TIVU' SENZA HATU' - UN EX DIRIGENTE DI MEDIASET APRE IL CASSETTO DEI RICORDINI: COME AUTISTA, IL PADRE DI SENETTE - L'ASSEGNO DI BONCOMPAGNI - IL CULO DI BONOLIS - PAOLA SALUZZI E L'APPROCCIO CON FEDE - LA FOLLIA DI TEOCOLI.



E' uno dei principali testimoni - e imputati - della storia della televisione italiana. Vittorio Giovanelli ha voluto raccontare quello che ha visto e realizzato nel corso della sua vita, in mezzo a centinaia di personaggi del mondo dello spettacolo. Pensate, aveva come autista il padre di Francesca Senette, oggi videgiornalista...

Notizie tratte da


"Le tribù della tivù"
di Vittorio Giovanelli
Mursia Editore





COME AUTISTA, IL PADRE DI FRANCESCA SENETTE
Tra coloro che cercarono una nuova carriera ci fu un autista che spesso era in forza nelle mie troupe. Durante le pause, che capitavano quando non ci spostavamo da un set all'altro, anziché ingannare il tempo con lunghe partite a carte con i colleghi si appartava e studiava le tecniche di ripresa, le luci, le ottiche e quant'altro era il bagaglio professionale di un cineoperatore. Di lì a poco sarebbero state indette selezioni per cinereporter, e l'intraprendente autista intendeva partecipare. Quando si aprirono le selezioni ci provò e ottenne il ruolo. Non fu l'unica cosa che fece. Infatti, con il "contributo" fondamentale di sua moglie, donò a tutti i telespettatori del Tg4 quel grazioso musetto che appartiene all'abilissima giornalista Francesca Senette. Già, perché quell'autista oggi valido videogiornalista, era proprio Senette padre.

GLI IMPREVEDIBILI: GIANNI BONCOMPAGNI
...non mancano gli imprevedibili. Categoria alla quale iscrivo d'ufficio Gianni Boncompagni. Per inquadrarlo meglio ve lo descrivo nel suo ambiente domestico: un bellissimo attico in Roma (suddiviso su due piani, mi pare), tanti divani in una grande sala letteralmente invasa da apparecchiature elettroniche di tutti i tipi che fanno venire un dubbio: ambiente di relax o di lavoro? Qui lui è solito intrattenersi, sia per lavorare sia per ascoltare musica sia, per dirla alla romana, "in bona compagnia". Nel 1992 era appena stato firmato il pluriennale contratto che lo impegnava a realizzare per noi, in qualità di autore e regista, parecchi programmi. Il compenso, rapportato all'impegno era ragguardevole. Sta di fatto che gli consegnammo a Roma un assegno di un miliardo di lire. Come suggello dell'intesa lui offrì una cena in un ristorante di cui era abituale cliente. Al termine Boncompagni restituì il conto al cameriere accompagnandolo con il nostro assegno, chiedendo la cortesia di ottenere il resto in contanti. Il cameriere cercò di eseguire e con solerzia si allontanò, per tornare quasi subito accompagnato dal titolare del ristorante. Quest'ultimo, smarrito e titubante, rese con mossa rapida, quasi liberandosi da qualcosa che gli scottava le dita, la preziosissima strisciolina. Il poveretto tentò anche di giustificare la sua insufficiente disponibilità di liquidità.

IL CULO DI BONOLIS
C'è anche chi si trova oggi in Paradiso (pubblicitario è ovvio) ma ha passato un bel po' di tempo in Purgatorio: sto parlando, è chiaro, di Paolo Bonolis. Anche lui in qualche modo è una star per caso. Ha cominciato come conduttore di programmi per ragazzi sulle reti Fininvest, poi è passato a programmi come "Bulli e pupe" e "Non è la Rai" di Gianni Boncompagni. Ma il tremendo regista, distratto dalle sue fanciulle, non gli dedicò molto tempo e tanto meno si preoccupò di valorizzarlo. Bonolis all'epoca di mi scrisse una lettera molto sincera con la quale mi annunciava che avrebbe cambiato squadra: forse in Rai avrebbero saputo valorizzarlo. Gli offrirono, e lui accettò, di fare la spalla di Gene Gnocchi nel programma di Ugo Porcelli, "I cervelloni". Non fu un grande esordio: svolgeva un inadeguato ruolo pseudocomico molto simile a quello che successivamente svolgerà Luca Laurenti al suo fianco. Ma ecco il Caso. Dopo la prima puntata Gene Gnocchi, adducendo un guaio fisico che forse nascondeva insoddisfazione per la trasmissione, diede forfait e toccò a Paolo sostituirlo. Fu il primo passo di una carriera ricca di successo e miliardi.

PAOLA SALUZZI E L'APPROCCIO CON EMILIO FEDE
Quando era a Retequattro sperimentò anche lei l'impossibilità di ottenere spazi di crescita. Era inviata in un programma di Alessandro Cecchi Paone ma non riuscendo a guadagnare visibilità chiese, e ottenne, di passare al settore dell'informazione. L'approccio con il direttore Emilio Fede fu disastroso. Il primo giorno di lavoro si presentò in redazione accompagnata dal marito. Non poteva compiere una gaffe più clamorosa. Scattò nei suoi confronti un'immediata reazione di rigetto. Se ne accorse in fretta, e la sua permanenza al Tg4 fu di breve durata. Poco dopo lasciò la Fininvest e passò in Rai dove, evidentemente, beneficiò di maggiore considerazione.



PIPPO BAUDO ALLA FININVEST
Sul passaggio di Baudo alla Fininvest e successivo ritorno in Rai ne so qualcosa perché me ne occupai in prima persona. Era il 1987. La Fininvest aveva scatenato l'offensiva sulle star Rai. Pippo Baudo era una stella di prima grandezza e il corteggiamento precontrattuale fu complesso. Dopo molti incontri preliminari, fissammo un appuntamento nello studio dell'avvocato Giorgio Assumma, a Roma, per esaminare la nostra proposta definitiva per Pippo Baudo. La star arrivò con i suoi due agenti, Marangoni e Gentile.
Disfida impari: quattro contro uno. Pippo lesse, rilesse, eccepì. I suoi agenti e l'avvocato ne sostennero le argomentazioni ma furono anche utili per smussare gli spigoli più acuti. A un certo punto, infatti, Baudo, ritenendo che una clausola fosse maliziosamente equivoca, accartocciò letteralmente la bozza del contratto e la scagliò nel cestino. Sembrò in quel momento che la rottura fosse insanabile. Per fortuna arrivò Giuseppe Rossini, direttore di Rai 3 che fece il suo ingresso a sorpresa nell'anticamera dello studio. Anche lui aveva una proposta contrattuale per Baudo. Per evitare l'imbarazzo dell'incontro non si trovò di meglio che chiudermi in un bagno. Rossini infatti mi conosceva poiché io, quando ancora ero in Rai, avevo organizzato, per la sua rete, le riprese di uno sceneggiato sulla vita di Alcide De Gasperi: interprete Mariano Regillo e regista il mitico ex garibaldino al convento, Leonardo Cortese. Forse qualche nonno lo ricorda. Come messo di una valigiata di miliardi ero finito proprio in un bel luogo! Così rimuginavo chiuso nel bagno... Per fortuna Rossini si fermò poco e mi restituì un Baudo più sereno e disponibile. Evidentemente le proposte che aveva ricevuto non erano comparabili con quelle che figuravano nella nostra bozza di contratto. Siglammo il preliminare di accordo.

LA FOLLIA DI TEO TEOCOLI
Più volte ha interrotto programmi e contratti in corso sia con noi sia con la Rai. Abbiamo avuto lunghe conversazioni. Lo conosco da quando, agli inizi della sua carriera, portava al successo il personaggio del finto marocchino che vendeva tappeti. Ho sempre apprezzato il suo talento e considerato le sue bizze con molta comprensione, e credo che lui lo abbia percepito. Ogni volta che sono entrati in crisi i suoi rapporti con noi ho trovato la chiave per risolvere i suoi e i nostri problemi. Ma sempre momentaneamente. Quando tutto sembra essersi sistemato lui può fare piazza pulita di ogni buon proposito e di ogni promessa. E' come posseduto da una sottile follia che è poi la stessa che lo fa grande nelle sue interpretazioni.

SOFFOCATO DA SERENA GRANDI
Dunque, la diva cinematografica nel suo periodo di maggiore successo chiese a Berlusconi di avere qualche ruolo anche in tivù. Lui la indirizzò a me per una verifica di possibilità. Era parzialmente coperta da un mini abitino di pelle di daino. L'effetto di stordimento che mi provocò la sua straripante vicinanza e la sua incompetenza in materia, determinarono la sottoscrizione di un contratto capestro, per lei. I compensi erano obiettivamente inadeguati. Non le ci volle molto per rendersi conto che era sottopagata. Un certo giorno mentre stava lavorando nei nostri studi di Roma io arrivai per uno dei miei consueti sopralluoghi. Vasile mi avvertì che me ne avrebbe "cantate quattro" se mi avesse incontrato. Temerario affrontai le incognite dell'incontro che avvenne nel luogo meno auspicabile. Io, Vasile e Simonelli, stavamo entrando nel ristorante del Centro Palatino, proprio mentre lei ne usciva. Lo spiazzo era affollato. Mancava solo la musica di Morricone e poi la scena di un duello da far west sarebbe stata perfetta. Lei dritta di fronte a me, io fermo e gli altri in silenzio. Che fece Serena? Mi indirizzò uno smagliante sorriso e a braccia aperte mi si buttò contro. Non vi era nulla di aggressivo in tutto ciò, ma bisogna considerare le sue forme e la sua statura con i tacchi. Io finii con il viso esattamente nel solco che divideva le sue famosissime protuberanze. Mi dava dolcemente del "lazzarone" e intanto mi soffocava. Quando allentò l'abbraccio tra gli applausi degli astanti mi parve che guardasse compiaciuta il mio sorriso paonazzo.

PUBLITALIA BATTE MONDADORI
L'arma letale che mise in ginocchio Mondadori va piuttosto cercata nella raccolta pubblicitaria che ebbe un vincitore incontrastato che si chiama Silvio Berlusconi forte del suo reparto di assaltatori capitanato da Marcello Dell'Utri. Accadde tutto alla fine di febbraio dell'83. Le due Aziende avevano concordato che a partire dal 1° marzo sarebbe cessata la dissennata politica concorrenziale sul fronte delle tariffe, che stava danneggiando entrambe. Nello spazio temporale intercorrente tra la data dell'incontro delle due parti e il 1° marzo (nemmeno dieci giorni) la raccolta pubblicità di Retequattro venne sospesa. Viceversa Publitalia scatenò tutti i suoi agenti e raccolse budget pubblicitari per svariati miliardi.

I SILENZI DI BERLUSCONI
Eppure la cosa di Berlusconi che mi è rimasta dentro sono i suoi silenzi. Quelli al telefono soprattutto. Io parlavo e poi aspettavo la sua risposta che spesso tardava. "Dottore è ancora in linea", chiedevo preoccupato le prime volte. Poi imparai che le sue erano pause di riflessione prima di rispondere.

ITALIA-MAROCCO, SCAMBIO TV-PETROLIO
Era stato stipulato un trattato fra il Marocco e l'Italia che prevedeva la licenza per l'Agip o la Snam (non ricordo bene) a effettuare trivellazioni sul territorio marocchino alla ricerca di gas o petrolio. In cambio, oltre ad altre contropartite, gli italiani dovevano contribuire a sviluppare impianti e addestrare personale per la nascente Tv Nazionale. Siccome la Rai non aveva istituzionalmente la possibilità di esercitare questa attività, noi tecnici operavamo come dipendenti della Selene, azienda di apparati per telecomunicazioni. Non avevo mai lasciato l'Italia e scoprire usi, costumi, odori, colori, cibi di un Paese del nord Africa, mi procurò più di un'emozione e qualche sconcerto. Ad esempio, non mi capacitavo del fatto che il responsabile dei programmi della tivù marocchina mi chiedesse, in più di un'occasione, di sospendere l'emissione di un film in onda perché un certo ministro doveva abbandonare la visione a causa dei suoi impegni. Quando rientrava il ministro il film riprendeva e l'annunciatrice provvedeva a riepilogarne la trama, e tutta la programmazione si modificava.


Dagospia.com 10 Luglio 2003