RASSEGNATI STAMPA - COM'E' NATA HOLLYWOOD; ZIA ROSY, LA ZITELLA DELLA POLITICA; IL GABIBBO PARA-ISTITUZIONALE.

DALLE STALLE ALLE STELLE
Lettera di Mauro della Porta Raffo a La Stampa

Alla vigilia della Prima Guerra mondiale, il regista e pioniere del cinema americano Cecil B. De Mille, alla ricerca di una località adatta ad ospitare la sua troupe, si recò a Flagstaff, cittadina dell'Arizona a nord di Phoenix, all'epoca nota quasi esclusivamente per l'importante osservatorio astronomico fondato da Percival Lowell. Forse per via dell'altitudine (Flagstaff si colloca sull'altopiano del Colorado a 2130 metri di quota), De Mille non trovò di suo gradimento il piccolo centro. Decise così di spostarsi altrove e, pochi giorni dopo, scrisse in questi termini ai suoi finanziatori Jesse Lasky e Samuel Goldwyn: «Flagstaff non va bene. Ho proseguito per la California. Chiedo autorizzazione ad affittare una stalla in posto chiamato Hollywood per settantacinque dollari al mese». Gli risposero di sì. Così va il mondo, naturalmente, ma mi domando cosa sarebbe successo se De Mille avesse invece gradito la sua prima destinazione. Quasi certamente, oggi, parleremmo dei divi e delle stelle di Flagstaff e non di Hollywood. Nel successivo 1930, comunque, un astronomo dell'osservatorio di Lowell (il fondatore era morto nel 1916), Clyde Tombaugh, scoprì Plutone. Niente stelle (cinematografiche), quindi, a Flagstaff, ma almeno un pianeta!


PAROLA DI ZIA ROSY
Eddy Bi per L'Espresso



La zia zitella della politica è stata indicata da Francesco De Gregori come leader della sinistra. Bisognerebbe sentire che ne pensa Nanni Moretti, mentre del parere di Pancho Pardi, eventualmente, se ne può fare a meno. Intervistata dalla Palombelli, la zia Rosy ha confermato tutto di sé: castità, ritrosia mondana, vacanze in montagna, libri e non mignottate serali. Una donna in grande controtendenza. Una volta Vittorio Sgarbi disse di lei: «È più bella che intelligente». Era una porcata, perché l'allieva di Bachelet è una donna culturalmente di classe. Quanto alla bellezza, bisogna intendersi: le zie zitelle, quando il mondo non andava a rovescio, erano proprio così, come la Rosy. Non si erano sposate per ragioni tristissime, perché il fidanzato era morto oppure per via di misteriose malattie, adoravano i nipoti ed erano religiosissime. La Bindi è esattamente così: di suo, ci mette una cattiveria politica che non ha uguali nell'Ulivo, e a ogni intervento pubblico viene da dire: grazie zia.


VITA POLITICA DI UN PUPAZZO
Filippo Ceccarelli per La Stampa

E' tornato il Gabibbo. Sono finite le ferie anche lui. A luglio era apparso al festival del fumetto di Acquaviva: premiato come «vendicatore di peluche». E' stato un anno molto impegnativo. «Diciamoci la verità - ha ammesso Ricci, il suo inventore - il Gabibbo è molto più comodo del Procuratore della Repubblica». Vuol dire che, rispetto alle palesi ingiustizie, il Gabibbo svolge ormai un ruolo di supplenza para-istituzionale.
D'altra parte all'inizio dell'anno rivendicò in prima persona i suoi impegnativi compiti: smontare e mettere a nudo la tv per denunciarne la natura finta e talvolta falsificata. Ad aprile ha solidarizzato con Biagi, Luttazzi, Santoro. E poco dopo ha animato la campagna contro la condanna a Striscia aver trasmesso un «fuorionda». Allora si è visto il Gabibbo imbavagliato su alcune pagine di giornale; ma si è visto anche che dalla sua poteva contare su un arco di forze (e di audience) che andava da Biagi a Benigni, e da Beppe Grillo a don Ciotti passando per Renzo Piano. Vita politica di un pupazzo, o meglio di un burattino del 2002.
Ricci è certo un tipo di burattinaio della tardo-modernità. Purtroppo quel degno mestiere in Italia rinvia inesorabilmente verso ruoli oscuri e occulti. Per intendersi: Licio Gelli una volta disse che da bambino voleva fare il burattinaio; cosicché, di fronte a qualche guaio prolungato, spesso si leva subito l'interrogativo: «Chi è il burattinaio?». A lungo la vita politica italiana ha fatto a meno dei burattini. Bene: sono tornati pure loro.
Ma siccome il tempo passa, sono tornati in forma di Gabibbi, pupazzi della tv, balloons, folletti, umanoidi, animaloidi, peluche, gonfiabili, o virtuali. Perché certo Pinocchio tira ancora moltissimo: è in arrivo il film di Benigni, non c'è opposizione che non lo tiri in ballo per sbugiardare il premier. Ma la novità più novità è che su Mytv (www.mytv.it, sito-chiave dei gusti giovanili) esiste da tempo un irresistibile pollo, Gino, che canta, balla, intervista politici ed esprime il suo punto di vista su questioncine come la guerra, la droga, l'immigrazione, il Grande Fratello.
Segue forum. Non c'è dubbio: i pupazzi servono anche a fare soldi. Evoluti e graziosi come sono, incarnano nella loro studiata artificialità il massimo del visibile e della semplificazione. Sono ideali nella pubblicità e - come rivelano i nomi dei pupazzi abbinati ai prodotti Kinder: «Squalobabà», «Coccobullo», «Tartallegra», «Fantasmino», «Happydino» - accompagnano e addolciscono il consumo. E tuttavia è vero che i burattini sono anche un sintomo; ricompaiono quando la società smarrisce il centro, e allora forse serve ascoltare voci imprevedibili e quindi, magari, più veritiere.
Ora: fa pensare che l'allestimento di una importante mostra sulla Patria, sia stato affidato a un altro grande post-burattinaio come Carlo Rambaldi, creatore di Et, Alien e King Kong. Al Vittoriano c'è ora un tele-pupazzo con un gran testone illuminato e ricoperto da una specie di asciugamano. Solo che per evitare grane, gli organizzatori della mostra gli hanno consentito di recitare solo dei brani tonanti di Petrarca, Manzoni e Leopardi. L'effetto è patriotticamente sconcertante. Ma pazienza. I post-burattini sono presenti anche fuori Italia.
Si pensi ai «mascheroni» di protesta no global al vertice di Kananaskis. In America un Muppet ha deposto a una sottocommissione del Senato. A Hartlepool, invece, nel Regno Unito, è stato appena eletto sindaco un indipendente che tutte le domeniche, allo stadio, si esibisce con una pesante tuta da scimmione e lo slogan: «Più banane per tutti!». Si potrebbe certo ironizzare sui politici che promettono, promettono e promettono. Ma farlo su un uomo-pupazzo, o su un sindaco-burattino, è un rischio che nessun Gabibbo potrebbe mai assumersi.


Dagospia.com 27 Agosto 2002