PAROLAIO - PAVESE RIDOTTO A PAVESINO DA MORAVIA - TABUCCHI DESTRUTTURATO - PANSA, FUORI I NOMI - ZICHICHI CHI? - ACCUSATIVO PER IL PAPA.

Pierluigi Battista per la Stampa


PUBBLICARE STANCA.
Ma Cesare Pavese che diavolo avrà fatto mai ad Alberto Moravia? E perché Moravia nutriva tanta ostilità, antipatia, avversione verso il povero Pavese? Su Repubblica viene ricordato e celebrato il cinquantenario della rivista Nuovi Argomenti e per l'occasione vengono pubblicate, tratte dal Fondo Bonsanti e dal Gabinetto Viesseux, due lettere che Moravia spedì a Enzo Siciliano. Che c'entra Pavese? C'entra, perché, in una lettera inviata nel 1970, Moravia giudica nientedimeno «un sopruso l'accanimento con il quale ci si vuole costringere a inghiottire un'importanza di Pavese come scrittore che in realtà non esiste». Un sopruso? Un sopruso. E non basta. Perché per Moravia «Pavese è uno scrittore mediocre». Non basta ancora. Perché per Moravia «Pavese è uno di quei valori di provincia che non hanno corso fuori della provincia». Non basta ancora. Perché per Moravia Pavese «appena usciva dalla letteratura, sboccava nella paranoia». Non basta ancora. Perché per Moravia «la massima ingiustizia mi pare l'inverecondia di Pavese nel parlare del proprio dolore». Non basta ancora. Perché per Moravia «Pavese mi è "antipatico"». Non basta ancora. Perché per Moravia si parla di «impudicizia pavesiana». Basta? Basta. Non fate pettegolezzi.

MADE IN ITALY. Sul Giornale Antonio Socci mette in evidenza un dettaglio nel «drammatico appello per salvare la patria scritto da Antonio Tabucchi e firmato dai soliti intellettuali» pubblicato sull'Unità. A un certo punto dell'appello, infatti, si inciampa su questo orrore linguistico, in questo abisso di cattivo gusto lessicale, in questa uso terrificante della lingua italiana: «attuazioni di destrutturazione di tutta l'istruzione». Commento di Socci: «Tabucchi vuol salvare l'Italia, ma perché menar colpi sull'italiano?». Già, perché? Si capisce l'emergenza democratica, l'allarme democratico, la mobilitazione democratica, l'appello democratico, ma perché prendersela così con l'italiano democratico? «Attuazioni di destrutturazione di tutta l'istruzione», ma come suona bene. Ahi. Ahi. Urge Premio Nobel per la letteratura.



COLOGNO MONZESE. Niente, non si fanno i nomi e neppure i cognomi. Nemmeno un'allusione, un riferimento preciso, un abbozzo di identikit. Niente di niente. Peccato. Giampaolo Pansa scrive infatti sull'Espresso che sin dal 1977 «Sua Emittenza veniva corteggiata da una turba di signore e signori che adesso ritrovo in prima fila nei commandos» antiberlusconiani. Nomi? Nemmeno uno. E poi «qualcuno di loro ha pure lavorato per le tv del Biscione, cuccando ottimi stipendi e senza neppure l'attenuante della figliolanza alla fame». Nomi? Dalla bocca di Pansa non ne esce neanche uno. D'accordo, aggiunge Pansa che «esistono vecchi libri che possono essere sfogliati con utilità». Ma non potrebbe essere più utile menzionare soltanto qualche nome?

MEMORIE DI ANTONINO. Sul Riformista Edoardo Camurri spulcia tra le pagine di Zichicche (editori Dedalo) scritto da Piergiorgio Odifreddi, prefato da Giulio Andreotti e dedicato allo scienziato Antonino Zichichi. Memorabile quella nota di copertina a un suo libro in cui Zichichi scrisse di sé: «scienziato di fama mondiale, autore di molte scoperte nello studio delle Forze Fondamentali della Natura», tutto maiuscolo. O quando lo scienziato sostenne di avere «al suo attivo la scoperta dell'antimateria nucleare», trascurando il fatto, obietta Odifreddi, che «quando lui era appena un bebè, nel 1933, Paul Dirac aveva già vinto il Nobel proprio per la sua stessa grande scoperta». Che scoperta, però. Bebè.

DIXIT. Che ci voleva? Sarebbe bastato un controllino in più, un pochino di attenzione e la pessima figura sarebbe stata evitata. Sul Giornale Andrea Tornielli fa notare che nella motivazione solenne della laurea honoris causa consegnata a Giovanni Paolo II dall'Università La Sapienza di Roma ci sono incredibili strafalcioni: invece di scrivere «iuris facultatis» con il genitivo, nella pergamena è uscito un «iuris facultatem» con l'accusativo. E al posto di «insignire» è scappato un «insignare». Un po' d'attenzione, che diamine. E sempre viva il Papam (accusativo).


Dagospia.com 27 Maggio 2003