battute («votare Tory farà crescere il seno a vostra moglie») e alle sbandate extraconiugali. Un personaggio sacrificabile. Ma a maggio è stato eletto, sull'onda della crisi profonda del Labour e del rilancio irresistibile dei Tory di David Cameron.
A quel punto, i politologi avevano immaginato che l'indisciplinato Boris sarebbe stato messo sotto tutela dal vertice del partito: avrebbe regnato, ma non governato davvero. Londra è una vetrina troppo importante per rischiare passi falsi. In effetti al suo fianco è comparsa una schiera di vice-sindaci graditi a Cameron. I laburisti hanno cominciato a guardare e a sperare in qualche incidente. Che è arrivato puntuale.
Una settimana e il consigliere politico è costretto alle dimissioni perché aveva osservato: «Se a qualche esponente della comunità caraibica non piace il nuovo sindaco, se ne può sempre tornare al suo Paese». Qualche giorno ancora e si è scoperto che uno dei vice-sindaci aveva un passato di truffe: dimesso anche lui. E ancora: la settimana scorsa un manager arrivato dalla City per occuparsi dei conti pubblici di Londra (12 miliardi di sterline l'anno) e dei trasporti, ha lasciato «con grande rammarico» la carica di vice-sindaco perché Boris si è reso conto che «sono questioni politiche e non possono essere delegate a persone che non sono state elette dalla gente».
Quindi quelle deleghe il trionfatore delle urne se le è tenute. Cento giorni di amministrazione e già tre dimissioni. Il "Financial Times" ha cominciato a picchiare forte: i conservatori debbono imparare subito dagli errori commessi a Londra, dalla evidente incapacità nel selezionare la squadra di governo, altrimenti la gente ci ripenserà e alle politiche nel 2010 tornerà a votare per i laburisti.
Ma sono successe altre cose. Da tempo Cameron ripete che undici anni di laburismo hanno creato una «broken society», una società fallita, con valori disintegrati, famiglie incapaci di educare i figli. Boris, commentando il successo della squadra olimpica britannica, ha osservato: «I giovani che vincono queste medaglie provano che la nostra società è sana e vivace: quando i politici parlano di broken society, dicono una immensa sciocchezza».
Un attacco al leader del suo partito o l'ennesima gaffe? A che cosa punta il sindaco? L'"Observer", da sinistra, ha titolato: «Mr Cameron, attento, Boris non è un peso leggero e punta alla leadership». Il "Times": «Guardati le spalle David, anche Boris vuole essere primo ministro». A Pechino Boris si è divertito. «Mi chiedete se sarò primo ministro. Non posso negare che se un giorno dovessi essere chiamato come Cincinnato, invitato a lasciare il mio aratro per andare a Downing Street, mi sentirei onorato... ma penso che al momento sia improbabile, penso che sarebbe più facile reincarnarmi in uno hobbit o essere chiuso in un frigorifero fuori uso».
Poi, nella notte pechinese, alla festa tra gli atleti medagliati, ha continuato l'orazione: «Organizzeremo delle grandi Olimpiadi, lo sport torna nella sua patria. Siamo noi inglesi che abbiamo inventato e dato regole alla maggior parte degli sport, dal calcio al tennis alla boxe. E anche il ping-pong non lo hanno scoperto i cinesi come si dice, ma noi: ai tempi della regina Vittoria i gentlemen giocavano a ping-pong sui tavoli da pranzo!». Al suo fianco c'era anche Gordon Brown, che per una volta è scoppiato a ridere in pubblico. Forse anche perché al cupo premier scozzese non dispiacerebbe una guerra civile in casa conservatrice.
Dagospia 27 Agosto 2008
Domenica è comparso in mondovisione: nella cerimonia di chiusura delle Olimpiadi a Pechino, il sindaco di Londra Boris Johnson ha preso in consegna la bandiera con i cinque cerchi che sventolerà fino al 2012 sul Tamigi. Ma Boris (come lo chiamano tutti) ha già aperto i Grandi Giochi della politica in Inghilterra. Ed è una partita spregiudicata per il potere.
Quando era stato scelto come candidato conservatore contro Ken «il rosso» Livingstone, molti avevano pensato che fosse una mossa disperata: un anno fa i laburisti dominavano i sondaggi. Boris, 44 anni, era noto come brillante giornalista e deputato pasticcione, abbonato alle gaffes, alle battute («votare Tory farà crescere il seno a vostra moglie») e alle sbandate extraconiugali. Un personaggio sacrificabile. Ma a maggio è stato eletto, sull'onda della crisi profonda del Labour e del rilancio irresistibile dei Tory di David Cameron.
A quel punto, i politologi avevano immaginato che l'indisciplinato Boris sarebbe stato messo sotto tutela dal vertice del partito: avrebbe regnato, ma non governato davvero. Londra è una vetrina troppo importante per rischiare passi falsi. In effetti al suo fianco è comparsa una schiera di vice-sindaci graditi a Cameron. I laburisti hanno cominciato a guardare e a sperare in qualche incidente. Che è arrivato puntuale.
Una settimana e il consigliere politico è costretto alle dimissioni perché aveva osservato: «Se a qualche esponente della comunità caraibica non piace il nuovo sindaco, se ne può sempre tornare al suo Paese». Qualche giorno ancora e si è scoperto che uno dei vice-sindaci aveva un passato di truffe: dimesso anche lui. E ancora: la settimana scorsa un manager arrivato dalla City per occuparsi dei conti pubblici di Londra (12 miliardi di sterline l'anno) e dei trasporti, ha lasciato «con grande rammarico» la carica di vice-sindaco perché Boris si è reso conto che «sono questioni politiche e non possono essere delegate a persone che non sono state elette dalla gente».
Quindi quelle deleghe il trionfatore delle urne se le è tenute. Cento giorni di amministrazione e già tre dimissioni. Il "Financial Times" ha cominciato a picchiare forte: i conservatori debbono imparare subito dagli errori commessi a Londra, dalla evidente incapacità nel selezionare la squadra di governo, altrimenti la gente ci ripenserà e alle politiche nel 2010 tornerà a votare per i laburisti.
Ma sono successe altre cose. Da tempo Cameron ripete che undici anni di laburismo hanno creato una «broken society», una società fallita, con valori disintegrati, famiglie incapaci di educare i figli. Boris, commentando il successo della squadra olimpica britannica, ha osservato: «I giovani che vincono queste medaglie provano che la nostra società è sana e vivace: quando i politici parlano di broken society, dicono una immensa sciocchezza».
Un attacco al leader del suo partito o l'ennesima gaffe? A che cosa punta il sindaco? L'"Observer", da sinistra, ha titolato: «Mr Cameron, attento, Boris non è un peso leggero e punta alla leadership». Il "Times": «Guardati le spalle David, anche Boris vuole essere primo ministro». A Pechino Boris si è divertito. «Mi chiedete se sarò primo ministro. Non posso negare che se un giorno dovessi essere chiamato come Cincinnato, invitato a lasciare il mio aratro per andare a Downing Street, mi sentirei onorato... ma penso che al momento sia improbabile, penso che sarebbe più facile reincarnarmi in uno hobbit o essere chiuso in un frigorifero fuori uso».
Poi, nella notte pechinese, alla festa tra gli atleti medagliati, ha continuato l'orazione: «Organizzeremo delle grandi Olimpiadi, lo sport torna nella sua patria. Siamo noi inglesi che abbiamo inventato e dato regole alla maggior parte degli sport, dal calcio al tennis alla boxe. E anche il ping-pong non lo hanno scoperto i cinesi come si dice, ma noi: ai tempi della regina Vittoria i gentlemen giocavano a ping-pong sui tavoli da pranzo!». Al suo fianco c'era anche Gordon Brown, che per una volta è scoppiato a ridere in pubblico. Forse anche perché al cupo premier scozzese non dispiacerebbe una guerra civile in casa conservatrice.
Dagospia 27 Agosto 2008