MORO PER SEMPRE - IL FILM SEGRETO DI MARCO BELLOCCHIO SULLE BRIGATE ROSSE (VISTE DALL'INTERNO.)

Michele Anselmi per Il Giornale


Una giovane donna, Anna, carina, con i capelli lisci, s'aggira nervosamente per la casa. Aspetta qualcuno. Alla tv parlano di una sparatoria in via Fani, a Roma. Aldo Moro è stato rapito da un commando delle Br. Passano le prime immagini del massacro. Lei guarda l'orologio. Di lì a poco suonano alla porta. La cassa di legno è arrivata a destinazione: il tempo di aprirla. Pigiato lì dentro, mezzo addormentato, dolorante, il presidente della Dc. Anna è Anna Laura Braghetti, la cosiddetta "vivandiera" del covo di via Montalcini. Accanto a lei, ad uno ad uno, compaiono Mario Moretti, Prospero Gallinari e Germano Maccari.

Comincia così "Buongiorno notte", il film che Marco Bellocchio ha appena finito di girare (produce Raicinema insieme alla Albatros) nella più inaccessibile segretezza. Non un'intervista, non una visita sul set, non una fotografia. Reduce dal successo di "L'ora di religione", il sessantenne cineasta piacentino ha voluto stendere una cortina di silenzio attorno a questo progetto. Delicatissimo. Nel venticinquesimo anniversario della morte di Moro, il cinema sembra essersi svegliato all'improvviso.

Prima "Piazza della Cinque Lune", il controverso thriller di Renzo Martinelli che ha ricostruito in chiave fantapolitica incongruenze, depistaggi e bugie del caso; a settembre, sempre che sia pronto per Venezia, il film di Bellocchio, ben diverso per sensibilità, stile, respiro. Non una ricostruzione dell'affaire Moro, per dirla con Sciascia, bensì un viaggio quasi intimista - se la parola non stonasse di fronte all'orrore di quella morte - nelle psicologie, nei gesti quotidiani, nei pensieri, nelle paure di quei quattro carcerieri. Partendo dallo sguardo di Anna, la brigatista che quasi due mesi dopo voterà contro la decisione di "giustiziare" lo statista dc, perché "quei 55 giorni di prigionia e sofferenza erano sufficienti".

Film misterioso. E molto bellocchiano. Al regista non importa stabilire se Moretti fosse o no un infiltrato dei servizi segreti o se la sorte di Moro fosse segnata sin dall'inizio a causa del fronte della fermezza. Mentre rifiniva il copione spiegò: "Voglio fare un film autonomo, molto, molto libero, in qualche modo inventato, che arrivi a prendersi delle libertà anche dalla verità storica. Mi interessa andare a scavare nell'animo dei personaggi, tra il groviglio di sentimenti che si cela in un gruppo di giovani che ha compiuto azioni gravi come un sequestro di persona in nome di un'ideologia, di una fede". Impossibile estorcergli altro, anche ora che "Buongiorno notte" è al montaggio, in attesa di prendere forma.



A partire dal titolo, presso in prestito a una poesia di Emily Dickinson ("Buongiorno notte / sto tornando a casa / Il giorno si è stancato di me / Come potrei io di lui?"), il film si propone come una riflessione personale, dolente, sugli "anni di piombo". Il cineasta che da giovane militò nell'Unione dei comunisti marxisti-leninisti, sposandone l'infatuazione maoista, oggi preferisce scavare alla sua maniera quieta e laica nel delirio ideologico di quei brigatisti fiduciosi nell'avvento della rivoluzione e intrappolati nei rituali della clandestinità.

Scrive la Braghetti, nel libro "Il prigioniero": "Per uccidere qualcuno che non ti ha fatto niente, che non conosci, che non odi, devi mettere da parte l'umana pietà, in un angolo buio e chiuso, e non passare mai più lì con il pensiero. Perché sennò, con le emozione, viene a galla l'orrore". E' questo il cuore del film, che Bellocchio affida al personaggio di Anna, incarnata da Maya Sansa, dimagrita rispetto alla pienezza materna di "La balia". La cinepresa la pedina nella sua doppia vita: da un lato efficiente carceriera di Moro, militante pronta a sparare, fidanzata di Gallinari seppure nella rigida scansione dei turni e dei ruoli; dall'altro insospettabile ragazza chiamata a recitare la normalità del quotidiano: un ufficio al ministero, un lavoro, dei colleghi, un ragazzo che sembra leggerla nel profondo, più di quanto lei stessa riesca a fare.

Ma alla lunga Anna non regge. La ferocia distruttiva di chi le vive vicino o le dorme accanto mette in crisi l'utopia rivoluzionaria. La terrorista si scopre in conflitto con i suoi compagni, sogna addirittura di liberare "il prigioniero" (chissà se la sequenza onirica resterà nel montaggio finale, insieme alla preghiera a tavola dei br), si oppone, nella scena drammatica che ricostruisce l'ultima riunione, alla decisione di ucciderlo.

E' Roberto Herlitzka, con quel suo viso scavato e patibolare e la bella voce pastosa, a incarnare Moro: rassegnato agli eventi, spiato e interrogato da Moretti, il duro della situazione, che sullo schermo avrà la bella faccia, appena invigorita dai baffi, di Luigi Lo Cascio, l'eroe di "I cento passi". Mentre Piergiorgio Bellocchio, figlio del regista e produttore in proprio, interpreterà Maccari, ovvero il misterioso "signor Altobelli", l'uomo che allestì la "prigione del popolo" dentro l'appartamento di via Montalcini e che forse, quella mattina del 9 maggio '78, sparò nel garage la raffica letale.


Dagospia.com 10 Giugno 2003