IL CAVALIERE GENIALE (AL DI LA' DELLE BATTUTE) - PERCHE' LO STATO DEVE SALVARE LA FIAT QUANDO POI SARA' VENDUTA DAGLI AGNELLI ALLA GM?
Reportage fotografico di Umberto Pizzi
Le uscite di Berlusconi sulla crisi Fiat hanno prestato il fianco a un tirassegno vario e avariato. La Repubblica ha affidato alla vispa Conchita (la Bonita) De Gregorio il compito di resecontare i lazzi e i frizzi berlusconiani sulle spoglie della Fiat (lo potete leggere al termine del pezzo). L'irritazione dei vertici Fiat per le frasi del Cavaliere sono appannaggio dello storico Salvatore Tropea, fiattologo di fiducia dell'Avvocato. Ovviamente, il Corriere della Sera ha dimostrato con un corsivo in prima pagina che gli Agnelli sono ancora tra i proprietari del giornale. Come si permette a prendere per il culo la Fiat, cancellando il marchio sostituendolo con il cavallino rampante della Ferrari? Chi si crede di essere?
"Ma non bisogna stupirsi - termina De Bortoli - "questo è quello che accade quando si parla insistentemente, come ieri, di un intervento (sciagurato) del capitale dello Stato in un'azienda privata e quando in una (altrettanto sciagurata) domenica d'ottobre i vertici dell'azienda torinese accettarono mestamente di andare ad Arcore".
Bene, intanto, il mitico Flebuccio non ricorda ai suoi lettori un'Italia politica che per 50 anni è stata costretta a salire sulla collina di Torino a "lucidare le maniglie di casa Agnelli" (Prodi dixit). E, prima o poi, tutto si paga. Secondo punto. Lo show da Bagaglino del Cavaliere non è stato casuale. Lo scopo recondito è quello di stanare gli Agnelli, per nulla intenzionati a vendere i gioielli di famiglia (Toro, Avio, Comau, etc.) ma ben propensi a ottenere dallo Stato (e noi paghiamo) un piano di ristrutturazione, cioè finanziamenti a fondo perduto e cassa integrazione.
E' qui il nodo, al di là delle battute del nano di Arcore. Perché lo Stato si deve accollare una doviziosa opera di risanamento dei guai combinati da quel frescone di Fresco con tutti i suoi agnelloidi Cantarella e poi, fra due anni, una volta riassestata e sfrondata dagli esuberi, assistere alla vendita della Fiat Auto alla General Motors. Gli Agnelli incassano (more solito) senza colpo ferire, la GM dopo un po' di manfrine chiuderà baracca e burattini e lo Stato se la prenderà intercooler. Ha ragione Berlusconi, questa volta, a sbertucciare il paraculismo torinese. Lingotto ma non l'ingoio.(scusate la battutaccia).
CHIAMOLA FERRARI WOMAN
Conchita De Gregorio per la Repubblica
Dunque: per risolvere la crisi della Fiat si fa così, spiega Silvio Berlusconi in sette-otto minuti. Punto primo: la si compra o giù di lì. "Se io fossi libero e non avessi responsabilità istituzionali mi offrirei di prenderla in mano". Ecco, la si "prende in mano". Improvviso silenzio in sala, Lando Buzzanca si fa più attento, Ettore Bernabei si sistema sulla sedia, Gigi Marzullo scuote la rada chioma. Bruno Vespa intuisce che il momento è solenne e si schiarisce la voce nel microfono. Il presidente continua. Punto secondo. Presa la Fiat, si sostituisce il management inadeguato: "Si tratta di una crisi passeggera, è stata condotta senza fiducia nel futuro. Se la Fiat avesse il management giusto la supererebbe".
In sesta fila comincia a prendere appunti il sinora rilassato Alain Elkann, padre dell´erede Jacopone ribattezzato John Jacob, poi solo John come Gianni. Jas Gawronski, che gli siede dietro, gli poggia una mano sulla spalla. Punto terzo. Coi dirigenti adatti si passa all´azione: "Azzeriamo piuttosto il marchio Fiat", il verbo è vigoroso, "ma non quello Ferrari, o Alfa Romeo. Ho sentito viaggiare nel management l´idea di vendere Alfa Lancia e Ferrari in un accordo con aziende straniere. Pazzesco. Uno ha dei marchi come Lancia e Ferrari e li vende? Eliminiamo piuttosto il nome Fiat, facciamo un restyling anche superficiale delle utilitarie e rilanciamole su mercato internazionale con marchio Ferrari. Sarebbe un successone".
La Stilo-Ferrari?, chiede cauto Bruno Vespa, che è (anche) qui il maestro di cerimonie visto che si presenta il suo libro "La grande muraglia", decima fatica letteraria in dieci anni. "Ma no, tolga Stilo: chiamiamola 'Ferrari Woman´, o 'Young Ferrari´". La recente moglie di Elkann Rosy Greco annuisce vistosamente, ride e sussurra al marito: "Ha ragione...". Gawronski ripete sottovoce: "Young Ferrari...". Cambiato nome alle Punto e alle Duna improvvisamente diventate Ferrari "ne andiamo a vendere 50-100 mila in paesi che stanno chiedendo alla Fiat dei nuovi stabilimenti". E Luca Cordero di Montezemolo, si azzera anche lui? "No, Luca Cordero potrebbe benissimo essere il presidente di questa nuova azienda". Ecco, Cordero for president. Elkann passa un bigliettino alla moglie.
Quanto all´aspetto economico: il presidente del consiglio non ritiene che il governo dovrebbe intervenire nella crisi Fiat, ma ove mai questo diventasse necessario "se il governo dovesse entrare nella Fiat, insomma, certo dovrebbe anche avere voce in capitolo sui manager". La reazione, a Torino, non è di gratitudine per i buoni consigli: l´azienda definisce "incomprensibili e fuori luogo" le parole di Berlusconi, l´Avvocato deve essersi seccato. In sala, al tavolo degli oratori, sul tema tacciono Marcello Sorgi direttore della Stampa e Pierluigi Magnaschi direttore dell´Ansa, co-presentatori del volume.
Il presidente però non ha finito, batte la penna sul tavolo e passa ora al punto successivo: che fare dei 1800 lavoratori di Termini Imerese. "Mi viene in mente una cosa semplicissima, per esempio traformarli in infermieri. In Italia mancano gli infermieri. Ora non dico tutti e 1800, ma vuoi che non ce ne siano 10 o anche 40 che hanno fatto un corso di pronto soccorso, o che all´oratorio avevano la responsabilità dell´armadietto delle medicine?". Quelli dell´armadietto dell´oratorio "si prendono e si formano per sei mesi, anche un anno, dopodichè si reimmettono nel mercato del lavoro. In un paese come il nostro non saranno mica 1800 persone senza lavoro il problema".
"Bravo", gli urla entusiasta una signora elegante dal fondo. Paolo Graldi, ex-direttore del Messaggero che presentava il Vespa/9 l´anno scorso, è venuto in compagnia della giornalista Myrta Merlino e commenta fitto con lei. Jole Santelli, sottosegretario alla Giustizia, esce per una sigaretta. Luciano De Crescenzo e Giuliana Del Bufalo stanno appoggiati allo stipite di una porta, fa un caldo terribile, il caso Fiat è risolto, Berlusconi passa al caso Rai. Due minuti: "Dalla Rai mi tengo lontanissimo, di questi tempi ho paura anche a fare una telefonata di auguri a qualcuno. Certo è che RaiUno e RaiDue, che sono in quota al centrodestra, non attaccano mai l´opposizione di centrosinistra. Vorrei che anche gli altri facessero lo stesso", deve avercela con RaiTre. Le sue tv per esempio sono impeccabili, tutte, "compreso Fede, che a volte esagera ma tiene in caldo le vecchiette".
Capitolo Cirami, rientra in sala Santelli. "Abbiamo usato in maniera democratica la legge contro chi ha usato in maniera non democratica la giustizia. D´Ambrosio è appena andato in pensione e annuncia che farà politica". Applauso della sala, che si infiamma poi alla descrizione dell´imminente riforma sulla separazione delle carriere dei magistrati: "Bisognerà che i giudici della pubblica accusa bussino alla porta degli avvocati della difesa", entusiasmo dei presenti. Arriva Franco Carraro in grave ritardo, saluta e si siede in prima fila. Berlusconi risponde con un cenno e conclude: "La mia segreteria mi ha detto che nell´ultima settimana ogni giorno ho lavorato 17 ore, fatto 32 telefonate, avuto 23 incontri. La stampa dovrebbe avere più rispetto di uno che si sacrifica come me per l´interesse di tutti senza avere il minimo interesse personale". Sorrisi comprensivi della folla di direttori Rai venuti a rendere omaggio. "Ora scusatemi, mi aspetta Rasmussen". Il premier danese, quello che "è più bello di Cacciari, lo devo presentare a mia moglie". Chissà se stasera che è in vena, con calma, Berlusconi gli spiega la battuta, e chissà se Rasmussen la capisce.
Dagospia.com 4 Dicembre 2002