L'INCANTEVOLE RULA JEBREAL SARA' L'ARAB-GRUBER DE LA7
SALVO SOTTILE SI E' DIMESSO DAL TG5 E CONDURRA' SKYTG24
SALVO SOTTILE SI E' DIMESSO DAL TG5 E CONDURRA' SKYTG24
1 - E' fatta. Dopo un tiramolla interminabile, Salvo Sottile si e' dimesso dal Tg5: e' il nuovo capo redattore di SkyTg24, prendera' servizio dal 28 agosto. Tre giorni dopo, battezzerà il primo notiziario. Auguri.
2 - Anche il TgLa7, a partire da settembre, avrà una bella novità. Il direttore Giulio Giustiniani ha scommesso sull'incantevole Rula Jebreal: sarà lei a condurre il telegiornale delle 23. In questi giorni, Rula è alle prese con un corso accelerato di dizione e portamento; se tutto va bene, Giustiniani è già pronto a lanciarla nell'edizione di prima serata, alle 19 e 45.
Palestinese di Haifa, Rula è giunta Italia con un diploma di fisioterapista per seguire un corso di raddrizzamento d'ossa in quel di Bologna. Invece delle clavicole, aggiusta la penna ed inizia a scrivere di politica mediorientale sulla catena dei Quotidiani Nazionali (il Carlino, Giorno, La Nazione). Ed è sempre nella città degli Asinelli che incontra sentimentalmente Pietro Vittori Antiseri, conte felsineo, già marito della show-grill Patrizia Pellegrino.
A Rula, basta niente, cioè La7, per imporsi. Trapana il video come commentatrice della stampa araba durante la guerra all'Iraq. Ed è subito MO-cult, insieme a Magdi Allam. Quindi la "Gruber araba" è stata ospite di vari "Porta a porta", seduta tra Igor Man e Fiamma Nirenstein. Dimostrando di non essere solo splendente ma competente. Oltre a Giustiniani, "pazzo" di lei, tra i supporter di Rula c'è naturalmente la moglie del proprietario de La7, alias Afef, sempre molto attenta alla "sorellanza" araba.
Tutti pazzi per Rula la bipartisan
da Il Riformista del 10 aprile 2003
Per ciascuna vita c'è un romanzo e per Rula Jebreal quel romanzo è "Ritorno a Haifa", di Ghassan Kanafani. È la storia di una famiglia di profughi palestinesi che tornano nella casa che dovettero abbandonare. E ritrovano un figlio che pensavano perduto. Adottato da una famiglia di ebrei polacchi scampati alla Shoà, il ragazzo indossa una divisa con la stella di David e li rimprovera di averlo abbandonato durante la catastrofica fuga. Con quella divisa ucciderà un fratello che milita dall'altra parte, e sarà a sua volta ucciso.
Rula è di Haifa, la sua vicenda famigliare deve avere anche altri punti di contatto con quella del romanzo. Ma non vuole parlare del percorso che l'ha portata in una scuola di Gerusalemme e sottratta a una normale infanzia coi genitori e i fratelli. Come tanti ragazzi mediorientali, desiderava diventare medico per curare la propria gente o ingegnere per costruire il paese del futuro. Con questi comuni sogni, che una borsa di studio all'università di Bologna ha tirato fuori da un cassetto gerosolimita, è venuta in Italia ma senza portare con sé le arance palestinesi che in un altro romanzo di Kanafani simboleggiano una volontà di ritorno destinata ad avvizzire presto.
Dopo due anni, ha abbandonato gli studi lavorando nelle pierre, si è interessata della politica del Medioriente, ha fatto una figlia cui ha dato il nome di un fiore del deserto e che porta ai mercati di Bologna per trasmetterle la sua nostalgia del suk. Non si è sposata, il padre della bambina è un manager sanitario che ha voluto battezzare la figlia.
Oltre al suk, Rula Jebreal, ama il vino il rosso; non disdegna, potenza dei posti, i salumi, dunque il maiale, tranne il crudo; non prega alle cinque preghiere rituali e non si sveglia all'alba, al richiamo del muezzin. Quando torna in Israele, va alla moschea come rito sociale, festeggia il Ramadan come uno di noi potrebbe, al ritorno in patria, festeggiare il Natale. Ha un appartamento a Gerusalemme dove mette piede una volta all'anno. Oltre che un personaggio di Kanafani, ricorda la mistica sufi irachena Rabi'a, che camminava con in una mano un secchio d'acqua e nell'altra una fiaccola. E voleva usarli per accendere il paradiso e placare l'inferno annullando i poli del Bene e del Male.
Rula è addetta stampa del Movimento palestinese per la democrazia e la pace, ha letto il Corano ma anche il vangelo e la Torah. Concepisce il giornalismo, cui si è dedicato da un paio di anni, come chi vuole eliminare i due poli dell'odio reciproco in cui oscillano le esistenze degli israeliani e dei palestinesi, come tra le lame simmetriche della stessa spada. Disprezza chi sfrutta la disperazione dei ragazzi palestinesi per farne terroristi condannando al torto una giusta causa. Ma anche Sharon che con la passeggiata nella spianata della Moschea ha fatto saltare i ponti del dialogo.
Il 24 aprile compirà trent'anni. Il Resto del Carlino le pubblicò il primo articolo, un'inchiesta sul mercato maghrebino della droga a Bologna, fatta intervistando gli spacciatori che per lei si aprirono e raccontarono perfino il linguaggio in codice. Partecipando a una puntata di Diario di guerra, come giornalista e militante di quel movimento moderato palestinese, fu notata dal direttore del tg de La7. Fece un colloquio, non ricevette più notizie. Due mesi or sono, ebbe un contratto di tre mesi per la rassegna della stampa araba. Svolge il ruolo di dragomanno, colui cioè che fa da iniziatore, oltre che interprete, del mondo occidentale a quello arabo: legge per i telespettatori i quotidiani, soprattutto quelli del Golfo. Scrive per il Messaggero.
Durante una puntata di Porta a porta ha smussato, come Rabi'a con l'acqua, gli spigoli della fiammeggiante Nirenstein. Ha cominciato a pregare dall'inizio della guerra con l'Iraq. Era per risolvere le cose con l'Onu. In redazione, talvolta gira la testa quando scorrono immagini troppo crude. È per lo Stato laico ma la sua frase preferita è del Corano: «Chi istruisce una donna istruisce l'intera società». All'uscita di Porta a porta, un gruppo di naziskin, ignari del tradizionale filoarabismo della destra estrema, le ha dato della puttana e della negra. Riconoscendola come nemico, ne hanno riconosciuto l'efficacia. A Roma e non solo, ormai anche il pizzicagnolo parla di lei. Gratificando, senza saperlo, la sua passione per il suk.
Dagospia.com 22 Agosto 2003
(Salvo Sottile)
2 - Anche il TgLa7, a partire da settembre, avrà una bella novità. Il direttore Giulio Giustiniani ha scommesso sull'incantevole Rula Jebreal: sarà lei a condurre il telegiornale delle 23. In questi giorni, Rula è alle prese con un corso accelerato di dizione e portamento; se tutto va bene, Giustiniani è già pronto a lanciarla nell'edizione di prima serata, alle 19 e 45.
Palestinese di Haifa, Rula è giunta Italia con un diploma di fisioterapista per seguire un corso di raddrizzamento d'ossa in quel di Bologna. Invece delle clavicole, aggiusta la penna ed inizia a scrivere di politica mediorientale sulla catena dei Quotidiani Nazionali (il Carlino, Giorno, La Nazione). Ed è sempre nella città degli Asinelli che incontra sentimentalmente Pietro Vittori Antiseri, conte felsineo, già marito della show-grill Patrizia Pellegrino.
A Rula, basta niente, cioè La7, per imporsi. Trapana il video come commentatrice della stampa araba durante la guerra all'Iraq. Ed è subito MO-cult, insieme a Magdi Allam. Quindi la "Gruber araba" è stata ospite di vari "Porta a porta", seduta tra Igor Man e Fiamma Nirenstein. Dimostrando di non essere solo splendente ma competente. Oltre a Giustiniani, "pazzo" di lei, tra i supporter di Rula c'è naturalmente la moglie del proprietario de La7, alias Afef, sempre molto attenta alla "sorellanza" araba.
Tutti pazzi per Rula la bipartisan
da Il Riformista del 10 aprile 2003
Per ciascuna vita c'è un romanzo e per Rula Jebreal quel romanzo è "Ritorno a Haifa", di Ghassan Kanafani. È la storia di una famiglia di profughi palestinesi che tornano nella casa che dovettero abbandonare. E ritrovano un figlio che pensavano perduto. Adottato da una famiglia di ebrei polacchi scampati alla Shoà, il ragazzo indossa una divisa con la stella di David e li rimprovera di averlo abbandonato durante la catastrofica fuga. Con quella divisa ucciderà un fratello che milita dall'altra parte, e sarà a sua volta ucciso.
Rula è di Haifa, la sua vicenda famigliare deve avere anche altri punti di contatto con quella del romanzo. Ma non vuole parlare del percorso che l'ha portata in una scuola di Gerusalemme e sottratta a una normale infanzia coi genitori e i fratelli. Come tanti ragazzi mediorientali, desiderava diventare medico per curare la propria gente o ingegnere per costruire il paese del futuro. Con questi comuni sogni, che una borsa di studio all'università di Bologna ha tirato fuori da un cassetto gerosolimita, è venuta in Italia ma senza portare con sé le arance palestinesi che in un altro romanzo di Kanafani simboleggiano una volontà di ritorno destinata ad avvizzire presto.
Dopo due anni, ha abbandonato gli studi lavorando nelle pierre, si è interessata della politica del Medioriente, ha fatto una figlia cui ha dato il nome di un fiore del deserto e che porta ai mercati di Bologna per trasmetterle la sua nostalgia del suk. Non si è sposata, il padre della bambina è un manager sanitario che ha voluto battezzare la figlia.
Oltre al suk, Rula Jebreal, ama il vino il rosso; non disdegna, potenza dei posti, i salumi, dunque il maiale, tranne il crudo; non prega alle cinque preghiere rituali e non si sveglia all'alba, al richiamo del muezzin. Quando torna in Israele, va alla moschea come rito sociale, festeggia il Ramadan come uno di noi potrebbe, al ritorno in patria, festeggiare il Natale. Ha un appartamento a Gerusalemme dove mette piede una volta all'anno. Oltre che un personaggio di Kanafani, ricorda la mistica sufi irachena Rabi'a, che camminava con in una mano un secchio d'acqua e nell'altra una fiaccola. E voleva usarli per accendere il paradiso e placare l'inferno annullando i poli del Bene e del Male.
Rula è addetta stampa del Movimento palestinese per la democrazia e la pace, ha letto il Corano ma anche il vangelo e la Torah. Concepisce il giornalismo, cui si è dedicato da un paio di anni, come chi vuole eliminare i due poli dell'odio reciproco in cui oscillano le esistenze degli israeliani e dei palestinesi, come tra le lame simmetriche della stessa spada. Disprezza chi sfrutta la disperazione dei ragazzi palestinesi per farne terroristi condannando al torto una giusta causa. Ma anche Sharon che con la passeggiata nella spianata della Moschea ha fatto saltare i ponti del dialogo.
Il 24 aprile compirà trent'anni. Il Resto del Carlino le pubblicò il primo articolo, un'inchiesta sul mercato maghrebino della droga a Bologna, fatta intervistando gli spacciatori che per lei si aprirono e raccontarono perfino il linguaggio in codice. Partecipando a una puntata di Diario di guerra, come giornalista e militante di quel movimento moderato palestinese, fu notata dal direttore del tg de La7. Fece un colloquio, non ricevette più notizie. Due mesi or sono, ebbe un contratto di tre mesi per la rassegna della stampa araba. Svolge il ruolo di dragomanno, colui cioè che fa da iniziatore, oltre che interprete, del mondo occidentale a quello arabo: legge per i telespettatori i quotidiani, soprattutto quelli del Golfo. Scrive per il Messaggero.
Durante una puntata di Porta a porta ha smussato, come Rabi'a con l'acqua, gli spigoli della fiammeggiante Nirenstein. Ha cominciato a pregare dall'inizio della guerra con l'Iraq. Era per risolvere le cose con l'Onu. In redazione, talvolta gira la testa quando scorrono immagini troppo crude. È per lo Stato laico ma la sua frase preferita è del Corano: «Chi istruisce una donna istruisce l'intera società». All'uscita di Porta a porta, un gruppo di naziskin, ignari del tradizionale filoarabismo della destra estrema, le ha dato della puttana e della negra. Riconoscendola come nemico, ne hanno riconosciuto l'efficacia. A Roma e non solo, ormai anche il pizzicagnolo parla di lei. Gratificando, senza saperlo, la sua passione per il suk.
Dagospia.com 22 Agosto 2003