RASSEGNATI STAMPA - VENEZIA, CHE SENSO HA CONTINUARE? AGAG-ATE SPAGNOLE; IL LAGUNATICO CACCIARI.

ZUPPA DI NOZZE
Michele Serra per La Repubblica

Per la legge dei grandi numeri, esiste la probabilità che delle cento esternazioni quotidiane di Francesco Cossiga almeno una faccia centro. È capitato ieri: intervistato da Aldo Cazzullo sulla Stampa, il presidente emerito colpisce e affonda la ridicola pacchianeria delle nozze Agag-Aznar (è invitato anche Briatore), definendole indegne di una «leadership cristiana europea nata dalla Resistenza».

Sono indegne, se è per questo, di qualunque stile democratico, specie a ridosso dei giorni di Johannesburg: ma a dirlo si passa per moralisti o per meschini, secondo la bislacca regola che ormai bolla come frutto dell´invidia ogni critica al potere e al denaro. L´invidia sociale, a ben vedere, è invece alle radici dell´esagerazione e dell´esibizionismo dei neoricchi e neopotenti che ritengono indispensabile ingozzarsi di pernici e branzini per fare una figura da casa regnante. A uno come Maradona, cresciuto nella fame e nelle strade, furono a suo tempo perdonate le nozze dispendiosissime e cafonissime. Ma alla media borghesia che esprime i rampolli Agag e Aznar non si può perdonare proprio niente: il potere è anche responsabilità di stile. O almeno lo era.


CINE-MORTE A VENEZIA
Guido Ceronetti per La Stampa

Almeno ne scomparisse uno! Questo, del cinema, festival che si fa a Venezia da un mucchio d'anni, dovrebbe dare il buon esempio, togliersi di torno, dire «basta, che senso c'è a continuare?». E quella sua copia, a Cannes, essere preso da zelo imitatorio, e seguirlo, ce ne andiamo, si chiude... Se l'idea era di portare turismo a Venezia (oltre che di far vedere quanto geniale e sfrenato fosse il regime fascista), tutti saranno d'accordo nel ritenere che proprio non ce n'è più bisogno.

Il turismo mondiale e di massa ha sbranato Venezia, ne rosicchia le pietre come biscotti. In questo scorcio di fine estate, la pasta turistica è una colla mostruosa che cancella le cose e scoraggia il ragionamento: togliendo il cinema ci sarebbe forse uno spiraglietto di respiro. Mi domando se sia ancora possibile che qualcuno s'interessi alle decisioni di quella Giuria o se davvero aspiri a mettersi nello zoo casalingo uno spelacchiato Leone d'Oro il cui rantolo annuncia la nascita - da nessuno attesa - del film migliore...

Non permettere alle cose finite di finire è ormai una patologia universale. Tutto è in rianimazione, in coma protratto, in vecchiaia senza termine... Quando qualcosa, finalmente, sparisce, stregoni facoltosi si mettono insieme ed eccolo rinato, pronto a ricominciare le sue distribuzioni di ripetizioni! Succederebbe anche al festival veneziano: due o tre anni di silenzio, poi l'ebbrezza della resurrezione, con pruriti di Leone d'Oro eccitati da psicofarmaci.



Un anno giustissimo per chiudere tutte le rassegne mondiali del cinema, buttare tutte quelle stolide statuine Oscar nelle pattumiere, sarebbe stato il 1995, il centenario della fantastica animazione delle riprese dei Fratelli Lumière, oggi finalmente entrati nel meraviglioso pantheon del Musée Grévin. Cento anni di glorie, di miracoli della faccia e del gesto umano, di scoperte inaudite nel tragico e nel comico, Eschilo e Aristofane, di propaganda scellerata e di abbrutimenti mentali...

Cento anni, alla scala umana un'eternità. Un compimento che arrivava ad avventura già da un pezzo conclusa. Cento anni abbondantemente dimostrati, sfacelo ormai, volgarità su volgarità, la diffusione sfacciata di messaggi maligni... Ma si poteva chiudere la faccenda con dignità, qui, dove l'ossessione delle date è fortissima: 1895-1995, senza un dopo di zeri sopra zeri.

IL LAGUNATICO
Andrea Marcenaro per Il Foglio

Una giornata di soddisfazioni, ieri. Prima Arbasino che spiega: vabbè, ci sarà pure il fascismo, ma allora ti beccavi il licenziamento, la prigione, o il confino; con il fascismo di adesso butti lì una stronzata e ti caricano di quattrini. Che sarà una differenza da niente, una quisquiglia, ma per consolare un po' consola. Poi Dino Risi, vecchio leone, che ci riempie di orgoglio da Venezia: "Nanni Moretti? Quando lo vedo in scena mi viene da dirgli: spostati e fammi vedere il film".
E per ultimo Cacciari,il lagunatico, che ha rotto il silenzioe si è buttato nel dibattito. Perché? L'hannen chiamaten? Lo i g'ha ciamà? Macchen. Nessunen l'ha chiamaten, i no l'ha ciamà nisun. Ma al lagunatico scappava da dire una cosa, g'ha ciamà lu i giornali e 'l g'ha dito: "Siamo arrivati all'occorrismo".
Testuale, all'occorrismo. Per cui adesso sono cazzi nostri.

P. S. A quel gato de Mestre (che nol xè i Leon de Venessia ma come i gati de Ciosa) ghe digo solo questo: no 'l g'ha gnanca l'idea de come protestan lasù quando ghe scrivo in tedesco.


Dagospia.com 6 Settembre 2002